15 Dicembre 2020

Torniamo ad appoggiare i piedi per terra

di Riccardo Girotto

Il 31 gennaio 2021 segnerà la scadenza, si ritiene prorogabile, dello smart working in forma agevolata. Alla luce del recente ricorso veemente allo strumento, alimentato più dalla tutela della salute che da uno spunto organizzativo innovatore, il lavoro agile si appresta a un esame di coscienza ineludibile che ne definirà la consacrazione, la fine o semplicemente il percorso di maturazione con gli aggiustamenti del caso.

L’emergenza pandemica, soprattutto nel mondo del lavoro, non sembra affatto conclusa, viene quindi da chiedersi se gli stakeholders del lavoro agile siano davvero pronti alla conversione degli attuali rapporti alla disciplina ordinaria. Partendo proprio da questo dubbio, prendiamo atto con responsabilità dei punti critici determinati dalla secca applicazione dell’istituto, invisa alle reiterate, banalizzanti, sponsorizzazioni mediatiche.

Vale la pena chiedersi se la L. 81/2017, rubricata “statuto del lavoro autonomo”, che in seconda parte dedica i propri sforzi a regolare un rapporto di per sé subordinato “… lavoro agile quale modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti …” risulti ancora attuale, considerato come dalla sua nascita sia risultata per un biennio quasi inapplicata, a cospetto dell’impennata del ricorso allo strumento ancoratosi quest’anno ai suoi profili di deroga. Un esercizio di richiamo alle criticità del ritorno al passato, dimenticando per un momento che si tratta di mero ritorno alla Legge, permetterà di misurare le possibili aspirazioni di conferma d’interesse alla misura.

Innanzitutto, lo strumento ordinario in epoca antecedente alla pandemia ha trovato residenza soprattutto in azienda molto strutturate, caratterizzate da relazioni sindacali mature; aziende dove il lavoro agile veniva, di fatto, già applicato prima del 2017 o sarebbe stato comunque soddisfatto da regolamentazione interna, anche in assenza di precipuo assetto normativo. Alla luce dell’esperienza descritta, nonché di quanto accaduto in quest’anno portatore di uno sviluppo trasversale della materia, pare difficile prevedere la conferma del lavoro agile nelle realtà di dimensioni contenute, in assenza di uno scheletro normativo calato su misura. Basterebbe questo primo monito a giustificare la necessaria manutenzione dello “Statuto del lavoro autonomo”.

Secondo aspetto critico è rappresentato dalla gestione dell’orario di lavoro. La definizione dell’articolo 18, comma 1, L. 81/2017, “… entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva …” non apre affatto a una logica ermeneutica di libertà totale del lavoratore nella definizione del proprio orario giornaliero, non sembra, inoltre, derogare ad alcun profilo direttivo proprio della subordinazione. L’orario di lavoro viene definito dal datore in relazione all’organizzazione aziendale, lo stesso è ben conscio che l’assenza dalla sede non deroga affatto l’obbligo di retribuire le ore disagiate (siano queste straordinarie, festive, notturne, etc.), applicando le maggiorazioni contrattualmente previste. La libertà concessa al dipendente nella gestione del proprio orario di lavoro è, infatti, sempre stata applicabile ai rapporti da svolgersi in una sede fisica, producendo esattamente i medesimi risvolti retributivi riscontrabili nell’esecuzione agile della prestazione. Il superamento dell’obbligo alle maggiorazioni, flessibilizzando concretamente le prestazioni, dovrà trovare regolamentazione in accordi specifici, ambiziosi e tutt’altro che scontati, di deroga alla parte retributiva dei Ccnl, mentre le deroghe a principi assolutamente indisponibili, quali pause e riposi, francamente non si vede come possano trovare soddisfazione nell’articolazione agile della prestazione.

