12 Luglio 2018

Trasferta e trasfertismo: la retroattività chiude i contenziosi pendenti

di Luca Vannoni

Risulta particolarmente interessante, per poter testare la tenuta della Cassazione SS.UU. n. 27093/2017 sul contenzioso pendente relativo all’applicabilità del regime del trasfertismo in luogo di quello della trasferta, la recente ordinanza della Corte di Cassazione 22 giugno 2018, n. 16579: prima di analizzarne il contenuto, è bene ricordarne il retroterra in prossimità del quale va a collocarsi.

A seguito di un contrasto sorto tra giurisprudenza e prassi (disconosciuta spesso anche dagli stessi ispettori) in ordine alla possibilità di riconoscere l’indennità di trasferta esente ai c.d. lavoratori ontologicamente trasfertisti (ad esempio installatori, operai edili, etc.), è intervenuto il D.L. 193/2016, articolo 7-quinquies (convertito con L. 225/2016), il quale ha stabilito, a titolo di “Interpretazione autentica in materia di determinazione del reddito di lavoratori in trasferta e trasfertisti”, che l’articolo 51, comma 6, Tuir, si interpreta “nel senso che i lavoratori rientranti nella disciplina ivi stabilita sono quelli per i quali sussistono contestualmente le seguenti condizioni:

a) la mancata indicazione, nel contratto o nella lettera di assunzione, della sede di lavoro;

b) lo svolgimento di un’attività lavorativa che richiede la continua mobilità del dipendente;

c) la corresponsione al dipendente, in relazione allo svolgimento dell’attività lavorativa in luoghi sempre variabili e diversi, di un’indennità o maggiorazione di retribuzione in misura fissa, attribuite senza distinguere se il dipendente si è effettivamente recato in trasferta e dove la stessa si è svolta”, stabilendo ulteriormente che “ai lavoratori ai quali, a seguito della mancata contestuale esistenza delle condizioni di cui al comma 1, non è applicabile la disposizione di cui all’art. 51, comma 6, del testo unico di cui al citato D.P.R. n. 917 del 1986, è riconosciuto il trattamento previsto per le indennità di trasferta di cui al medesimo art. 51, comma 5”.

La qualificazione come norma di interpretazione autentica è stata poi oggetto di verifica da parte della richiamata Cassazione SS.UU. n. 27093/2017, innescata da alcune perplessità sulla tenuta di tale connotazione: ad ogni modo, con una minuziosa ricostruzione storica dell’evoluzione della disciplina e del contenzioso sorto, le Sezioni Unite hanno confermato la natura interpretativa, rendendo così applicabile l’articolo 7-quinquies, D.L. 193/2016, anche ai giudizi pendenti.

Arriviamo quindi alla recente ordinanza della Corte di Cassazione n. 16579/2018, relativa all’applicazione del regime da trasfertista, con un imponibilità al 50%, a indennità di trasferta considerate, viceversa, dal datore di lavoro come esenti entro le soglie dell’articolo 51, comma 5, Tuir, con una richiesta di contributi pari a circa 34.000 euro.

La Cassazione, ribaltando il giudizio di Appello, innanzitutto ha considerato applicabile il disposto del D.L. 193/2016, in quanto l’attività svolta in trasferta era soltanto prevalente e non continuativa e non comportava la corresponsione di un’indennità di trasferta in misura fissa. Viene così confermata la natura retroattiva, legata alla qualificazione come norma di interpretazione autentica.

A margine della stringata motivazione della questione centrale del giudizio, la Suprema Corte ha poi sottolineato come i rimborsi chilometrici versati dal datore di lavoro ai dipendenti, in occasioni di trasferte fuori del territorio comunale devono essere documentati per poter essere considerati connessi alle spese di viaggio da questi sostenute: ai fini dell’esclusione dall’imponibile contributivo, l’onere probatorio del datore di lavoro è assolto “documentando i rimborsi chilometrici con riferimento al mese di riferimento, ai chilometri percorsi nel mese, al tipo di automezzo usato dal dipendente, all’importo corrisposto a rimborso del costo chilometrico sulla base della tariffa Aci” (Cassazione n. 2419/2012).

 

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