Il valore giuridico delle Faq
di Carmine SantoroIn tempi recenti, la prassi amministrativa ha fatto ricorso, sempre più frequentemente, alle c.d. Faq (frequently asked questions), cioè risposte a quesiti posti, o astrattamente proponibili, dai cittadini alle amministrazioni. L’uso delle Faq, in molte Amministrazioni, sembra di fatto sostituire quello delle circolari e delle note. In corrispondenza con tale evoluzione, la giurisprudenza amministrativa si è espressa su tali atti di prassi, proponendone un inquadramento che ne ridimensiona la rilevanza giuridica. Tuttavia, non si può sottovalutare l’affidamento che l’Istituto, come gli altri atti di prassi amministrativa, ingenera nei cittadini.
Il “fenomeno” Faq
Il lessico giuridico, è noto, si aggiorna e si adegua ai fatti della vita reale, come insegna l’antico brocardo ex facto oritur jus. Con le c.d. Faq (frequently asked questions), acronimo anglossassone utilizzato fino a tempi non lontani esclusivamente in ambiti extragiuridici, si invera esattamente questo processo di “giuridicizzazione” di un fenomeno che la prassi amministrativa ha mutuato dalle prassi commerciali. Invero, presso le aziende private è invalso da tempo l’uso di presentare, sui relativi siti web, le risposte ai quesiti che più frequentemente sono rivolti dai clienti in riferimento a un determinato argomento, prodotto, servizio, etc.. La P.A. non ha tardato a prendere atto dell’efficacia di tale strumento, utilizzandolo sia nei confronti dei cittadini-utenti, sia nei confronti del proprio personale, in funzione di indirizzo simile a quella svolta nei tradizionali atti interni, come le circolari o le direttive.
Il problema principale che si pone in merito a tale figura, quando adottata da un organo pubblico, riguarda la sua collocazione in ambito giuridico, principalmente per quanto attiene alla sua natura e alla sua efficacia verso i dipendenti e i terzi. In altri termini, ci si chiede in cosa consistano le Faq, che efficacia abbiano nei confronti dei dipendenti dell’Amministrazione che le adotta e dei cittadini che usufruiscono dei servizi pubblici.
A questi interrogativi ha risposto la giurisprudenza amministrativa, sinora in maniera riduttiva, come si noterà nel prosieguo.
Al fine di affrontare correttamente il problema cennato, appare utile la previa trattazione dell’inquadramento generale degli atti di prassi della P.A., tra i quali possono annoverarsi le Faq.
Rilevano, nel quadro qui di interesse, le circolari e le risposte a interpello, accomunate dal significativo dato dell’affidamento che possono ingenerare nei consociati.
Gli atti interni della P.A.: in particolare le circolari
Gli atti interni alla P.A. presentano il carattere fondamentale di avere efficacia circoscritta all’ordinamento particolare dell’Amministrazione che li adotta. Il corollario di tale carattere è costituito dall’inidoneità dell’atto interno a incidere la sfera giuridica dei terzi estranei all’Amministrazione. Le figure maggiormente ricorrenti nella pratica sono, com’è noto, le circolari e gli altri atti a esse affini e, quali le note, le lettere circolari, i pareri, le direttive, etc.. Va notato che, quasi sempre, tali atti si diversificano tra loro solo nominalmente, essendo nella sostanza equipollenti quanto a natura ed efficacia.
In dottrina e giurisprudenza, tradizionale attenzione ha suscitato la figura della circolare amministrativa, che può essere considerato il prototipo dell’atto interno alla P.A.. Oggetto di discussione è la sua efficacia e conoscibilità giudiziale.
Una prima categoria di circolare può essere individuata in quella detta “interpretativa”, la quale, come noto, si caratterizza per esprimere l’orientamento ufficiale dell’Amministrazione nei confronti di leggi, regolamenti, etc., di diretto interesse per l’attività esercitata. Le circolari interpretative svolgono la funzione di illustrare le disposizioni di legge, di esternare l’analisi ermeneutica ufficiale della P.A. su una determinata questione giuridica, e certamente costituiscono un utile contributo, proveniente da tecnici della materia, al dibattito giuridico.
All’interno dell’Amministrazione, inoltre, le circolari si prefiggono lo scopo di uniformare il comportamento del personale dipendente (c.d. “circolare normativa”); in tal senso, è opinione comunemente seguita quella secondo la quale la circolare costituisce una disposizione cogente e vincolante per gli organi dell’ente, la cui inosservanza può rilevare sul piano disciplinare, ovvero della responsabilità dirigenziale (articolo 21, D.Lgs. 165/2001, sub specie di inosservanza di direttive).
È anche individuata la circolare “organizzativa”, con la quale si adottano disposizioni per l’organizzazione dell’Amministrazione.
