Turni di lavoro e contratto part-time: normativa, giurisprudenza e soluzioni operative
di Francesco Capaccio Scarica in PDFL’articolo esamina la normativa in materia di lavoro a turni e a tempo parziale. Si sofferma, poi, sulla giurisprudenza di merito e di legittimità, traendone spunto per la costruzione pratica della clausola del contratto individuale il cui oggetto riguardi, appunto, il (non sempre facile) connubio part-time e turni.
Lavoro a turni e part-time: normativa
L’articolo 1, comma 2, lettera g), D.Lgs. 66/2003, definisce lavoratore a turni qualsiasi lavoratore il cui orario di lavoro sia inserito nel quadro del lavoro a turni.
La precedente lettera f) definisce il “lavoro a turni” come “qualsiasi metodo di organizzazione del lavoro anche a squadre in base al quale dei lavoratori siano successivamente occupati negli stessi posti di lavoro, secondo un determinato ritmo, compreso il ritmo rotativo, che può essere di tipo continuo o discontinuo, e il quale comporti la necessità per i lavoratori di compiere un lavoro a ore differenti su un periodo determinato di giorni o di settimane”.
Per le sue specifiche modalità, il decreto delegato del 2003 introduce anche alcune specifiche deroghe all’ordinaria disciplina in materia di orario di lavoro.
In particolare, quanto al riposo giornaliero, l’articolo 9, comma 1, prevede che “il lavoratore ha diritto ogni sette giorni a un periodo di riposo di almeno ventiquattro ore consecutive, di regola in coincidenza con la domenica, da cumulare con le ore di riposo giornaliero di cui all’art. 7[1]. Il suddetto periodo di riposo consecutivo è calcolato come media in un periodo non superiore a 14 giorni”.
Il comma 2 del medesimo articolo prevede che fanno eccezione alla disposizione di cui al comma 1 “a) attività di lavoro a turni ogni volta che il lavoratore cambi turno o squadra e non possa usufruire, tra la fine del servizio di un turno o di una squadra e l’inizio del successivo, di periodi di riposo giornaliero o settimanale”.
Inoltre, l’articolo 17, D.Lgs. 66/2003, prevede che anche il riposo di 11 ore consecutive ogni 24, di cui all’articolo 7, D.Lgs. 66/2003, possa essere derogato per l’attività di lavoro a turni tutte le volte in cui il lavoratore cambia squadra e non può usufruire, tra fa fine del servizio di una squadra e l’inizio di quello della squadra successiva, di periodi di riposo giornaliero, subordinando detta possibilità alle previsioni di cui al comma 2[2] del medesimo articolo 17, D.Lgs. 66/2003.
La suddetta disciplina, concernente il lavoro su turni, dev’essere inquadrata nella particolare fattispecie del lavoratore a tempo parziale.
Come noto, la disciplina sul contratto part-time, attualmente contenuta negli articoli 4 e 12, D.Lgs. 81/2015, prevede espressamente, all’articolo 5, D.Lgs. 81/2015, che:
“1. Il contratto di lavoro a tempo parziale è stipulato in forma scritta ai fini della prova.
- Nel contratto di lavoro a tempo parziale è contenuta puntuale indicazione della durata della prestazione lavorativa e della collocazione temporale dell’orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all’anno[3].
- Quando l’organizzazione del lavoro è articolata in turni, l’indicazione di cui al comma 2 può avvenire anche mediante rinvio a turni programmati di lavoro articolati su fasce orarie prestabilite”.
Inoltre, il D.Lgs. 81/2015 prevede, all’articolo 6, comma 4, nel rispetto delle previsioni di cui alla contrattazione collettiva, anche la possibilità di concordare per iscritto delle “clausole elastiche”, relative alla variazione della collocazione temporale della prestazione lavorativa ovvero relative alla variazione in aumento della sua durata.
