Voucher: addio o arrivederci?
di Roberto LucariniNati da una corretta intuizione trasposta all’interno della Riforma Biagi, ossia intercettare il lavoro nero nei piccoli lavori realmente occasionali, i famigerati voucher, al secolo lavoro accessorio, hanno visto mutare col tempo la propria genetica.
Ne è scaturito ciò che tutti gli operatori ben sanno: un utilizzo spropositato di tale strumento, da parte delle imprese, al fine di ottenere lavoro a basso costo e del tutto flessibile, anche in relazione a proprie esigenze assolutamente produttive. Lo si è visto valorizzare parecchio nel campo turistico e della ristorazione, ma anche in edilizia e nell’artigianato in genere; nessuno se ne è privato, finora.
Non sono mai stato, lo confesso, un simpatizzante della Cgil, ma su tale questione il principio di fondo da loro espresso non mi pare errato (anche se poi loro stessi, come altre sigle sindacali, con massima coerenza, hanno utilizzato molto tale strumento…). Il voucher nasce e deve esistere per consentire di regolarizzare attività altrimenti non legalizzate: penso al pensionato che lavora come giardiniere, alla baby-sitter, allo studente per un lavoro assolutamente occasionale.
Per quanto concerne l’attività caratteristica dell’impresa, la sua produzione o il servizio reso, non mi pare affatto corretto l’uso di questo strumento.
Serve elasticità che i tipi contrattuali esistenti non hanno?
Si cerchi questa all’interno del contratto a chiamata, ad esempio, il quale garantisce una retribuzione in linea con le tabella dei Ccnl. Su ciò ragioni anche il sindacato.
Con l’incombente referendum abrogativo, si è posta adesso al Legislatore l’esigenza di porre rimedio alla questione. Come spesso accade, nel nostro straordinario Paese, non esistono sfumature intermedie, passandosi direttamente dal bianco al nero. Ergo: abrogazione dei voucher, dal prossimo anno, e consumo nel 2017 di quelli già acquistati. Questa pare la strada intrapresa.
Una strada che, a mio parere, se da un lato disinnesca la chiamata referendaria (perché una tale paura del voto dei cittadini?), dall’altro elimina uno strumento valido per quei lavori domestici/privati, che, ragionevolmente, torneranno a orbitare nella sfera del lavoro nero.
Ho sempre pensato a una soluzione; ve la dico senza la pretesa di sentirmi il salvatore della Patria. Lasciare i voucher liberi per i lavori con i privati, mentre per le aziende limitarli ai lavori che non rientrano nell’attività produttiva, o di prestazione dei servizi, svolta dalle stesse; non utilizzo, quindi, per l’attività caratteristica, ma solo per le accessorie (esempi: cura dei giardini della sede aziendale; piccoli lavori di tinteggiatura alla sede, etc…).
Si è scelta, al contrario, la strada più drastica: addio ai voucher!
Considerato, tuttavia, quanto l’Inps ha incassato in questi anni grazie a questi “buoni”, e vista la costante necessità di soldi che l’Istituto ha, è possibile che si torni presto a battere cassa alla porta dell’Esecutivo.
Per i voucher non credo sia un addio; piuttosto un arrivederci.
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