6 Giugno 2018

Per il Tribunale di Torino i fattorini Foodora non sono lavoratori subordinati

di Giovanna Carosielli

Con la sentenza 7 maggio 2018, n. 778in commento, il Tribunale del lavoro di Torino ha respinto il ricorso dei fattorini Foodora, volto a far accertare la natura subordinata del rapporto di lavoro intercorso con l’azienda tedesca, non essendo i riders sottoposti al potere direttivo, organizzativo e disciplinare datoriale in ragione dell’assenza dell’obbligo per le parti di rendere e/o esigere la prestazione. Secondo il giudice, altresì, l’articolo 2, D.Lgs. 81/2015, qualifica ulteriormente la prestazione subordinata richiedendo l’organizzazione, da parte del committente, delle prestazione lavorative anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro.

 

I fatti lamentati dai ricorrenti e l’esito della controversia

Sei lavoratori si sono rivolti al Tribunale civile di Torino, in funzione di giudice del lavoro, per vedersi accertare la natura subordinata del rapporto di lavoro con l’azienda tedesca Digital Services XXXV Srl (d’ora in poi anche solo Foodora), per le prestazioni di consegna dei cibi ordinati dai clienti della committente. In particolare, malgrado la sottoscrizione di un contratto di collaborazione coordinata e continuativa a tempo determinato e prorogato fino al 30 novembre 2016, secondo i ricorrenti il rapporto di lavoro è stato di tipo subordinato in virtù delle modalità esecutive della prestazione, del controllo sul percorso da seguire nella consegna del cibo, dell’attività di promozione del marchio e del relativo potere disciplinare esercitato dal committente.

Per l’effetto, gli istanti hanno chiesto l’inquadramento nel V livello del Ccnl logistica o nel VI livello del Ccnl Terziario, con il versamento delle differenze retributive e Tfr, il ripristino del rapporto di lavoro e il pagamento delle retribuzioni maturate fino alla data del licenziamento, ritenuto illegittimo e/o inefficace, nonché il risarcimento del danno subito per violazione della privacy, stante il non autorizzato accesso ai dati personali dei lavoratori e al controllo a distanza e, infine, il risarcimento del danno per inadeguata tutela antinfortunistica.

Dall’istruttoria è emerso che, munito di una propria bicicletta e di uno smartphone, a ciascun fattorino è proposta la sottoscrizione di un contratto di collaborazione coordinata e continuativa e sono consegnati, in comodato gratuito e dietro pagamento di una caparra, un casco, una maglietta, un giubbotto, luci e l’attrezzatura per il trasporto del cibo.

Nel merito, il fattorino, collegandosi a una piattaforma multimediale attraverso un applicativo previamente scaricato sul proprio cellulare, è libero di fornire la propria disponibilità a ricoprire il singolo incarico (slot) sulla base delle richieste predisposte, a cadenza settimanale, dalla committente in ragione degli ordini effettuati dai clienti ai vari ristoranti. Indi, sulla base delle disponibilità dei riders, il responsabile della “flotta” conferma l’assegnazione del turno per ciascun fattorino, con inizio della prestazione all’orario indicato e partenza da uno dei 3 punti di ritrovo. Il lavoratore, accedendo tramite il proprio smartphone all’applicativo, riscontrata la corrispondenza tra l’ordine del cliente e quanto ricevuto dal ristorante presso il quale si è recato con la propria bici, consegna il cibo all’indirizzo del cliente nel frattempo fornitogli tramite l’applicativo, confermando sia la corrispondenza tra l’ordine del cliente e il cibo ricevuto, sia l’avvenuta consegna.

L’organo giudicante non ha ravvisato l’esistenza degli elementi costitutivi del rapporto di lavoro subordinato, posto che l’escussione testimoniale ha confermato la facoltà, in capo a ciascun rider, non solo di indicare i turni di disponibilità, bensì anche di non recarsi al turno assegnato e accettato senza alcuna conseguenza sanzionatoria a suo carico, nei fatti sottraendosi alle prerogative che ancora identificano la figura datoriale, ovverosia l’esercizio del potere direttivo, organizzativo e disciplinare da parte di Foodora verso i lavoratori.