Tale variazione, fatte salve le diverse intese tra le parti, nonché a specifiche compensazioni, nella misura ovvero nelle forme determinate dai contratti collettivi, deve avvenire con un preavviso di 2 giorni lavorativi.
Il successivo comma 5, prevede che, nel caso in cui il contratto collettivo applicato al rapporto non disciplini le clausole elastiche, queste “possono essere pattuite per iscritto dalle parti avanti alle commissioni di certificazione”, con facoltà del lavoratore di farsi assistere da un rappresentante dell’associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato o da un avvocato o da un consulente del lavoro. Le clausole elastiche “prevedono, a pena di nullità, le condizioni e le modalità con le quali il datore di lavoro, con preavviso di due giorni lavorativi, può modificare la collocazione temporale della prestazione e variarne in aumento la durata”[4].
Dette modifiche dell’orario comportano il diritto del lavoratore a una maggiorazione del 15% della retribuzione oraria globale di fatto, comprensiva dell’incidenza della retribuzione sugli istituti retributivi indiretti e differiti.
Il lavoratore, d’altro canto, ai sensi dell’articolo 6, comma 7, D.Lgs. 81/2015, in determinati casi previsti dalla legge (articolo 10, comma 1, St. Lav., e articolo 8, commi 3 e 5, D.Lgs. 81/2015), potrà esercitare il diritto di ripensamento, revocando il proprio consenso alle clausole di elasticità.
Il lavoro a turni nel contratto part-time: la giurisprudenza di merito
Il Tribunale di Milano, Sezione Lavoro, con sentenza n. 96 del 17 gennaio 2018, ha ritenuto legittimo il sistema a turni adottato dal datore di lavoro nei rapporti part-time, rigettando la domanda proposta da una lavoratrice, che aveva lamentato la mancata collocazione puntuale della propria prestazione di lavoro con orario fisso e una rotazione settimanale sempre diversificata.
Nel caso esaminato dal Tribunale meneghino, la lettera di assunzione della lavoratrice prevedeva testualmente “La prestazione lavorativa si articolerà nelle modalità iscritte nella tabella allegata e sarà ricompresa nella turnazione del punto vendita. Detta prestazione comprenderà la domenica e le eventuali festività infrasettimanali, con turni avvicendati e/o articolati in relazione all’orario di lavoro dell’unità produttiva presso cui sarà occupata. La distribuzione dei turni settimanali, che Le verrà comunicata con adeguato preavviso, sarà programmata secondo le esigenze organizzative/produttive aziendali; tale ripartizione potrà prevedere modifiche rispetto a quanto sopra esposto, in entrata e/o uscita, anche in relazione all’orario di lavoro dell’unità produttiva presso cui sarà occupato”.
Nel contratto, inoltre, era prevista una specifica clausola di flessibilità.
Parimenti, in altro caso, esaminato dal Tribunale di Busto Arstizio, con la sentenza n. 58/2018, nella lettera di assunzione della lavoratrice era testualmente indicato “I suoi turni di lavoro giornalieri e settimanali, per tutti i mesi dell’anno, saranno i seguenti:
Vedi tabella turni allegata.
Eventuali ulteriori programmazioni del Suo orario di lavoro per esigenze di servizio, saranno con Lei concordate con congruo anticipo”.
Nel predetto allegato, sottoscritto per accettazione dalla ricorrente, venivano previsti 6 turni giornalieri (A, B, C, D, E e F) su 9 settimane con il riposo a scorrimento.
La collocazione temporale dei part-timer veniva poi variata dalla società, previo accordo sindacale, tenendo presenti le variazioni della domanda che si verificano in determinati periodi dell’anno[5]. Pertanto, ferma la turnazione pattuita, i singoli riposi, cui ne erano stati aggiunti altri 6, potevano variare e, per tale ragione, ogni 15 giorni venivano affissi in bacheca le presenze settimanali dei lavoratori.
Anche in questo caso, la previsione è stata ritenuta legittima.
