14 Febbraio 2019

Un terzo genere nel mondo del lavoro italiano: i riders di Foodora sono collaboratori etero-organizzati

di Evangelista Basile

Farà senz’altro parlare di sé la decisione n. 26/2019 della Corte d’Appello di Torino, che, pur riformando parzialmente la sentenza di primo grado, ha escluso la natura subordinata del rapporto intercorso tra i riders e Foodora, fornendo un’interpretazione “discutibile” del precetto contemplato all’articolo 2, comma 1, D.Lgs. 81/2015.

Il Collegio torinese, dopo aver esaminato le testimonianze raccolte nel corso del primo grado di giudizio e aver ammesso solo parzialmente le nuove produzioni documentali offerte dai lavoratori appellanti, si è conformata alla pronuncia del Tribunale torinese laddove ha ritenuto decisiva la circostanza per cui i riders potevano liberamente scegliere se e quando lavorare, senza dover giustificare le ragioni della loro decisione.

I giudici della Corte, invece, non hanno condiviso l’interpretazione offerta dal magistrato di prime cure in tema di collaborazioni autonome etero-organizzate, di cui all’articolo 2, comma 1, D.Lgs. 81/2015. Secondo il Collegio, la norma individuerebbe un terzo genere contrattuale, che si porrebbe in una via mediana tra il rapporto di lavoro subordinato di cui all’articolo 2094 cod. civ. e la collaborazione come prevista dall’articolo 409, n. 3, c.p.c. (a ben vedere, si dovrebbe parlare di quarto genere, computando anche il lavoro autonomo “puro”).

Alla luce del tenore letterale della norma, ad avviso della Corte d’Appello, i collaboratori etero-organizzati non avrebbero diritto alla costituzione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato tra le parti, bensì soltanto all’applicazione della disciplina del rapporto di lavoro subordinato limitatamente a sicurezza e igiene, retribuzione diretta e differita, limiti di orario, ferie e previdenza.

Pur ritenendo applicabili le tutele tipiche di un contratto di lavoro subordinato, la Corte d’Appello ha stabilito che la domanda di impugnazione del licenziamento doveva essere respinta, sia perché non vi è riconoscimento della subordinazione, sia perché i contratti sono cessati per naturale scadenza del termine.

La sentenza, nonostante si sia espressa su una norma definita dallo stesso Collegio “di non facile interpretazione”, non ha tenuto in alcun modo conto delle indicazioni fornite dal Ministero del lavoro con circolare n. 3/2016, secondo cui, da un lato, “il Legislatore, rispetto alle fattispecie indicate dall’ art. 2, comma I, in esame, ha inteso far derivare le medesime conseguenze legate ad una riqualificazione del rapporto” e, dall’altro, “la formulazione utilizzata dal Legislatore, di per sé generica, lascia intendere l’applicazione di qualsivoglia istituto, legale o contrattuale (ad es. trattamento retributivo, orario di lavoro, inquadramento previdenziale, tutele avverso i licenziamenti illegittimi ecc.), normalmente applicabile in forza di un rapporto di lavoro subordinato”.

Non è difficile immaginare che i riders non si accontenteranno del parziale accoglimento delle loro pretese e coinvolgeranno la Corte di Cassazione, quanto meno sul tema dell’interpretazione dell’articolo 2, comma 1, D.Lgs. 81/2015.

 

Segnaliamo ai lettori che è possibile inviare i propri commenti tramite il form sottostante.

 

Centro Studi Lavoro e Previdenza – Euroconference ti consiglia:

Lavoro autonomo e collaborazioni