24 Ottobre 2018

Tracciabilità delle retribuzioni: ulteriori chiarimenti dall’INL con la nota n. 7369/2018

di Salvatore Luca Lucarelli

L’INL, con la nota n. 7369/2018, fornisce nuove precisazioni e indicazioni operative al personale ispettivo in merito agli obblighi stabiliti dall’articolo 1, commi 910-913, L. 205/2017, facendo seguito alle note n. 4538/2018 e n. 5828/2018. In particolare, l’Istituto ispettivo, dopo aver riepilogato a grandi linee la normativa, fornisce ai funzionari le indicazioni operative in ordine alle informazioni rilevanti da raccogliere e alle modalità interlocutorie con gli istituti bancari.

 

Tracciabilità delle retribuzioni

La L. 205/2017, bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018, ha previsto all’articolo 1, comma 910, l’obbligo per i datori di lavoro e i committenti di corrispondere la retribuzione, ed eventuali anticipi della stessa, attraverso la mediazione di un istituto bancario o di un ufficio postale, e in particolare attraverso l’uso di uno dei seguenti strumenti:

  1. bonifico sul conto del lavoratore identificato da codice Iban;
  2. strumenti di pagamento elettronico;
  3. pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale dove il datore di lavoro abbia aperto un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento;
  4. emissione di un assegno consegnato direttamente al lavoratore.

Al comma successivo viene quindi ribadito il divieto alla base della normativa, in base al quale i datori di lavoro o committenti non possono corrispondere la retribuzione attraverso pagamenti in contanti direttamente al lavoratore, qualunque sia la tipologia del rapporto di lavoro instaurato.

Ai fini della normativa in parola, il comma 912 chiarisce che con l’espressione “rapporto di lavoro” deve intendersi “ogni rapporto di lavoro subordinato di cui all’articolo 2094 del codice civile, indipendentemente dalle modalità di svolgimento della prestazione e dalla durata del rapporto, nonché ogni rapporto di lavoro originato da contratti di collaborazione coordinata e continuativa e dai contratti di lavoro instaurati in qualsiasi  forma dalle cooperative con i propri soci ai sensi  della  legge  3  aprile 2001, n. 142”.

Lo stesso comma termina ribadendo, invero, un principio già ben consolidato, stabilendo che la firma apposta dal lavoratore “sulla busta paga” non costituisce prova dell’avvenuto pagamento della retribuzione.

La L. 205/2017 pone anche delle esclusioni dagli obblighi di tracciabilità, specificando, al comma 913, che le disposizioni di cui ai commi 910 e 911 non si applicano “ai rapporti di lavoro instaurati con le pubbliche amministrazioni (…), né a quelli comunque rientranti nell’ambito di applicazione dei contratti collettivi nazionali per gli addetti a servizi familiari e domestici, stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale”.

Ai datori di lavoro o committenti che non osservino l’obbligo di cui al comma 910 è prevista l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria, consistente nel pagamento di una somma da 1.000 euro a 5.000 euro.

La nota dell’Ispettorato è anche volta a fornire precisazioni alla precedente nota n. 4538/2018, nonché alla nota integrativa n. 5828/2018, fornendo indicazioni operative al personale ispettivo concordate con l’Ufficio legislativo del Ministero del lavoro e condivise con l’Associazione bancaria italiana (Abi), in ordine alle modalità di verifica dell’osservanza degli obblighi e dell’effettività dei pagamenti realizzati mediante gli strumenti previsti.

La nota evidenzia, in primis, che il divieto di pagamento in contanti riguarda tutti gli elementi della retribuzione e ogni anticipo della stessa e, pertanto, posto il tenore letterale della disposizione, l’utilizzo degli strumenti di pagamento previsti non risulta obbligatorio nei casi di erogazione di somme dovute a diverso titolo, quali ad esempio relative a spese che i lavoratori sostengono nell’interesse del datore di lavoro e nell’esecuzione della prestazione come anticipi e/o rimborsi spese di viaggio, vitto, alloggio. Tali somme potranno, pertanto, continuare ad essere corrisposte in contanti.