Tuttavia, la citata giurisprudenza, per effetto di una recente statuizione della Corte di Cassazione, dev’essere rimeditata.
L’ordinanza n. 11322/2024 della Corte di Cassazione
La vicenda processuale nasce a impulso di un lavoratore che era stato assunto con contratto di lavoro part-time per svolgere lavoro su turni. In particolare, nella lettera di assunzione era stato indicato il (solo) monte annuale di ore di lavoro (pari a 1.008), il numero di ore giornaliere (pari a 8), il numero dei turni mensili (pari a 18) e i mesi complessivi dell’anno in cui la prestazione lavorativa, su turni, avrebbe dovuto svolgersi (7 mesi).
Inoltre, si prevedeva testualmente “sulla base dell’esigenze organizzative produttive, entro il 31 dicembre di ogni anno, Le indicheremo la collocazione, per l’anno successivo, dell’orario di lavoro nell’ambito dei turni mensili, per i mesi di gennaio-giugno-luglio-agosto-settembre-ottobre-dicembre, che Ella sarà tenuto di volta in volta ad osservare”.
Il lavoratore adiva il Tribunale, in funzione di giudice del lavoro, con ricorso ex articolo 414, c.p.c., affinché:
- accertasse l’illegittimità della mancata indicazione della collocazione temporale della prestazione lavorativa nel contratto individuale;
- riconoscesse, per l’effetto, il diritto al risarcimento del danno;
- stabilisse le modalità temporali per lo svolgimento della prestazione lavorativa parziale, ex articolo 10, comma 2, D.Lgs. 81/2015.
In I grado, il giudice rigettava le richieste del lavoratore, ritenendo legittimo l’operato della società datrice, che, a sostegno della correttezza del proprio operato, invocava la fonte contrattual-collettiva (articoli 3 e 9, per il personale dipendente da società e consorzi concessionari di autostrade e trafori), nonché la previsione dell’articolo 2, comma 2, D.Lgs. 61/2000 (ratione temporis vigente, tenuto conto del momento genetico del contratto di lavoro), che consentiva l’apposizione di clausole difformi alla previsione del primo periodo della medesima fonte normativa[6], a fronte delle c.d. “clausole flessibili”[7] (oggi, per effetto del D.Lgs. 81/2015, “clausole elastiche”).
La Corte distrettuale di Milano, ex adverso, riformava la sentenza di I grado, accertando, vista la mancanza, nel contratto di lavoro individuale, di qualsiasi indicazione in ordine all’orario di lavoro, l’illegittimità della mancata stabile collocazione temporale della prestazione lavorativa nel contratto, nonché determinava il risarcimento del danno, nella misura equitativa del 5% della retribuzione percepita nei periodi lavorati, con esclusione delle ferie, dei permessi, delle festività e di quant’altro non rientrante nel lavoro effettivo.
La Corte d’Appello, tuttavia, non si pronunciava in ordine all’ultima domanda del lavoratore (i.e.: stabilire le modalità temporali della prestazione lavorativa part-time, ex articolo 10, comma 2, D.Lgs. 81/2015), rilevando che la fissazione delle modalità temporali, tenendo conto delle responsabilità familiari del lavoratore, nonché delle esigenze lavorative del datore, attenesse all’autonomia negoziale e alla discrezionale volontà delle parti, valutazione non di competenza del giudice.
Entrambe le parti, lavoratore e datore, ricorrevano alla Suprema Corte. Il primo affinché fosse cassata la parte della sentenza che negava la possibilità al giudice di stabilire le modalità temporali della prestazione lavorativa, il secondo per la cassazione della sentenza in maniera integrale.
La Corte di Cassazione, riuniti i 2 ricorsi, decideva in favore del lavoratore, sulla base delle seguenti considerazioni in diritto, confutanti la tesi sostenuta dalla società.
In particolare, la società riteneva applicabile alla fattispecie de qua l’articolo 5, D.Lgs. 81/2015, e la normativa contrattuale (articoli 3 e 9, Ccnl Autostrade e trafori – concessionari).
