4 Settembre 2018

Il nuovo sgravio contributivo per l’assunzione di giovani

di Roberto Lucarini

Nell’ambito della conversione in legge del Decreto Dignità, o come altro vorrete chiamarlo, il Legislatore ha pensato bene di dare una nuova spinta all’occupazione giovanile. Lo ha fatto ricalcando, in qualche modo, la disposizione già presente per l’anno in corso, e introdotta ex L. 205/2017. La chiave è, come sempre, lo sgravio contributivo; l’oggetto riguarda l’assunzione di giovani che non abbiano ancora compiuto i 35 anni di età.

Per gli anni 2019 e 2020, misura quindi non strutturale ma a tempo, i datori di lavoro che assumeranno tali lavoratori con contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, soggetti ritenuti svantaggiati nell’ambito del mercato del lavoro, avranno la possibilità di usufruire di un esonero dal versamento del 50% dei complessivi contributi previdenziali a loro carico; il tutto per 36 mesi, ma nel limite massimo di 3.000 euro su base annua, riparametrato e applicato su base mensile. Conditio sine qua non, è che il soggetto assunto non sia mai stato occupato, a tempo indeterminato, con il medesimo o con altro datore di lavoro; non valgono a tal fine eventuali rapporti di apprendistato non trasformati in contratti a tempo indeterminato.

Come anticipato la misura non è nuova, ma si muove sul solco di quella tutt’ora in vigore ma in scadenza col 2018. Ma da questa eredità, inevitabilmente, il problema di fondo: la verificabilità del requisito, nel giovane, riguardante l’assenza del sopra citato contratto. È vero che è possibile procurarsi la scheda professionale, tramite il Centro per l’Impiego, così come appare opportuno farsi rilasciare un’apposita dichiarazione circa tale presupposto; ma è altrettanto vero che sarà comunque il datore di lavoro, in caso di riscontrata inesistenza del requisito, a subire le conseguenze immediate.

Per fortuna, ad eccezione di tale “rischio”, la struttura burocratica di tale forma di assunzione agevolata appare abbastanza snella. Rispetto ad altre situazioni, in cui la nostra burocrazia è riuscita a dare il meglio di sé, ci si può accontentare.

Tutti conosciamo, in fondo, la situazione lavorativa precaria di molti dei nostri giovani; così come abbiamo coscienza dell’aggravio di costi (leggasi cuneo fiscale e contributivo) che le aziende devono sostenere per ogni lavoratore. Un taglio a tale cuneo è, quindi, casa buona e giusta; punto di riferimento, inutile dirlo, sarebbe invece una sua riduzione strutturale, la quale, come tutti sanno o dovrebbero sapere, può solo passare attraverso una corretta riduzione della spesa pubblica (la tanto reclamizzata, ma poco praticata, spending review).

La spinta è, naturalmente, verso un contratto stabile (tempo indeterminato) nella nuova versione a tutele crescenti, in ciò condividendo lo spirito con quanto modificato, dal medesimo decreto, sul tema del contratto a termine. La differenza, a mio modesto parere, sta tuttavia nel fatto che, sia pure animati dalla stessa ratio, i due provvedimenti vanno, sul piano pratico, in senso opposto: buono ai fini occupazionali lo sgravio per assunzione giovani; di ordine negativo, sul medesimo piano, quello relativo alle restrizioni al contratto a termine.

Sarà il futuro, con i suoi incontrovertibili dati sull’occupazione, a dirci se questo giudizio è corretto o meno. Gli scenari macroeconomici, già dal prossimo autunno, non sembrano dei migliori; il test sui citati provvedimenti sarà probabilmente parecchio duro. Speriamo bene …

 

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