 

Il merito della decisione: l’assenza del potere direttivo, organizzativo e disciplinare

In relazione alla prima delle esposte prerogative caratterizzanti il datore di lavoro, il Tribunale di Torino ha ritenuto non provatane l’esistenza, essendo emerso che “i ricorrenti non avevano l’obbligo di effettuare la prestazione lavorativa e il datore di lavoro non aveva l’obbligo di riceverla”, così come “Foodora poteva accettare la disponibilità data dai ricorrenti e inserirli nei turni da loro richiesti, ma poteva anche non farlo”.

In ragione della sinallagmaticità delle prestazioni che contraddistingue il rapporto di lavoro subordinato, e della conseguente doverosità, tanto per il lavoratore, di eseguire la prestazione richiestagli, quanto, per il datore di lavoro, di accettarla, l’assenza di obblighi di tal sorta tanto nelle pattuizioni negoziali, quanto nelle modalità esecutive del contratto, lede in radice l’invocabilità al caso di specie di un inquadramento di tipo subordinato del rapporto di lavoro. A sostegno delle proprie considerazioni, la sentenza in commento cita la giurisprudenza di legittimità formatasi in occasione della vicenda dei c.d. pony express, accettando l’equazione per cui la soggezione al potere direttivo e organizzativo altrui implica per il lavoratore l’impossibilità di rifiutare la prestazione richiestagli. Alla base del rigetto del ricorso, quindi, il giudice ha posto l’incompatibilità logica e giuridica tra l’eterodirezione, quale elemento caratterizzante il lavoro subordinato, e la rifiutabilità e/o non proseguibilità della prestazione lavorativa, secondo il gradimento di chi sarebbe obbligato ad eseguirla.

In buona sostanza, ha argomentato il Tribunale, non è possibile inquadrare come subordinata una prestazione lavorativa che, come accade per il lavoro autonomo, può anche non esser resa senza alcuna conseguenza negativa per chi si è rifiutato di porla in essere.

Infatti, ad onta della diversa pattuizione a riguardo[1], le risultanze istruttorie hanno palesato la mancata applicazione di alcuna penale, a carico dei fattorini, sia nel caso di una loro revoca della disponibilità a coprire un turno (swap), sia di mancata presentazione all’orario e punto di ritrovo indicati per iniziare la prestazione lavorativa (no show). L’omessa applicazione di conseguenze disciplinari in casi del genere ha convinto il giudice della natura autonoma del rapporto intercorso tra le parti, non accogliendo l’interpretazione dei ricorrenti di intendere la loro esclusione dai turni di lavoro e/o dalle chat, operata da Foodora, funzionale a “sanzionare insubordinazioni o lamentele o comunque comportamenti non graditi all’azienda”.

Posto che la ratio di una sanzione disciplinare è, secondo l’organo decidente, la privazione temporanea o definitiva a un lavoratore di un suo diritto, stante la libertà del committente di accettare o meno la disponibilità a lavorare di ciascun rider e, di conseguenza, di inserirlo o meno in un turno, il mancato inserimento del lavoratore nella chat o in un turno non può esser apprezzato in termini disciplinari, non avendo tale contegno aziendale privato il fattorino delle sue prerogative.

Al contempo, la decisione in commento ha ritenuto che le ulteriori circostanze fattuali invocate dai ricorrenti ai fini della corretta qualificazione giuridica della fattispecie, ovverosia:

  • la determinazione dei punti di partenza per l’inizio della prestazione e delle fasce orarie di esecuzione della medesima;
  • la verifica della presenza dei fattorini nei luoghi di ritrovo e dell’attivazione del profilo di ciascuno sull’applicazione per acquisire l’ordinazione del cliente e il luogo della consegna;
  • la sollecitazione dei lavoratori in caso di loro mancato riscontro all’ordine da evadere;
  • l’obbligo di effettuare la consegna nei tempi stabiliti, in base a un percorso suggerito tramite il GPS dell’applicazione;
  • la promozione del marchio Foodora al momento della consegna al cliente;
  • il monitoraggio della produttività dei singoli riders;

non siano state sufficientemente provate nel corso dell’istruttoria, fermo restando che detti elementi vanno considerati, secondo l’organo giudicante, sussidiari e non determinanti per considerare subordinato il rapporto di lavoro oggetto di controversia.