Il richiamato articolo 5, D.Lgs. 81/2015, al comma 3 prevede che: “quando l’organizzazione del lavoro è articolata in turni l’indicazione di cui al comma 2[8] può avvenire anche mediante rinvio a turni programmati di lavoro articolati su fasce prestabilite”. Detta previsione, secondo la prospettazione di parte datoriale, era stata puntualmente assolta, in quanto si provvedeva a comunicare ai part-timer turnisti, anno per anno, le prestazioni da eseguire.
Le previsioni contrattuali, invece, prevedevano, quanto all’articolo 3, punto 1, che anche il lavoratore assunto con contratto part-time potesse essere impiegato in attività lavorative in turno, e il successivo punto 4 stabiliva che “nel caso di prestazioni lavorative in turni tale indicazione riguarderà la collocazione dell’orario nell’ambito del turno e secondo l’andamento dello stesso, ovvero gli schemi di turno in cui verrà programmata, ai sensi del punto 4 dell’art. 9, la prestazione a tempo parziale; tale articolazione dell’orario non configura fattispecie di clausola elastica”.
Mentre il successivo articolo 9, comma 4, richiamato dall’articolo 3, comma 4, prevedeva che “per il personale turnista che svolge le proprie prestazioni in turni continui ed avvicendati l’orario contrattuale di 40 ore settimanali viene realizzato come segue: 4 giorni lavorativi e riposo al quinto e al sesto (4+2) con prestazione di 8 ore giornaliere, secondo il seguente orario: 22 – 06; 06 – 14; 14 – 22“.
Anche in questo caso, la società riteneva assolto il proprio onere, mediante la comunicazione annuale al personale dipendente delle turnazioni da seguire per l’anno successivo.
In primis, la Corte nomofilattica ha rilevato che il rapporto era sorto nell’anno 2009, donde lo stesso era regolato, quanto alla disciplina dell’indicazione dell’orario nel contratto part-time, dal D.Lgs. 61/2000, ratione temporis vigente.
Ha ripercorso, quindi, gli articoli 2 e 3, D.Lgs. 61/2000, precisando che il primo, al comma 2, prevede(va)[9], quale regola generale e ineludibile, che “nel contratto di lavoro a tempo parziale è contenuta puntuale indicazione della durata della prestazione lavorativa e della collocazione temporale dell’orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all’anno. Clausole difformi sono ammissibili solo nei termini di cui all’art. 3, comma 7”.
L’articolo 3, comma 7, D.Lgs. 61/2000, invece prevede(va) “fermo restando quanto disposto dall’articolo 2, comma 2, le parti del contratto di lavoro a tempo parziale possono, nel rispetto di quanto previsto dal presente comma e dai commi 8[10] e 9, concordare clausole flessibili relative alla variazione della collocazione temporale della prestazione stessa. Nei rapporti di lavoro a tempo parziale di tipo verticale o misto possono essere stabilite anche clausole elastiche relative alla variazione in aumento della durata della prestazione lavorativa”.
La Suprema Corte, pertanto, ha ritenuto “evidente”, sulla base dei riferimenti normativi citati, che il contratto individuale di lavoro, statuente unicamente il monte ore annuale, la prestazione giornaliera e il numero di mesi della prestazione, non rispettava l’imprescindibile dettato legislativo.
A corroborazione della predetta risultanza, precisava, altresì, che, pur volendo ammettere l’applicazione del D.Lgs. 81/2015, come sostenuto dalla società, in ogni caso, il contratto individuale non rispettava le previsioni dell’articolo 5, D.Lgs. 81/2015, anch’esso richiamante la necessità di indicare “la puntuale indicazione della durata della prestazione lavorativa e della collocazione temporale dell’orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all’anno” (comma 2) e “quando l’organizzazione del lavoro è articolata in turni, l’indicazione di cui al comma 2 può avvenire anche mediante rinvio a turni programmati di lavoro articolati su fasce orarie prestabilite” (comma 3).