L’Ispettorato si sofferma in merito all’indennità di trasferta e, partendo dall’accoglimento dell’orientamento che vede in tale indennità, nei casi di superamento di determinati importi e in presenza di talune caratteristiche, una natura “mista” tra risarcimento e retribuzione, ritiene corretto ricomprendere tali somme nell’ambito degli obblighi di tracciabilità, diversamente, quindi, dalle somme, come i rimborsi documentati, che hanno esclusivamente natura restitutoria.

Tale orientamento è ritenuto dall’Ispettorato corretto anche in relazione alla ratio della disposizione, connessa alla necessità di garantire al personale ispettivo la possibilità di verificare gli effettivi importi versati al lavoratore forfettariamente e l’osservanza dei limiti di imponibilità fiscale e contributiva in materia di trasferte ex articolo 51, comma 5, Tuir.

La nota precisa, poi, che l’ipotesi di pagamento delle retribuzioni effettuato al lavoratore in contanti presso lo sportello bancario ove il datore di lavoro abbia aperto e risulti intestatario di un conto corrente o conto di pagamento ordinario soggetto alle dovute registrazioni, è lecita, in quanto analoga alla disposizione relativa al pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale dove il datore di lavoro abbia aperto un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento, essendo comunque assicurata la finalità antielusiva della norma.

Pertanto, precisa la nota, “l’esplicito riferimento al solo “conto corrente di tesoreria” non comporta che l’eventuale pagamento effettuato su conto corrente ordinario possa ritenersi illecito e come tale sanzionabile ex art. 1, comma 913”.

Anche in relazione all’emissione di un assegno consegnato direttamente al lavoratore, il pagamento delle retribuzioni con lo strumento del “vaglia postale” è percorribile, sempreché “siano rispettate le condizioni e le modalità di cui all’art. 49, commi 7 e 8, del D.Lgs. n. 231/2007 – ai sensi dei quali “gli assegni circolari”, vaglia postali e cambiari sono emessi con l’indicazione del nome o della ragione sociale del beneficiario e la clausola di non trasferibilità’ e ‘il rilascio di assegni circolari, vaglia postali e cambiari, di importo inferiore a 1.000 euro può essere richiesto, per iscritto, dal cliente senza la clausola di non trasferibilità – e vengano esplicitati nella causale i dati essenziali dell’operazione (indicazione del datore di lavoro che effettua il versamento e del lavoratore/beneficiario, data ed importo dell’operazione ed il mese di riferimento della retribuzione)”.

 

Verifiche ispettive presso gli istituti di credito

L’Ispettorato precisa, nella nota in parola, che le verifiche ispettive sono volte principalmente ad escludere la corresponsione della retribuzione in contanti direttamente al lavoratore, attraverso l’acquisizione di prove, anche documentali, attestanti l’utilizzo degli strumenti di pagamento di cui al comma 910. Nel caso di emersione di dubbi circa la corretta corresponsione della retribuzione attraverso tali strumenti, gli organi ispettivi possono procedere a un controllo ulteriore, diversificato nelle modalità in base al sistema di pagamento adottato e differenziato dall’Ispettorato come segue:

