La settimana finanziaria
di Mediobanca S.p.A.IL PUNTO DELLA SETTIMANA: Stati Uniti: rallentamento della domanda e minori spinte inflazionistiche
- Nell’attuale fase congiunturale i dati relativi all’economia statunitense iniziano a fornire indicazioni eterogenee sull’intensità del rallentamento in atto nel paese
- Tutti gli indicatori di inflazione confermano che quella statunitense ha raggiunto il suo picco a giugno 2022 a 9,1% a/a ed ora si trova su un trend decrescente
- Il mercato del lavoro appare ancora sotto pressione, ma potrebbe incorporare un bais di stima. Riteniamo che la FED agirà con prudenza e valutando i dati riunione per riunione
Nel 2022 la Federal Reserve ha alzato i tassi di interesse per contenere l’inflazione, ancorandone le aspettative e cercando di raffreddare la domanda interna. Il nostro indicatore proprietario di business cycle aggiornato con i dati di dicembre conferma il successo di questa strategia e colloca il paese in una fase di rallentamento, con momentum di inflazione e crescita entrambi negativi. Tuttavia, se la direzione del ciclo economico, guidata dalla politica della Federal Reserve, è chiara, la velocità e la reale intensità del rallentamento di queste due dimensioni restano difficili da valutare, poiché la crisi Covid ha reso meno intellegibili le statistiche macroeconomiche post-pandemia usate per valutare il ciclo economico. A che punto è la crescita? Gli indicatori di crescita sono al momento insolitamente eterogenei e il consensus resta diviso tra chi prevede nel 2023 una frenata brusca (hard landing) dell’economia statunitense e chi un atterraggio più morbido (soft landing). La sorpresa rilevata sui dati economici in uscita è tornata negativa da metà dicembre, la stima GDPNow della Fed di Atlanta per la crescita registrata in T4 2022 si attesta su un robusto 3,5%, mentre l’indicatore della Fed di New York, Weekly Economic indicator si attesta a 0.87% per T1 2023. Questa settimana la pubblicazione del Beige Book, preparato per la prossima riunione del FOMC, riporta un’attività economica stagnante, con consumi modesti, frenati dal calo del potere d’acquisto delle famiglie legato all’inflazione, soprattutto nella parte bassa della distribuzione del reddito. Il comparto manifatturiero risulta in calo, frenato da una decelerazione degli ordini. Gli indici PMI mostrano una frenata importante: l’indice ISM a dicembre è scivolato sotto la soglia di espansione per il secondo mese consecutivo (attestandosi a 48.4 in dicembre) con la componente dei nuovi ordini scesa a 45.2 in dicembre. La frenata degli indici PMI potrebbe essere spiegata dalla normalizzazione post-Covid delle catene di produzione/distribuzione e non segnala a nostro avviso l’approssimarsi di una recessione, questo perché gli indici PMI valutano la variazione rispetto ai mesi precedenti e non adottano un criterio di confronto con i livelli medi storici, rischiando di sovrastimare la frenata degli indicatori dopo l’eccezionale accelerazione del 2022. In chiave storica, gli ordini industriali risultano ancora sopra la media di espansione. La descrizione del Beige Book supporta le previsioni di consumi in netto rallentamento fra fine 2022 e inizio 2023, con il risparmio in eccesso in via di esaurimento e i salari reali negativi. Anche gli hard data pubblicati in settimana mostrano una decisa frenata, ma non si collocano ancora su un livello che segnali una recessione: la produzione industriale di dicembre ha riportato una sorpresa negativa, calando di -0,7% m/m, con ampie flessioni per il manifatturiero e l’estrattivo, a fronte di un rimbalzo nelle utility per il clima rigido. Lato consumatore le vendite al dettaglio in dicembre sono calate di -1,1% m/m, mostrando correzioni diffuse a tutte le voci con solo un paio di eccezioni. Anche al netto della benzina, che ha segnato un calo di 4,6% m/m sulla scia di prezzi più bassi, le vendite sono scese di -0,8% m/m. Il mercato immobiliare è in sofferenza, con il rialzo dei tassi che grava sull’attività, come mostrano le housing starts e le vendite di abitazioni al di sotto