 

Il necessario coordinamento delle prestazioni lavorative

Esclusa la fattispecie della subordinazione quale sottoposizione dei riders, nell’esecuzione della prestazione lavorativa, agli ordini, alla vigilanza e al controllo esercitati da Foodora, la sentenza in commento non ha ritenuto provato nemmeno il coordinamento delle prestazioni lavorative da parte dell’azienda resistente.

In particolare, il giudice di prime cure ha ritenuto che l’individuazione dei 3 luoghi di ritrovo quale inizio della prestazione lavorativa, in uno con il rispetto dei tempi di consegna del cibo ordinato dal cliente e con la sollecitazione aziendale dei singoli lavoratori a “rispondere alla chiamata”, costituiscono, semmai, l’evidenza del potere di coordinamento esercitato dal committente.

Potere di coordinamento che, nell’interpretazione giuridica fornitane dalla decisione de qua, ha richiesto necessariamente, da un lato, l’impegno del fattorino a consegnare il cibo entro un determinato orario, e, dall’altro, la necessità aziendale di conoscere per tempo le disponibilità dei singoli fattorini, per soddisfare le esigenze del cliente, cercando, all’occorrenza, un rider disponibile a effettuare la consegna.

In buona sostanza, ha argomentato il giudice di primo grado, se l’oggetto della prestazione dedotta nel contratto di lavoro consiste nella consegna, entro un orario stabilito, del cibo ordinato dal cliente a fronte del corrispettivo orario pattuito, la declinazione concreta del rapporto negoziale implica quel minimo di coordinamento organizzativo, pur emerso dall’istruttoria processuale, ferma restando la libertà di ciascuna delle parti negoziali – il lavoratore da un lato e l’azienda dall’altro – di rendere e di ricevere la prestazione.

 

L’interpretazione dell’articolo 2, D.Lgs. 81/2015

Del resto, il pur ineludibile coordinamento esercitato da Foodora per soddisfare le esigenze dei clienti, non configura, a giudizio della sentenza in commento, nemmeno la fattispecie di cui all’articolo 2, comma 1, D.Lgs. 81/2015, invocato in subordine dai ricorrenti. A mente della citata disposizione, infatti, “A far data dal 1° gennaio 2016, si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro”.

Due sono le ragioni poste dal Tribunale a fondamento dell’inapplicabilità al caso di specie della recente disciplina del lavoro subordinato alle collaborazioni di carattere esclusivamente personale: la prima, di tipo ermeneutico, ravvisa nella disposizione in parola una funzione rafforzativa della definizione di lavoratore subordinato di cui all’articolo 2094 cod. civ..

In particolare, la novella legislativa presupporrebbe, per trovare applicazione, l’esistenza del potere direttivo e organizzativo cui i lavoratori devono sottostare, posto che il predetto articolo 2, D.Lgs. 81/2015 – nell’interpretazione fornitane dall’azienda e accolta dal giudice – restringerebbe la sfera di operatività della disciplina del rapporto di lavoro subordinato alle prestazioni organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro. In altre parole, per invocare la normativa protettiva del rapporto di lavoro dipendente alle collaborazioni esclusivamente personali, è necessaria la prova positiva dell’ulteriore circostanza del coordinamento spazio-temporale della prestazione, oltre evidentemente agli elementi tipici della subordinazione.

La seconda ragione per escludere l’applicazione dell’articolo 2, D.Lgs. 81/2015., attiene, secondo il Tribunale di Torino, all’incompatibilità, nel caso di specie, tra l’etero-organizzazione di tempi e luogo di lavoro a opera di Foodora e la facoltà dei fattorini di declinare le disponibilità, potendo essi stessi decidere, nei fatti, se lavorare e in quale fascia temporale farlo, ovverosia, in termini giuridici, l’an e il quando della prestazione lavorativa.