In realtà, le varie funzioni sopra descritte nella pratica tendono a confondersi e sovrapporsi, giacché, ad esempio, la funzione meramente interpretativa della circolare è contraddetta dalla sua vincolatività per gli organi sottordinati. Ne deriva anche il carattere normativo (interno) della circolare, inteso come idoneità dell’atto alla creazione di norme comportamentali. Tali norme hanno un’efficacia diretta limitata all’apparato amministrativo, ma sono comunque dotate di un’efficacia esterna mediata, ove si rifletta che gli effetti della circolare ridondano sui cittadini attraverso l’intermediazione di un atto amministrativo che, in applicazione o in violazione della circolare stessa, incide nella sfera giuridica dei destinatari[1].
Pertanto, sebbene la circolare non possa produrre effetti obbligatori immediati nella sfera giuridica dei consociati, il suo carattere vincolante per gli organi dell’Amministrazione emanante determina effetti indiretti anche per i terzi estranei all’Amministrazione. Invero, l’eventuale provvedimento applicativo della circolare è certamente efficace, e potenzialmente lesivo, nei confronti del privato.
Avendo efficacia circoscritta all’ordinamento particolare della P.A., le circolari e gli atti interni in genere non possono annoverarsi tra le fonti del diritto. In sede giurisdizionale, pertanto, il giudice è libero di tenere conto, o meno, dell’orientamento espresso nella circolare (jura novit curia).
Particolare rilevanza hanno le circolari dell’Amministrazione finanziaria, dell’INL e degli istituti previdenziali, poiché involgono poteri impositivi e sanzionatori, come tali notevolmente incidenti nella sfera giuridica dei destinatari. Di qui, l’importanza dell’orientamento espresso dall’Amministrazione con la circolare – ovvero con la risposta a interpello, si veda infra – che può creare un affidamento nel contribuente sulla correttezza del proprio comportamento, soprattutto nei casi di norme non chiaramente formulate. Se è vero che l’interpretazione data dalla circolare non è obbligatoria per il contribuente, è altresì vero che lo stesso può porre fiducia nella propria condotta conforme a essa, in quanto vincolante per gli organi accertatori delle imposte e delle connesse sanzioni; questa vincolatività è idonea a far ragionevolmente ritenere che il proprio comportamento non avrà conseguenze afflittive.
Secondo un autorevole insegnamento della Suprema Corte[2], le circolari amministrative sono atti meramente interni della P.A., i quali, contenendo istruzioni, ordini di servizio, direttive impartite dalle Autorità amministrative centrali o gerarchicamente superiori agli enti o organi periferici o subordinati, esauriscono la loro portata ed efficacia giuridica nei rapporti tra i suddetti organismi e i loro funzionari. Le circolari, quindi, non possono spiegare alcun effetto giuridico nei confronti di soggetti estranei all’Amministrazione, né acquistare efficacia vincolante per quest’ultima, essendo destinate esclusivamente a esercitare una funzione direttiva nei confronti degli uffici dipendenti. Secondo la Corte, la circolare nemmeno vincola gli uffici gerarchicamente sottordinati, ai quali non è vietato di disattenderla, senza che per questo il provvedimento concreto adottato dall’ufficio (atto impositivo, diniego di rimborso, etc.) possa essere ritenuto illegittimo “per violazione della circolare.” Ancora, la Cassazione osserva che la circolare non vincola nemmeno la stessa Autorità che l’ha emanata, la quale resta libera, in futuro, di modificare, correggere e anche disattendere l’interpretazione adottata.
Tuttavia, precisa ancora la Corte, il mutamento da parte dell’Amministrazione di un precedente indirizzo, sul quale il contribuente possa aver fatto affidamento, può rilevare ai fini dell’applicazione delle sanzioni.
Le risposte a interpello
Negli ultimi anni, prima delle Faq, hanno assunto peculiare rilevanza giuridica le risposte a interpello, particolarmente nei settori tributario (articolo 10, L. 212/2000) e lavoristico-previdenziale (articolo 9, D.Lgs. 124/2004), in virtù della loro espressa previsione nella legge, che ne disciplina anche gli effetti[3]. Secondo parte della dottrina, la tipicità degli atti in questione, con la relativa efficacia verso i terzi, ne esclude la qualificazione quali atti interni della P.A.[4].
In proposito, per l’ordinamento tributario l’articolo 10, comma 2, L. 212/2000, dispone che “non sono irrogate sanzioni né richiesti interessi moratori al contribuente, qualora egli si sia conformato a indicazioni contenute in atti dell’amministrazione finanziaria, ancorché successivamente modificate dall’amministrazione medesima”.