Peraltro, gli Ermellini hanno precisato che non è possibile sostenere, invece, che la possibilità di prevedere lo svolgimento dell’orario part-time in turni (anche mediante rinvio a turni programmati di lavoro, articolati su fasce orarie prestabilite) comporti anche la deroga all’esigenza della puntuale indicazione dei turni nel contratto di lavoro (che la stessa legge vuole programmati per fasce prestabilite).
Infatti, una tale interpretazione sarebbe illogica e in contrasto anche con la ratio protettiva del part-time, dal momento che sarebbe sufficiente articolare il lavoro in turni per superare l’esigenza di indicazione puntuale dell’orario di lavoro nel contratto part-time, con la conseguenza che si legittimerebbe la mancata indicazione di qualsiasi orario, com’è accaduto, appunto, col contratto di lavoro in questione, in cui non è contenuta alcuna indicazione dei turni programmati, essendosi previsto unicamente che essi sarebbero stati comunicati al lavoratore in via successiva, alla fine dell’anno precedente.
Tale tesi, infatti, contrasterebbe con l’esigenza di tutela, affermata nella sentenza n. 210/1992 della Corte Costituzionale, che ha affermato che “non vi è quindi alcuna ragione, né alcuna possibilità di attribuire alla normativa una interpretazione tale da consentire la pattuizione di contratti di lavoro a tempo parziale nei quali la collocazione temporale della prestazione lavorativa nell’ambito della giornata, della settimana, del mese e dell’anno non sia determinata o non sia resa determinabile in base a criteri oggettivi ma sia invece rimessa allo ius variandi del datore di lavoro”.
Parimenti inconferente deve ritenersi il richiamo, a opera della società, delle previsioni di cui al contratto collettivo, atteso che il rinvio dell’articolo 3 all’articolo 9, punto 4, nel mentre autorizza la previsione di turni anche nel contratto part-time, secondo lo schema di turnazione prevista dal Ccnl, non autorizza affatto a non prevedere nulla nel contratto individuale (ovvero a non stabilire nessun turno).
Inoltre, a confutazione di ogni ipotetico dubbio, la Corte nomofilattica ha, altresì, precisato che non poteva parlarsi neppure di “clausola elastica”, atteso che, nel contratto individuale, nulla era stato, al riguardo, concordato.
Concludendo, quanto al ricorso della società datrice, la Suprema Corte ha affermato che “nessuna previsione di legge, di contratto collettivo o di contratto individuale preveda il potere unilaterale che la datrice di lavoro ricorrente ha preteso di esercitare con l’indicare i turni solo successivamente, in via annuale, al proprio dipendente part time”.
In ogni caso, hanno aggiunto i giudici nomofilattici, le previsioni contrattuali non potevano riferirsi ai lavoratori part-time, la cui disciplina dev’essere necessariamente armonizzata con la specifica disciplina di fonte legale dei lavoratori a tempo parziale.
Per l’effetto, per quanto riguarda i turni assegnati ai lavoratori part-time, le indicazioni di legge e di contratto possono ritenersi rispettate solo quando – in mancanza di clausole flessibili elastiche – nel contratto di lavoro part-time vengano indicati i turni in modo preciso e costante, in modo da rendere noto al lavoratore come verrà eseguita nel tempo la propria prestazione.
Questo tipo di facoltà è anche quella attualmente consentita dall’articolo 5, comma 3, D.Lgs. 81/2015.
Infatti, la normativa sul part-time è rivolta espressamente a consentire al lavoratore a tempo parziale di conoscere con certezza, fin dall’insorgere del rapporto di lavoro, l’entità della prestazione dovuta, anche allo scopo di organizzare l’orario residuo in altre eventuali occupazioni o impegni personali; mentre tale esigenza non ricorre nel contratto di lavoro a tempo pieno.