Ancora più complessa la rivoluzione culturale, di cui tanto si parla ma poco si regola, che sposta l’indice retributivo verso il risultato, allontanandosi dal tempo di lavoro. Interessante l’incipit dell’articolo 18, comma 1, L. 81/2017, “… anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi …”, cavalcato dall’onda propagandistica, che però non trova assistenza giuridica alcuna, stante l’impatto interpretativo dell’articolo 36, Costituzione, nell’esperienza anche moderna. Per il futuro la retribuzione misurata sul tempo confermerà la propria leadership ancora per molti anni, con buona pace di chi vede spiragli di responsabilità produttiva condivisa, ma che in questi mesi, complice la vicenda riders, potrà prendere atto dell’assenza di spazio di trattativa. Certo, si potrà trovare una controparte sindacale, per le aziende predisposte a questa pratica, disponibile a legare elementi retributivi aggiuntivi a quelli minimi al risultato degli smart workers, anche in questo caso esattamente ciò che accade da almeno vent’anni nella gestione del lavoro in sede.

Procedendo con l’analisi delle criticità che dovremmo affrontare nell’applicazione della forma ordinaria del lavoro agile, non può che analizzarsi lo spauracchio della sicurezza sul lavoro. Ogni evento incidente nella sfera infortunistica espone il datore di lavoro alla diabolica prova della condivisione, rendendosi quasi impossibile l’esonero di responsabilità. Si pensi al momento in cui gli agenti protagonisti dell’evento integrano la causa violenta in occasione di lavoro, in luogo e momento sconosciuto all’imprenditore, senza testimoni di estrazione aziendale, senza mezzi certificati e verificabili dallo stesso. La pandemia ha semplificato forse troppo questo aspetto, a causa della permanente assenza dalla sede assegnata (che dovrà tornare ad essere alternata), che prepotentemente tornerà a minare lo sganciamento della prestazione dal luogo di lavoro. La sicurezza risulta il primo assoluto tema che la nuova disciplina dovrà affrontare. Nella discussione propedeutica, i rappresentanti della parte datoriale dovranno aver ben chiari rischi potenziali e le attività di monitoraggio spendibili.

Infine, meritano un richiamo tutti i rapporti a contenuto formativo, dai tirocini ai veri e propri contratti di apprendistato, in specie nella forma professionalizzate. Non è secondario accertare cosa ne sarà di loro. La formazione in assenza di contatto con il formatore è sicuramente un obiettivo utopico. La formazione professionalizzante, in particolare, è valorizzata proprio dai contenuti di prossimità, nata per avvicinare il giovane al lavoro e ai maestri. Anche si riuscisse a legare il lavoro agile a un’ottica di risultato, quello dell’avvenuto addestramento si confermerebbe di complessa realizzazione, salvo, anche in questo caso, una profonda revisione normativa che prenda in considerazione una forma di progetto formativo a distanza.

Volendo superare i profili oltremodo vessati dall’esperienza di lavoro nella pandemia, quali: la socialità, la condivisione dell’etica aziendale, gli aspetti di team building e identità; la pura definizione degli aspetti normativi anche minimi, a proposito dei temi richiamati, richiederà uno sforzo estremo. Al momento non si sono visti passi in avanti in questo senso e ciò non fa ben sperare, stante la certezza che i profili di matrice fortemente culturale tarderanno oltremodo a modificarsi.

Concludendo, è probabile che solo le aziende dalla rilevante forza organizzativa si affacceranno allo strumento noto, le restanti si troveranno a gestire una situazione sospesa, consce che forse l’emergenza del richiamo in sede di tutte le persone che in questi mesi hanno modificato il proprio approccio lavorativo rappresenterà l’unico stimolo alla tristemente nota normativa tampone.

Ancora una volta sembra evidente come il tempo a disposizione in questi mesi non sia servito a preparare il dopo emergenza. A tutto questo troveremo comunque una soluzione, che non può non essere conservativa, senza farci trasportare dalla facile propaganda del lavoro su sede variabile, per risultati e senza limiti orari.

Piedi al suolo e testa ben ancora alle spalle.

 

Segnaliamo ai lettori che è possibile inviare i propri commenti tramite il form sottostante.

 

Centro Studi Lavoro e Previdenza – Euroconference ti consiglia:

Strumenti di lavoro – Rivista