Inoltre, l’articolo 11, comma 2, L. 212/2000, prescrive la nullità di qualsiasi atto impositivo o sanzionatorio emanato in difformità dalla risposta a interpello. Da tale nullità si ricava che l’efficacia vincolante della risposta, prevista dal primo periodo del comma 2 (“con esclusivo riferimento alla questione oggetto dell’istanza di interpello, e limitatamente al richiedente”), riguarda solo l’Amministrazione finanziaria.
Secondo l’autorevole orientamento della Corte Costituzionale (sentenza n. 191/2007), l’istituto dell’interpello del contribuente, regolato dall’articolo 11, L. 212/2000, costituisce lo strumento attraverso il quale si esplica in via generale l’attività consultiva delle agenzie fiscali in ordine all’interpretazione delle disposizioni tributarie. La Consulta osserva che esso si sostanzia nella richiesta all’Amministrazione finanziaria di un parere, nelle ipotesi in cui vi siano obiettive condizioni di incertezza sulla corretta interpretazione di dette disposizioni. Secondo il giudice delle leggi, dalla disposizione del citato articolo 11, L. 212/2000, si desume che tale parere è vincolante soltanto per l’Amministrazione e non anche per il contribuente, il quale resta libero di disattenderlo.
Circa il settore lavoristico e previdenziale, l’articolo 9, comma 2, D.Lgs. 124/2004 stabilisce – analogamente alla menzionata corrispondente disposizione tributaria – che l’adeguamento alle indicazioni fornite nelle risposte ai quesiti di esclude l’applicazione delle relative sanzioni penali, amministrative e civili[5].
La recente giurisprudenza amministrativa sulla natura delle Faq
In tempi recenti, la giurisprudenza amministrativa si è espressa anche sulle c.d. Faq.
Secondo il Supremo consesso di giustizia amministrativa, le Faq non hanno valore normativo, e tantomeno integrativo delle fonti del diritto, rappresentando una mera risposta a un quesito; in particolare, il contenuto della risposta non ha alcun valore innovativo rispetto al contenuto delle fonti normative e, come tale, è inidoneo a suscitare legittimi affidamenti[6].
Inoltre, la giurisprudenza riproduce il ragionamento di cui sopra anche con riferimento ad altri atti dell’Amministrazione che fonti normative non sono[7]. Invero, i giudici hanno precisato che le Faq non hanno alcun valore normativo, né integrativo, non solo rispetto alle fonti del diritto, ma nemmeno ai bandi di concorso, rappresentando una mera risposta a un quesito circa l’interpretazione delle disposizioni recate dal bando e, dunque, inidonea a integrare o modificare il contenuto della legge speciale di concorso. Né le Faq recano alcun valore innovativo rispetto al contenuto del bando e, come tali, sono giuridicamente inadatte a suscitare alcun legittimo affidamento circa la descritta interpretazione delle regole del bando. Il contenuto di una Faq non può “condizionare” lo scrutinio del giudice circa la legittimità o meno del comportamento osservato dall’Amministrazione.
Un ultimo orientamento del massimo Consesso giurisdizionale amministrativo supera parzialmente la precedente impostazione, in punto di affidamento dei cittadini. Nello specifico, il Consiglio sostiene che le Faq consistono in una serie di risposte alle domande che sono poste, o potrebbero essere poste, più frequentemente dagli utilizzatori di un certo servizio[8]. In tal modo viene data risposta pubblica, su un sito web, a interrogativi ricorrenti, sì da chiarire erga omnes e pubblicamente le questioni poste con maggiore frequenza. Il ricorso alle Faq, secondo i giudici, è normalmente da ricondurre a esigenze di trasparenza dell’attività della P.A. e di economicità della medesima. Da questo punto di vista, il carattere ricorrente di taluni temi o interrogativi induce l’Amministrazione a soddisfare in via preventiva le esigenze di chiarimento dei destinatari principali dell’attività. Il Consiglio di Stato attribuisce il recente successo delle Faq al periodo contrassegnato dalle limitazioni dovute alla diffusione del COVID-19, nel quale lo strumento può, più agevolmente di altri atti, raggiungere l’obiettivo di offrire elementi di chiarezza ai fini interpretativi e applicativi di disposizioni che si potevano, in astratto, prestare a diversi esiti finali.
Peraltro, i giudici non mancano di evidenziare che le Faq sono sconosciute all’ordinamento giuridico, in particolare all’articolo 1 delle preleggi al codice civile. In tal senso, esse svolgono una funzione eminentemente pratica spesso utile; tuttavia, in genere, non indicano elementi circa la loro elaborazione, la procedura o i soggetti che ne sono i curatori o i responsabili, né sono pubblicate a conclusione di un procedimento predefinito dalla legge.
I giudici, pervengono, quindi, a una prima conclusione, che già si traeva dalla pregressa giurisprudenza, e cioè che le risposte alle Faq non possono essere assimilate a una fonte del diritto, né primaria, né secondaria. Inoltre, in difetto dei necessari presupposti legali, esse non possono costituire neppure atti di interpretazione autentica.