della media di contrazione. L’ottimismo degli operatori sul mercato immobiliare ha mostrato a gennaio un lieve miglioramento dai livelli degli ultimi mesi (i minimi dal 2012), ma è ancora su livelli storicamente bassi. In controtendenza invece le survey, che beneficiano del rallentamento dell’inflazione. L’indicatore di fiducia del Conference Board è ormai ampiamente ritornato al di sopra della soglia di espansione, alla luce dei dati forti sul mercato del lavoro, ma anche l’indicatore dell’Università del Michigan sta mostrando un miglioramento. Le spinte inflazionistiche sono in rallentamento? Tutti gli indicatori di inflazione confermano che l’inflazione statunitense ha raggiunto il suo picco a giugno 2022 a 9,1% a/a ed ora si trova su un trend decrescente. Da tre mesi i rialzi dell’indice core sono in linea con un significativo ridimensionamento della dinamica inflazionistica. |
Fig. 1: i dati di dicembre collocano gli USA in una fase di rallentamento, con momentum di inflazione e crescita entrambi negativi
Fig. 2: Il CPI a dicembre è calato di -0,1% m/m, dopo 0,1% m/m del mese precedente. L’indice core ha registrato una variazione di 0,3% m/m, dopo 0,2% m/m di novembre Fig. 3: Scomposizione dell’inflazione di fondo nelle componenti della domanda e dell’offerta Fig. 4 La Fed ha indicato due criteri-guida per il sentiero dei tassi nel 2023: la riduzione delle pressioni sul mercato del lavoro e un rallentamento “convincente” dell’inflazione dei servizi core ex-abitazione
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La settimana scorsa la pubblicazione del dato di inflazione ha confermato la frenata dei prezzi dei beni core (in calo di -0,3% m/m, 2,1% a/a, per il terzo mese consecutivo), mentre i servizi ex-energia mantengono una dinamica mensile sostenuta. A dicembre i servizi core sono aumentati dello 0,5% m/m, rispetto allo 0,4% m/m di novembre e i servizi abitativi danno il contributo principale (circa metà) all’inflazione core. Recentemente, la BCE ha anche pubblicato la scomposizione dell’inflazione US per componente (da offerta e da domanda): il grafico mostra che la componente da offerta è in rallentamento dal secondo trimestre 2022. La componente da domanda è ancora in un trend crescente, ma l’attesa decelerazione nel comparto residenziale lascia ipotizzare un calo nella dinamica mensile core nei prossimi mesi, dato il recente rallentamento degli indicatori alternativi più tempestivi dell’inflazione delle nuove locazioni (destagionalizzate) in territorio sequenziale negativo. Conseguentemente le aspettative di inflazione a 1 anno lette sulla survey dell’università del Michigan hanno segnato un ulteriore calo a 4%, da 4,4%, mentre sull’orizzonte a 5 anni, restano a 3%, all’interno del ristretto intervallo di fluttuazione dell’ultimo anno e mezzo, 3%.
Quanto tight è il mercato del lavoro?
Il mercato del lavoro appare ancora sotto pressione, in base a tutti i principali indicatori, come mostra lo spider pubblicato dalla Fed di Atlanta, che sintetizza un ampio insieme di indicatori relativi alla domanda e all’offerta: dinamica occupazionale elevata, tasso di disoccupazione sempre sotto il livello di più lungo termine (3,5% a dicembre), posizioni aperte su livelli record, salari in forte crescita. Secondo il Beige Book, l’occupazione è in marginale aumento, con molte imprese riluttanti a licenziare anche a fronte di una riduzione della loro domanda legata alla loro percezione della rigidità dell’’offerta di lavoro. Questo fattore potrebbe essere alla base del bais valutativo sul mercato del lavoro. Tuttavia, le statistiche sul mercato del lavoro non sono affidabili storicamente nel valutare i punti di svolta, questo spiega perché ancora una volta i verbali dell’ultimo FOMC hanno richiamato alla cautela ed hanno suggerito di affiancare i risultati dell’EBR (un aggiornamento trimestrale (early benchmark revision, EBR) pubblicato dalla Filadelfia. Secondo questo indicatore, i dati sul mercato del lavoro potrebbero essere maggiormente in linea con una stagnazione una stagnazione degli occupati nel 3° trimestre.
