La tassazione di somme erogate in sede transattiva
di Roberto LucariniPartendo dal presupposto generale di non poter dare nulla per scontato, neanche il lavoratore – una volta definita una controversia di lavoro (dopo liti e urla varie e firma di una conciliazione), ricevendo la somma a titolo transattivo dal datore – può pensare che sia scritta la parola fine. Già la normativa prevede che l’Agenzia delle entrate faccia un ulteriore conteggio finale liquidando l’imposta, ove dovuta, potendo in seguito accadere che la tassazione così effettuata risulti al contribuente non corretta. Ecco, quindi, iniziare la battaglia nelle Commissioni tributarie e, se del caso, proseguire in Cassazione.
La circostanza si è materializzata a un soggetto che, riscossa una somma a titolo transattivo per rinuncia all’impugnazione di un licenziamento, si è visto richiedere una somma a titolo d’imposta dall’Agenzia delle entrate. Il tipo non ci sta e ricorre alla Commissione tributaria di 1° grado, che concorda con lui; la lite prosegue in 2° grado, su ricorso dell’Agenzia, e il contribuente vince anche in Appello. Viene quindi trascinato in Cassazione e lì, al contrario, gli fanno presente che quanto da lui preteso non è corretto (sentenza n. 11634/2019).
Tutto si gioca attorno alla famigerata tassazione separata, giusta concettualmente, ma non troppo agevole nella sua concreta effettuazione.
La somma ricevuta è soggetta a tale forma impositiva ex articolo 17, comma 1, lettera a, Tuir; fin qui tutti d’accordo.
Ma il successivo comma 3 del medesimo articolo rimanda, per il calcolo dell’aliquota applicabile, agli articoli 19 o 21, Tuir. Due modi differenti di calcolo:
- articolo 19: “in base all’aliquota media di tassazione dei cinque anni precedenti a quello in cui è maturato il diritto alla percezione”;
- articolo 21: in base all’“aliquota corrispondente alla metà del reddito complessivo netto del contribuente nel biennio anteriore all’anno in cui è sorto il diritto alla loro percezione”.
Per il contribuente si deve applicare l’articolo 21; per l’Agenzia delle entrate, invece, l’articolo 19.
Per i giudicanti, che hanno l’ultima parola, ha ragione l’Agenzia, in quanto l’articolo 21 richiama a sé molte delle ipotesi previste a tassazione separata, ma non quella in esame. E, in effetti, scorrendo il citato articolo 19 ci si accorge che, al comma 2, esso prevede la propria applicazione per “le altre indennità e somme indicate alla lettera a) del comma 1 dell’articolo 17”.
Siamo di fronte, al solito, a un labirinto di norme che si intrecciano e si rimandano tra loro. In schema si potrebbe dire:
- l’articolo 17, comma 1, lettera a, inquadra la fattispecie;
- l’articolo 17, comma 3, ne rimanda la forma di tassazione agli articoli 19 o 21, Tuir;
- l’articolo 19, comma 2, ne richiama a sé l’applicazione, rimandando al proprio comma 1.
In sostanza, il malcapitato dovrà sborsare un importo diverso rispetto a quello da lui preventivato. Problema suo se è rimasto intrappolato tra articoli e comma.
In verità l’ordinamento tributario, ma qualunque altra forma di normativa, dovrebbe essere piuttosto lineare e chiaro, evitando trappole interpretative che, al contrario, sono sempre dietro l’angolo. Pensate, ad esempio, al calcolo della tassazione separata in tema di Tfr: provate a volervi male e a svilupparlo a mano, senza ausilio del software. Auguri…
La domanda è la stessa, ormai divenuta quasi retorica: è mai possibile che non si possa approntare una normativa più lineare e semplice?
Pare di no. L’ufficio complicazione cose semplici non va mai in ferie!
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Centro Studi Lavoro e Previdenza – Euroconference ti consiglia:
30 Maggio 2019 a 11:59
E’ l’art. 51 del TUIR novellato dal D.Lgs. N. 314/1997 ma ancor più la circolare ministeriale N. 326/E/97 che ha stabilito che fanno parte del reddito da lavoro dipendente le somme ed i valori comunque percepiti a seguito di transazioni anche novative intervenute in costanza di rapporto di lavoro o dalla cessazione dello stesso.
Da qui la tassazione con modalità ordinaria.
25 Luglio 2019 a 12:06
E’ sempre un piacere leggerti sia per i contenuti altamente professionali sia per la semplicità e chiarezza espositiva che per il modo ironico direi anche divertente con cui vengono trattati nonostante la “pesantezza degli argomenti”.
Premesso che concordo in toto permettimi una ” scherzosa divagazione”: In un momento di ” depressione e masochismo professionale”, era venuta meno la resilienza ahh ahhh, ho provato a ” fare a mano” ( in verità volevo controllare il risultato prodotto dal software) la tassazione di un tfr ( lavoratore in forza da prima del 2000, tanto per non farmi mancare nulla).
Conclusione?. dopo vari tentativi ( mai sono arrivato allo stesso risultato) mi sono detto: speriamo che la software house si meriti quanto versato per i programmi e sono uscito dallo studio ( sono andato al bar a farmi un prosecchino ahh ahh).
A proposito dell’ufficio complicazione cose semplici ( sempre esistito e difficile che in futuro venga eradicato) ricordo un aneddoto, riferito alla Real Marina del Regno delle Due Sicilie, che più o meno recitava: facite ammuina ( dialetto Napoletano). In pratica l’equipaggio doveva continuare a girare per la nave senza avere un compito specifico pur di dimostrare, agli occhi di chi comandava, di essere utile ed efficiente. Bene parlo del 1840 o giù di li oggi siamo nel………….. è cambiato qualcosa? …………… ai posteri ecc. ecc…
Un cordiale saluto alla prossima
26 Luglio 2019 a 12:51
Caro amico,
grazie per i complimenti, fanno sempre tanto piacere.
Credo che un blog debba essere gestito con il giusto equilibrio tra contenuto ed un pizzico di ironia. Spero di riuscirci sempre, cosa non scontata.
Su quanto mi racconti ti credo sulla parola: il calcolo per la tassazione del TFR, fatto a mano, è una moderna forma di tortura. Io, al contrario, proverei una tortura medievale su chi l’ha ideato. Speriamo che il software funzioni sempre bene….
Hai ragione anche sul fatto che nel nostro Paese non cambia nulla, in meglio; il Paese del Gattopardo.
Un caro saluto.
Roberto
18 Dicembre 2020 a 18:36
Grazie. Siete stati molto chiari per quanto la materia non sia assolutamente facile
27 Luglio 2021 a 11:06
Grazie per questo articolo, molto esplicativo. Sto però cercando chiarimenti riguardo alla dicitura “in base all’aliquota media di tassazione dei cinque anni precedenti a quello in cui è maturato il diritto alla percezione”;
Quando matura effettivamente il diritto alla percezione e di conseguenza quali sono i 5 anni precedenti la data in cui matura tale diritto?
In pratica la mia conciliazione, relativa a una causa per illecita cessione di ramo d’azienda, cessione avvenuta nel 2012, si è risolta nel 2017 appunto con una conciliazione. È ragionevole che l’Agenzia delle Entrate calcoli gli interessi sulla somma percepita nel 2017 basandosi sui redditi precedenti il 2012? Quando di fatto nei 5 anni precedenti il 2017 sono stata sostanzialmente disoccupata?