 

Il rigetto delle ulteriori domande

Non provata la natura subordinata del rapporto di lavoro, la decisione in commento ha respinto le ulteriori domande dei ricorrenti in merito alle differenze retributive dovute sulla base dei minimali contrattuali invocati, all’illegittimità del licenziamento e al risarcimento del danno per violazione delle norme antinfortunistiche e per il non autorizzato trattamento dei dati personali dei lavoratori.

Con riferimento alle prime 2 domande accessorie, il Tribunale ha motivato il rigetto sulla base della non invocabilità della disciplina subordinata, che rende di conseguenza inapplicabili i parametri retributivi della contrattazione collettiva nazionale al compenso ricevuto dai fattorini e non sindacabile la decisione aziendale sul mancato rinnovo dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa intercorsi con i ricorrenti al momento della loro scadenza. Del pari, in relazione alla violazione dell’articolo 2087 cod. civ., per il quale: “L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”, l’esclusione della fattispecie giuridica del lavoro subordinato preclude, a sua volta, la sussistenza di qualsivoglia obbligo formativo e protettivo di Foodora verso i propri collaboratori: al contrario, la sentenza non ha mancato di rilevare l’obbligo dei lavoratori di garantire l’idoneità e l’efficienza del mezzo usato per le consegne, l’assenza di requisiti antinfortunistici dell’attrezzatura aziendale fornita ai riders, nonché l’omessa rivendicazione da parte dei lavoratori di danni subiti dall’utilizzo di casco, giubbotto e box.

Infine, la violazione della privacy non sussiste, secondo il giudice, per un triplice ordine di ragioni: innanzitutto, l’articolo 4, L. 300/1970, nell’escludere dal previo accordo in sede sindacale le apparecchiature digitali necessarie ai fini dell’esecuzione della prestazione lavorativa, è invocabile soltanto nel caso di rapporto subordinato, come più volte detto non sufficientemente provato nel caso di specie; altresì, l’applicazione da scaricare sullo smartphone dei ricorrenti va considerata uno strumento di lavoro ai sensi della citata disposizione, e quindi non avrebbe richiesto in ogni caso un preventivo accordo sindacale; infine, ogni rider ha ricevuto idonea e adeguata informativa sul trattamento dei propri dati personali.

 

Considerazioni conclusive

Pacifico che, quale che fosse stato il suo esito, la decisione in parola avrebbe suscitato commenti, critiche e adesioni, essendo la prima a risolvere un caso di c.d. sharing economy, appare nondimeno opportuno svolgere qualche considerazione, di tipo processuale e giuridico.

In più occasioni il giudice ha ribadito che l’istruttoria non ha sufficientemente provato l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato, fornendo l’evidenza positiva degli elementi caratterizzanti le prerogative datoriali. Se dette ripetute precisazioni possono apparire una scrupolosa applicazione del principio processual-civilistico della c.d. corrispondenza tra chiesto e pronunciato, prevista dall’articolo 112 c.p.c., è pur vero che nel processo del lavoro il giudice può esercitare poteri istruttori che vanno oltre le deduzioni istruttorie offerte dalle parti, ove ciò sia funzionale alla completa ricostruzione dei fatti e al conseguente inquadramento giuridico della fattispecie.

In proposito, la sentenza sembra tradire una certa debolezza argomentativa in ordine all’inadeguatezza degli elementi fattuali indicati dai ricorrenti a fondamento del potere direttivo, organizzativo e disciplinare esercitato da Foodora e declinato alla stregua di un continuo e pervasivo potere di dettare ordini, vigilare e controllare i prestatori di lavoro, che, nella fattispecie concreta, non è stato al contrario accertato.