Come si muoverà la FED da qui in poi?
La Fed ha fornito due criteri-guida per il sentiero dei tassi nel 2023: la riduzione delle pressioni sul mercato del lavoro e un rallentamento “convincente” dell’inflazione dei servizi core ex-abitazione. Il secondo criterio è comunque in gran parte un derivato del primo, dato che i salari dei servizi ex-abitazione sono la principale determinante dei prezzi in tali comparti. Riteniamo che la FED agirà con prudenza e resterà data dependent valutando riunione per riunione. Il mercato prezza con certezza un rialzo di 25 pb a febbraio e altri 25 pb di rialzo entro l’estate. E’ prevedibile che il FOMC rallenterà ulteriormente il ritmo dei rialzi dei tassi a 25 pb nella riunione del 31 gennaio/1 febbraio. Questo è confermato anche dalle ultime dichiarazioni dei diversi esponenti del FOMC. Dalla Fed, Logan (Dallas Fed) ha detto che a suo avviso un ulteriore rallentamento del ritmo dei rialzi dei tassi permetterebbe di gestire i rischi di alzare troppo o troppo poco, valutando l’evoluzione dello scenario. Harker (Philadelphia Fed) ha affermato che “ci stiamo avvicinando al punto in cui dobbiamo essere” e, quindi è “prudente” il rallentamento del ritmo di rialzo. A suo avviso i tassi dovrebbero arrivare poco sopra il 5%, ma non è necessario essere eccessivamente restrittivi. Invece, Bullard (St Louis Fed) ha ribadito che il suo punto di arrivo per i fed funds è 5,25-5,5% e che l’inflazione è in calo, ma forse sarà meno rapido rispetto a quanto scontato dal mercato. Bullard ha detto di essere ancora favorevole alla politica di anticipare i rialzi che si ritengono necessari, muovendosi rapidamente, implicitamente segnalando un’opinione favorevole a un rialzo di 50 pb a febbraio.
Tab.1 La seguente tabella riporta un quadro sintetico della congiuntura economica statunitense, dove è possibile confrontare l’ultimo valore del dato analizzato (quadratino blu), con la sua media mobile a tre mesi (pallino rosso) e con l’intervallo di variazione della stessa, in un intervallo che ha come minimo la media della variabile nelle fasi di recessione (che per gli Usa coincidono i periodi: T4 1969-T4 1970; T4 1973-T1 1975; T1 1980-T3 1980; T3 1981-T4 1982; T3 1990-T1 1991; T1 2001-T4 2001; T4 2007-T1 2009; T1 2020-T2 2020) e come massimo la media della variabile nelle fasi di espansione. Si ottiene così un’immagine immediata del contesto economico del paese e in questo caso della sua solidità. Tranne alcuni segnali di debolezza del settore edilizio non si vedono altri indicatori coerenti con livelli di recessione.
A cura di Teresa Sardena, Mediobanca SGR
LA SETTIMANA APPENA TRASCORSA
EUROPA: rimbalza l’indice ZEW sul calo del prezzo del gasi in Europa
ASIA: sale l’inflazione in Giappone
USA: i dati di dicembre si attestano sotto le attese
LA PROSSIMA SETTIMANA: quali dati
- Europa: saranno pubblicate le stime preliminare degli indici PMI manifatturiero, composito e dei servizi relativi al mese di gennaio. In Italia e Francia sarà la volta della fiducia di consumatori ed imprese, mentre in Germania troviamo gli indico IFO, le vendite al dettaglio e la fiducia dei consumatori.
- Stati Uniti: la settimana prossima il dato PCE core di dicembre ricalcherà il dato CPI core dell’inizio del mese. Sarà inoltre pubblicato il dato sulla crescita del GDP in T4, la fiducia dei consumatori, gli ordinativi di beni durevoli, il Leading Index, gli inventari all’ingrosso e attesi i dati preliminari di gennaio su PMI manifatturiero, composito e dei servizi.
- Asia: il Giappone vedrà la pubblicazione dell’inflazione di Tokyo, dei dati preliminari di gennaio su PMI manifatturiero, composito e dei servizi, degli ordini di macchine utensili e del Leading Index.
A cura della Funzione Asset Allocation
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