  • bonifico sul conto identificato dal codice Iban indicato dal lavoratore: l’istanza di verifica va indirizzata alla filiale dell’istituto di credito dove è acceso il conto corrente del datore di lavoro, identificato mediante Iban, dal quale è stato disposto il bonifico;
  • strumenti di pagamento elettronici: gli uffici ispettivi dovranno fornire alla banca del datore di lavoro le stesse informazioni previste per i pagamenti eseguiti a mezzo bonifico (codice Iban del beneficiario) e riceveranno dalla stessa le informazioni utili, essendo infatti i pagamenti effettuati in favore di una carta di pagamento dotata di Iban eseguiti dalle banche tramite bonifico, mentre il versamento dello stipendio su una carta prepagata non dotata di Iban si realizza mediante un’operazione di ricarica della carta stessa. L’avvenuto pagamento può, in questo caso, come già indicato nella nota integrativa n. 5828/2018, essere dimostrato unicamente dal datore di lavoro esibendo la ricevuta rilasciata dalla banca che ha emesso la carta, nella quale sono riportate data e importo della ricarica;
  • pagamento in contanti attraverso conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento e attraverso conto corrente/conto di pagamento ordinario: il personale ispettivo comunica alla banca del datore di lavoro il codice fiscale e i dati anagrafici dei lavoratori. Dopo le dovute verifiche, la banca provvederà a segnalare le informazioni rilevanti (data e importo erogato in caso di effettiva riscossione, retribuzione disponibile in caso di mancato ritiro da parte del lavoratore, le somme messe a disposizione ma restituite al datore di lavoro per superamento dei termini di giacenza);
  • emissione di un assegno consegnato direttamente al lavoratore o, in caso di suo comprovato impedimento, a un suo delegato: nelle ipotesi di versamento tramite assegni bancari gli uffici dell’Ispettorato potranno chiedere evidenza degli stessi, tratti e pagati sul conto del datore di lavoro, in un determinato periodo di tempo, considerando però che l’Istituto di credito del datore di lavoro può non conoscere il soggetto in favore del quale l’assegno è stato emesso e pagato (qualora l’assegno sia passibile di girata – importo inferiore a 1.000 euro – il beneficiario potrebbe essere diverso dal soggetto che ha incassato il titolo). Nell’eventualità di pagamento della retribuzione effettuato a mezzo assegno circolare di cui il datore di lavoro abbia fatto richiesta di emissione presso una banca (ove intrattiene un rapporto di conto ovvero abbia versato delle somme), quest’ultima potrà fornire evidenza del beneficiario in favore del quale il titolo è stato emesso.

 

Modalità operative delle verifiche

Al fine di garantire la certezza delle comunicazioni e delle tempistiche, la richiesta da parte del personale ispettivo nei confronti degli Istituti di credito deve avvenire tramite fac-simile fornito dall’INL e, preferibilmente, a mezzo Pec, direttamente alla filiale presso la quale il datore di lavoro intrattiene i rapporti di conto a valere sui quali è stato effettuato il pagamento con bonifico, strumenti di pagamento elettronico o in contanti. In caso di pagamento mediante assegni, nel caso in cui il lavoratore indichi al personale ispettivo la banca (codici ABI e CAB) presso la quale l’assegno è stato versato, sarà possibile interrogare direttamente la banca stessa negoziatrice dell’assegno. La nota indica anche una tempistica per la risposta da parte dell’Istituto di credito, che potrà intervenire entro termini di volta in volta definiti tra banca e l’ITL – ma di norma non inferiori a 30 giorni – in relazione al tipo di accertamento, al periodo di riferimento dell’indagine e alla quantità di informazioni richieste. Oltre a risvolti puramente operativi, le tempistiche dovranno essere monitorate e dimostrabili anche conservando il mezzo di trasmissione della richiesta effettuata, con attestazione della data di invio e di ricezione, considerato che tale data assume rilevanza nell’ambito del procedimento istruttorio, anche ai fini della decorrenza o eventuale interruzione dei termini previsti dall’articolo 14, L. 689/1981. La nota precisa, altresì, che nell’eventualità di riscontro da parte del personale ispettivo di pagamenti in contanti per un importo mensile complessivamente pari o superiore a 3.000 euro, “si configura anche la violazione dell’art. 49, comma 1, del D.Lgs. n. 231/2007 che andrà segnalata, ai sensi del successivo art. 51, comma 1, alle Ragionerie Territoriali dello Stato competenti in base al luogo ove è avvenuto il pagamento o, se ignoto, in base al luogo di accertamento, ai fini della contestazione, da parte degli organi competenti, dell’illecito amministrativo di cui al successivo art. 58”.

 

Si segnala che l’articolo è tratto da “La circolare di lavoro e previdenza“.

 

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