Un ulteriore assunto, invece, appare una novità, giacché il Consesso sostiene che tali risposte non possano essere considerate affini neppure alle circolari, dal momento che non costituiscono un obbligo interno per gli organi amministrativi. In verità, tale tesi non sembra scontata e, anzi, risulta smentita dall’ampio utilizzo che ne fa, ad esempio l’INL, che, in tempi recenti, le ha di fatto utilizzate, similmente alle circolari, quali direttive interne vincolanti per il personale[9].
Peraltro, lo stesso orientamento pretorio fa osservare che non può essere sottovalutato l’effetto che le risposte alle Faq producono sui destinatari, a partire dall’affidamento nei confronti dell’Amministrazione che fornisce le risposte.
In definitiva, secondo il Consiglio di Stato, le risposte alle Faq, pur nella loro atipicità, si pongono a metà strada tra le disposizioni di carattere normativo, per loro natura generali e astratte, e il singolo esercizio della funzione amministrativa da parte di una P.A..
Conclusioni
Dalla giurisprudenza su riportata, si possono trarre talune conclusioni sulla natura e sull’efficacia della Faq.
A differenza delle risposte a interpello, previste espressamente dalla legge come visto in precedenza, le Faq sono strumenti atipici. Sono accostabili agli atti di prassi interna delle Amministrazioni, perché non sono fonti del diritto, ma a differenza di quelli non hanno come destinatari esclusivi i dipendenti delle Amministrazioni, ma anche i privati cittadini, analogamente alle risposte a interpello. Possono essere, è vero, ritenuti vincolanti solo per gli organi della P.A. da cui promanano; tuttavia, proprio per questo motivo, è innegabile che producano un affidamento nei cittadini giuridicamente rilevante, sul piano dell’elemento soggettivo, degli illeciti di cui costoro possono essere accusati. Invero, l’accusato che si conforma alle risposte contenute nelle Faq va esente dal trattamento sanzionatorio, perché commette il fatto in assenza di colpa (articolo 3, L. 689/1981). Tale conclusione dovrebbe rimanere ferma, in ragione del consolidato orientamento pretorio, secondo cui l’esimente della buona fede, intesa come errore sulla liceità del fatto, assume rilievo in presenza di elementi positivi idonei a ingenerare, nell’autore della violazione, il convincimento della liceità del suo operato; tale errore, peraltro, deve essere incolpevole e inevitabile, cioè determinato da un elemento positivo idoneo a indurre in errore l’autore ed estraneo alla sua condotta, non evitabile con ordinaria diligenza o prudenza (da ultima, Cassazione n. 35176/2021; così anche Cassazione n. 11012/2006). Si può ben scorgere, nell’orientamento espresso nelle Faq, quell’”elemento positivo” menzionato dalla giurisprudenza quale scaturigine dell’errore dell’autore dell’illecito.
Quindi, sebbene l’esenzione dal trattamento sanzionatorio sia prevista dalla legge esclusivamente con riguardo alle risposte a interpello (si veda supra), è innegabile che, in virtù dei principi generali di imputazione colposa degli illeciti amministrativi riconosciuti dalla giurisprudenza, al soggetto che si sia uniformato alle Faq non possa applicarsi alcuna pena.
Tale assunto ben si inquadra, del resto, nel principio di trasparenza e di partecipazione del cittadino all’azione amministrativa di cui alla nota L. 241/1990, la quale costituisce la maggiore disciplina amministrativa che ha attuato i canoni costituzionali del buon andamento e dell’imparzialità (articolo 97, comma 2, Costituzione).
[1] F. Caringella, “Manuale di diritto amministrativo”, Milano 2006, pag. 477.
[2] Cass. SS.UU. n. 23031/2007.
[3] In materia di salute e sicurezza sul lavoro cfr. articolo 12, D.Lgs. 81/2008.
[4] I.V. Romano, Diritto di interpello, in P. Rausei, M. Tiraboschi (a cura di) “L’ispezione del lavoro dieci anni dopo la riforma. Il d.lgs. n. 124/2004 fra passato e futuro”, Adapt University press, 2014, pag. 145 ss..
[5] Sull’istituto dell’interpello lavoristico si vedano D. Messineo, L. Grasso, Circolari ministeriali e interpelli: natura giuridica ed efficacia, in DPL, 2008, n. 6, pag. 397 ss., nonché I.V. Romano, cit..
[6] Cons. Stato, n. 846/2020.
[7] Cons. Stato, n. 6473/2020.
[8] Cons. Stato, n. 1275/2021.
[9] Cfr., in tema di diffida accertativa, le note n. 326/2021 e n. 685/2021.
Si segnala che l’articolo è tratto da “Il giurista del lavoro“.
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