Esauriti, dunque, i motivi di ricorso della società, la Suprema Corte è passata all’esame del ricorso del lavoratore, tendente a riformare il punto della sentenza della Corte distrettuale che aveva omesso di pronunciarsi sulla richiesta determinazione, a opera del giudice, della collocazione dell’orario, tenendo presenti le responsabilità familiari del lavoratore interessato e della sua necessità di integrazione del reddito mediante lo svolgimento di altra attività lavorativa, nonché le esigenze del datore di lavoro.
Al riguardo, la Corte di Cassazione ha accolto il motivo, sia per ragioni di carattere logico sia testuale.
Infatti, l’articolo 10, comma 2, D.Lgs. 81/2015, mutuando l’analoga disciplina prevista dall’articolo 8, comma 2, D.Lgs. 61/2000, prevede che “qualora nel contratto scritto non sia determinata la durata della prestazione lavorativa, su domanda del lavoratore è dichiarata la sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo pieno a partire dalla pronuncia. Qualora l’omissione riguardi la sola collocazione temporale dell’orario, il giudice determina le modalità temporali di svolgimento della prestazione lavorativa a tempo parziale, tenendo conto delle responsabilità familiari del lavoratore interessato e della sua necessità di integrazione del reddito mediante lo svolgimento di altra attività lavorativa, nonché delle esigenze del datore di lavoro“.
La norma, pertanto, prevede icasticamente che il giudice debba determinare le modalità temporali di svolgimento della prestazione lavorativa a tempo parziale stabilendo anche quali siano i criteri da seguire ai fini della determinazione.
Pertanto, la Corte distrettuale ha errato nel non determinate la collocazione temporale della prestazione, venendo meno a un suo preciso dovere, previsto ope legis.
Da qui, il rinvio alla stessa Corte d’Appello, in differente composizione, per la determinazione della collocazione temporale della prestazione, attenendosi al principio di contemperanza delle esigenze (familiari e reddituali) del lavoratore e quelle organizzative-produttive del datore.
Conclusioni
Alla luce delle statuizioni di merito e Cassazione, si può concludere che, nell’ambito del lavoro part-time, è possibile utilizzare il lavoratore in turni prestabiliti. A tal fine, si rende necessario, contemperando l’esigenza del lavoratore di organizzare la propria vita personale e/o di potersi dedicare ad altra attività, indicare nella lettera-contratto con il dipendente le fasce orarie, articolate nei vari giorni, in cui è richiesta la prestazione lavorativa. Infatti, di tal guisa, il lavoratore conoscerà, per ogni singolo giorno della settimana, l’impegno richiesto.
Al fine di garantirsi la possibilità di variare la predetta collocazione temporale è necessario prevedere anche una specifica clausola elastica, secondo le previsioni contrattuali ovvero espressamente concordate con il lavoratore, presso le commissioni di certificazione dei contratti.
Fac simile comunicazione orario lavoro part-time orizzontale (scarica il fac simile)
Nel caso di part-time orizzontale (verificare sempre il Ccnl).
La sua prestazione pari a complessive ore ___ settimanali si articolerà su 5 (o 6) giorni settimanali di ___ ore giornaliere, in turni, ricomprendenti il nastro orario di cui alla sottostante tabella
Lunedi | Martedì | Mercoledì | Giovedì | Venerdì | Sabato | Domenica |
Dalle ore …alle ore… | Dalle ore …alle ore… | Dalle ore …alle ore… | Dalle ore …alle ore… | Dalle ore …alle ore… | Dalle ore …alle ore… | Dalle ore …alle ore… |
Nell’arco della settimana, in considerazione del fatto che la nostra attività è operativa 7/7 e h 24, Lei avrà diritto a un giorno di riposo che Le sarà comunicato con cadenza quindicinale.
Inserire clausola elastica
Fac simile comunicazione orario lavoro part-time orizzontale e turni variabili (scarica il fac simile)
Nel caso di part-time orizzontale e turni variabili (verificare sempre il Ccnl).
