20 Aprile 2017

Trasfertismo: la portata innovativa delle nuove regole ne fa saltare la retroattività

di Luca Vannoni

Qualche mese fa, proprio su queste pagine, si segnalava in chiusura del commento alle nuove regole introdotte dal c.d. Decreto Fiscale in materia di criteri distintivi tra i regimi di trasferta e di trasfertismo la natura sostanzialmente innovativa, più che interpretativa della disposizione, che ovviamente era dichiarata come tale.

Con l’articolo 7-quinquies, D.L. 193/2016 (c.d. Decreto Fiscale), convertito nella L. 225/2016, nel tentativo di contrastare un orientamento giurisprudenziale che aveva delegittimato le interpretazioni di prassi sul tema, effettivamente non aderenti al crudo dato della norma, sono stati introdotti i seguenti criteri per l’applicazione del regime da trasfertista:

  • mancata indicazione nel contratto o nella lettera di assunzione della sede di lavoro;
  • svolgimento di un’attività lavorativa che richieda la continua mobilità del dipendente;
  • corresponsione al dipendente, in relazione allo svolgimento dell’attività lavorativa in luoghi sempre variabili e diversi, di un’indennità o maggiorazione di retribuzione in misura fissa, attribuita senza distinguere se il dipendente si è effettivamente recato in trasferta e dove la stessa si è svolta.

Ove, invece, non siano presenti contestualmente dette condizioni è riconosciuto il diverso trattamento previsto per le indennità di trasferta.

Tale norma, appunto, era stata dichiarata interpretativa, così da riconoscerne un’efficacia retroattiva anche ai contenziosi pendenti.

Tuttavia, con una recente ordinanza istruttoria della Corte di Cassazione, 18 aprile 2017, n. 9731, emergono le prime crepe di tale qualificazione.

Con tale ordinanza, ritenendo il carattere innovativo della disposizione del Decreto Fiscale, e quindi non applicabile a un giudizio ancora in corso, la sezione Lavoro ha rimesso la decisione della causa, per l’evidente contrasto con il dato formale della norma, a una decisione a Sezioni Unite.

Il punto dolente riguarda l’indennità da trasfertista. Nel comma 6, articolo 51 Tuir, si stabilisce infatti che le indennità e le maggiorazioni di retribuzione spettanti ai trasfertisti possano essere corrisposte anche con carattere di continuità.

L’errore, veramente grossolano, è stato il tentativo maldestro di recepire gli orientamenti di prassi sgretolati dalla Cassazione.

Provvedimenti come la circolare n. 326/E/1997 e la risoluzione n. 56/E/2000; la nota 20 giugno 2008 del Ministero del lavoro e l’Inps, con il messaggio n. 27271/2008, avevano forzato tale passaggio per considerare trasfertisti solo coloro che avevano un’indennità continuativa, e non per l’effettività del luogo del lavoro. Cosa ben diversa è il dato normativo, dove si dice che l’indennità del trasfertista può essere riconosciuta anche, e quindi non in via esclusiva, in modo continuativo; e che quindi possa applicarsi il regime del comma 6 anche a casi dove l’indennità è riconosciuta in via non continuativa.

Inspiegabilmente, nella norma interpretativa l’indennità del trasfertista deve essere fissa, qualificazione che, anche prendendo per buone le interpretazioni sopra richiamate, è ben diversa dalla continuità: in base alla nuova norma, infatti, un’indennità variabile a secondo di parametri predefiniti, ancorché continuativa, sarebbe incompatibile con il regime del trasfertista. Un contenuto innovativo sia verso il dato normativo dell’articolo 51, comma 6, Tuir, che non risulta modificato, sia verso le interpretazioni intervenute.

Con un sorriso singhiozzante sarcasmo, non si può non rilevare che l’intervento interpretativo sul punto, se si voleva chiudere il contenzioso in modo retroattivo, era perfettamente inutile, oltre che scorretto. Nel momento in cui si va ad evidenziare un ruolo fondamentale della definizione formale del contratto del luogo di lavoro, già si riconosce la possibilità ai datori di lavoro di rendere disponibile il regime della trasferta o del trasfertismo, anche con regimi di indennizzo diversificati. Al limite si poteva riprendere il concetto stretto della continuità, così da ammettere la trasferta in tutti i casi in cui l’indennità non è continuativa, rafforzando il concetto della disponibilità del regime applicabile (interpretazione che era appunto stata contrastata dalla Cassazione) emerso nella prassi, in quanto un richiamo nella norma, ancorché impreciso, alla continuità c’era. Ma introdurre la necessità dell’essere fissa, francamente non sembra essere un elemento risolutivo dei contenziosi pendenti. Non resta che attendere la pronuncia definitiva, ma l’occasione per poter mantenere i propri indirizzi sembra essere troppo ghiotta per la Suprema Corte.

 

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