Stereotipi al lavoro: al via la discussione
di Giulia Bezzi - CEO di SeoSpirito e Founder Progetto Le ROSASpesso ne parlo nella mia community ed è un tema che mi sta molto a cuore, sul quale, se avete statistiche da suggerirmi, avrei ben piacere di leggerle.
Vi racconto un episodio vissuto qualche anno fa: riunione tra Soci di Società differenti, io con il mio Socio, davanti a me 3 Soci maschi e l’assistente personale di uno di loro.
Entro in sala con la mia agenda, non mi presento certo come l’AD della mia Azienda, dando anche per scontato che, essendo lì, non potevo che essere un dirigente.
Mi siedo e l’assistente chiede chi vuole caffè, girandosi dalla parte del mio Socio dice “E la sua assistente lo beve?”. Incalza uno dei 3 che non conosceva il mio ruolo “Già, signorina cosa preferisce da bere?”.
Quando ho spiegato chi ero, entrambi hanno risposto che erano stati tratti di inganno dalla mia agenda con blocco appunti. Uomo e donna stesso pensiero.
Ecco, al lavoro dobbiamo pensare a far sì che le cure parentali siano serenamente gestite da entrambi i sessi con asili nidi comodi o meno costosi possibili e flessibilità di orari nei primi anni di vita del bambino, ma, poi, dobbiamo scardinare tutto ciò che anni e anni di abitudini hanno visto la donna segretaria e l’uomo capo, anche quando questo non lo è.
Sono cresciuta in un ambiente maschile, in cui, fatalità, la mia collega era sempre quella che scriveva il report della riunione: ma perché, agli uomini danno meno cellule cerebrali per riassumere?
Ho sentito più volte dire dalle mie colleghe alla segretaria di turno: “un classico gnocca e senza cervello, te lo dico io, quella sta lì solo perché non è stata sopra la scrivania ma sotto”.
Già, perché dobbiamo tutte nascere racchie, brufolose, basse e con il QI di Margherita Hack per fare l’assistente del dirigente, così da evitare che il nostro stesso genere ci denigri.
E, ancora, siamo sinceri con noi stessi, e voi uomini pensateci con noi: quante volte prima di un evento, un congresso o una riunione importante avete pensato a che vestito indossare?
Se metto troppo corto non va bene, perché quando mi siedo e accavallo le gambe si vede troppo la coscia; se metto troppo stretto non va bene, perché si vede troppo il sedere; se metto troppo scollato non va bene, poi non mi guardano in faccia.
E potrei andare avanti all’infinito, anzi, mi piacerebbe pure conoscere tutti gli episodi di questo tipo per poterli prendere e scardinarne uno a uno. Scrivetemeli!
C’è soluzione: per me è sempre sì.
Partire da quella solidarietà di cui noi donne tanto ci laviamo la bocca e dimostrarla con la segretaria del Dirigente, perché ce l’abbiamo tutti nei grandi uffici o abbiamo una collega dalla bellezza incredibile con cui avere a che fare o, come per me, altre splendide imprenditrici. Spogliamoci per prime degli stereotipi in cui viviamo. Siamo la metà del mondo, no? Faremo sicuramente la differenza.
A volte bastano piccoli atti di coraggio:
- un diniego al report della riunione: “Fallo tu, Mario”;
- basta fare il caffè per tutti “Ragazzi, vi insegno, capisco possa essere difficile la prima volta”;
- diciamolo alle nostre colleghe alla macchinetta del caffè “Ma, al posto di guardare quanto gnocca è lei, perché non pensate a quanto poco lo siete voi?”.
La parità di genere non è solo grandi gesti plateali, che servono sempre, sia chiaro, è anche modificare ciò che si vive, un po’ pensando all’effetto farfalla che ho amato tanto studiare in fisica per la teoria del caos: “Può, il batter d’ali di una farfalla in Brasile, provocare un tornado in Texas?”.
Piccole variazioni nelle condizioni iniziali possono produrre grandi variazioni nel comportamento a lungo termine di un sistema. Era il 1962, lo diceva Edward Lorenz, meteorologo. A me piace credere che sia proprio così. Pensateci quando sta per capitare. E cambiate atteggiamento.
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