Tuttavia, nell’esecuzione di prestazioni altamente qualificate come in quelle elementari, la prova positiva delle prerogative caratterizzanti la figura datoriale può essere intesa in senso maggiormente sfumato, non essendo necessario, in siffatte circostanze, dimostrare le ripetute indicazioni e direttive fornite dal datore di lavoro. In altri termini, qualora il lavoratore sia richiesto di svolgere prestazioni altamente qualificate – quale, esemplificando, un’operazione chirurgica non routinaria ovvero l’elaborazione di un progetto di edilizia strutturale – o, viceversa, estremamente semplici e ripetitive – quale, appunto, la consegna di cibo in sella a una biciletta ovvero l’effettuazione di pulizie di ambienti lavorativi –, il datore di lavoro può limitarsi a fornire indicazioni di massima, senza continui interventi direttivi, proprio in ragione dell’elevata, o viceversa scarsa, professionalità necessaria al lavoratore per eseguire la prestazione.

Proprio con riferimento alle mansioni semplici e ripetitive, la Suprema Corte ha avuto modo di precisare che “in casi del genere – laddove nel momento genetico del rapporto di lavoro siano state dalle parti puntualmente predeterminate le modalità di una prestazione destinata a ripetersi nel tempo – il potere direttivo del datore di lavoro potrà anche non assumere una concreta rilevanza esterna”.

Allo stesso modo, se è indubbio che l’espressione del potere disciplinare datoriale può pregiudicare e/o incidere sui diritti dei lavoratori, è del pari indubitabile che, nel caso di specie, l’esclusione dalla chat e/o dai turni aziendali avrebbe potuto essere apprezzata dal giudice in termini negativi per i lavoratori, posto che la scelta omissiva datoriale, benché formalmente libera, ha costituito il presupposto di fatto per la mancata esecuzione della prestazione dei fattorini e maturazione del compenso.

Oltretutto, se i riders e l’azienda sono rispettivamente liberi di eseguire e ricevere la prestazione, permettendo di qualificare l’esecuzione del rapporto in termini di lavoro autonomo per quanto attiene all’an e al quando della prestazione, nondimeno le modalità esecutive della medesima – il quomodo, appunto – sono state determinate in via unilaterale da Foodora, il cui potere organizzativo sotto il profilo della proprietà e predisposizione della piattaforma e dei turni, necessarie per l’esecuzione della prestazione tanto dei riders verso il committente quanto di quest’ultimo verso il cliente finale, avrebbe potuto esser apprezzato in termini giuridici rilevanti per l’applicazione dell’articolo 2, comma 1, D.Lgs. 81/2015.

Di detta disposizione, la decisione in commento sembra aver accolto un’interpretazione piuttosto restrittiva, confinandola nella galassia del lavoro subordinato, già caratterizzata dagli elementi qualificatori della soggezione al potere direttivo, gerarchico e disciplinare del datore di lavoro, e indirizzandola verso una funzione nella sostanza superflua, quando non addirittura inutile. Detta altrimenti, e sorvolando sul vivace dibattito sorto tra i commentatori in ordine alla natura della novella legislativa: assegnare a quest’ultima il compito di definire ulteriormente l’ambito applicativo della disciplina del lavoro subordinato alle ipotesi di etero-organizzazione spazio-temporale, rischia di implicare un ridotto spazio di invocabilità del suo contenuto, a detrimento della sua utilità e rilevanza. Infatti, appare piuttosto difficile argomentare che, riscontrata l’esistenza dei più volte ricordati elementi tipici della subordinazione che di per sé assicurano l’applicazione della disciplina di favore per il ricorrente, questi allarghi il thema probandum all’organizzazione spazio-temporale della prestazione resa, posto che la dimostrazione dell’esercizio delle facoltà direttive datoriali difficilmente si sarà discostata dalla prova della determinazione unilaterale del tempo e del luogo di esecuzione della prestazione.

 

[1] La sentenza precisa che “Il contratto che veniva sottoscritto aveva le seguenti caratteristiche (…): il lavoratore, una volta candidatosi per una corsa, si impegnava ad effettuare la consegna tassativamente entro 30 minuti dall’orario indicato per il ritiro del cibo, pena applicazione a suo carico di una penale di 15 euro”.

 

Si segnala che l’articolo è tratto da “La circolare di lavoro e previdenza“.

 

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