La sua prestazione pari a complessive ore ___ settimanali e si articolerà su 5 (o 6) giorni settimanali di ___ ore giornaliere, in turni, ricomprendenti il nastro orario di cui alla sottostante tabella:
1ª settimana – Turnazione A
Lunedi | Martedì | Mercoledì | Giovedì | Venerdì | Sabato |
Dalle ore ___ alle ore ___ | Dalle ore ___ alle ore ___ | Dalle ore ___ alle ore ___ | Dalle ore ___ alle ore ___ | Dalle ore ___ alle ore ___ | Dalle ore ___ alle ore ___ |
2ª settimana – Turnazione B
Lunedi | Martedì | Mercoledì | Giovedì | Venerdì | Sabato |
Dalle ore ___ alle ore ___ | Dalle ore ___ alle ore ___ | Dalle ore ___ alle ore ___ | Dalle ore ___ alle ore ___ | Dalle ore ___ alle ore ___ | Dalle ore ___ alle ore ___ |
3ª settimana – Turnazione C
Lunedi | Martedì | Mercoledì | Giovedì | Venerdì | Sabato |
Dalle ore ___ alle ore ___ | Dalle ore ___ alle ore ___ | Dalle ore ___ alle ore ___ | Dalle ore ___ alle ore ___ | Dalle ore ___ alle ore ___ | Dalle ore ___ alle ore ___ |
Al termine della terza settimana, la sua prestazione riprenderà a decorrere dalla turnazione A.
Inserire clausola elastica
Fac simile comunicazione orario lavoro part-time verticale (scarica il fac simile)
Nel caso di part-time verticale (verificare sempre il Ccnl).
La sua prestazione, pari a complessive ore 24 settimanali, si articolerà su 3 giorni settimanali, di 8 ore giornaliere, in turni, ricomprendenti il nastro orario di cui alla sottostante tabella
Lunedi | Mercoledì | Venerdì | Domenica |
Dalle ore ___ alle ore ___ | Dalle ore ___ alle ore ___ | Dalle ore ___ alle ore ___ | Dalle ore ___ alle ore ___ |
Nell’arco della settimana, Lei avrà diritto a un giorno di riposo che Le sarà comunicato con cadenza quindicinale.
Inserire clausola elastica.
[1] Il lavoratore ha diritto a 11 ore di riposo consecutivo ogni 24 ore.
[2] In mancanza di disciplina collettiva e previo decreto del Ministero del lavoro.
[3] La previsione è sostanzialmente analoga a quella di cui alla previgente disciplina contenuta nell’articolo 2, comma 2, D.Lgs. 61/2000, nonché quella storica di cui all’articolo 5, comma 2, D.L. 726/1984, convertito con modificazioni dalla L. 863/1984.
[4] La misura massima dell’aumento non può eccedere il limite del 25% della normale prestazione annua a tempo parziale.
[5] Il settore di riferimento era quello aereo.
[6] La disposizione prevedeva testualmente: “nel contratto di lavoro a tempo parziale è contenuta puntuale indicazione della durata della prestazione lavorativa e la collocazione temporale dell’orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all’anno. Clausole difformi sono ammissibili solo nei termini di cui all’art. 3, comma 7.”
[7] Per clausole flessibili, ai sensi dell’articolo 3, comma 7, D.Lgs. 61/2000, dovevano intendersi quelle che consentivano una differente collocazione temporale della prestazione lavorativa.
[8] Statuente, al pari dell’articolo 2, comma 2, D.Lgs. 61/2000, che “nel contratto di lavoro a tempo parziale è contenuta puntuale indicazione della durata della prestazione lavorativa e della collocazione temporale dell’orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all’anno”.
[9] In realtà, la formulazione è identica a quella contenuta nell’attuale articolo 5, comma 2, del vigente D.Lgs. 81/2015.
[10] Con preavviso di almeno 10 giorni.
Si segnala che l’articolo è tratto da “Strumenti di lavoro”