La settimana finanziaria
di Mediobanca S.p.A.
IL PUNTO DELLA SETTIMANA: le attese di mercato sull’offerta guidano le oscillazioni del prezzo del petrolio
- Le oscillazioni del prezzo del petrolio sono sempre più guidate dai cambiamenti delle valutazioni di mercato in merito delle prospettive sull’offerta
- La rivoluzione dello shale-oil ha modificato la struttura del mercato petrolifero e indotto maggior volatilità
Da inizio anno le quotazioni del petrolio sono tornate ad aumentare (Fig. 1) e la loro volatilità si è normalizzata dopo gli alti livelli di novembre, osservati precedentemente solo tra il 2014 e il 2015 e all’inizio del 2016 (Fig. 2).A fronte di una crescita della domanda aggregata, mantenutasi relativamente stabile negli ultimi anni, le oscillazioni del prezzo del petrolio sono sempre più guidate dai cambiamenti della valutazione da parte del mercato in merito alle prospettive dell’offerta. Questo in quanto la produzione statunitense di shale oil ha via via acquistato sempre più importanza, modificando la struttura del mercato petrolifero. A partire dal 2011 la capacità produttiva di shale oil degli Stati Uniti è cresciuta notevolmente (Fig 3) e oggi agli Stati Uniti competono in termini di volumi giornalieri estratti con la Russia e l’Arabia Saudita, due dei maggiori produttori di petrolio al mondo. I progressi della tecnologia estrattiva e gli investimenti in oleodotti e linee ferroviarie hanno permesso ai produttori statunitensi di espandere la loro produzione. Permettendo agli Stati Uniti di giocare un ruolo chiave nell’offerta di petrolio internazionale, facendo perdere all’OPEC gran parte della sua influenza sul mercato petrolifero. Per questo le strategie OPEC oggi devono considerare la reazione endogena dei produttori di shale oil. La concorrenza di shale-oil può ridurre il potere dei tradizionali produttori di petrolio di innalzare i prezzi oltre un dato livello nell’orizzonte di lungo periodo. Al tempo stesso, il processo di adattamento delle strategie dell’OPEC alla nuova concorrenza ha introdotto negli ultimi anni una certa volatilità nei corsi petroliferi. Si può spiegare, così, anche l’aumento della volatilità avutosi nella seconda metà del 2018.
Secondo l’Agenzia internazionale dell’energia (AIE) questa tendenza continuerà fino al 2024: l’agenzia stima che l’industria dello shale-oil rappresenterà il 70% della crescita della produzione globale da qui al 2024 (pari a un totale di 4 mb/g), mentre la capacità produttiva totale dell’OPEC si ridurrà leggermente, senza riuscire a tornare ai livelli del 2016, anno in cui l’OPEC ha iniziato a – tagliare la produzione. Sempre secondo l’agenzia AIE, gli Stati Uniti continueranno a dominare la crescita dell’offerta a medio termine; benché contributi importanti arriveranno anche da altri paesi non OPEC, tra cui Brasile, Canada, una Norvegia in ripresa e la nuova arrivata Guyana, che insieme aggiungeranno altri 2,6 milioni di barili al giorno nei prossimi cinque anni. In totale, la produzione non OPEC aumenterà di 6,1 mb/g fino al 2024. Tra i paesi OPEC, solo l’Iraq e gli Emirati Arabi Uniti hanno piani significativi di aumento della loro capacità produttiva. Questi guadagni compenseranno le forti perdite di produzione di Iran e Venezuela, che sono soggetti a sanzioni e disordini politici ed economici. In questo contesto, alla base del movimento da inizio anno vi sono stati più di un fattore rialzista, che hanno modificato le aspettative di produzione:
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Fig. 1: L’aumento della produzione USA spiega gran parte dell’allargamento dello spread tra prezzo del Brent e quello del WTI
Fig. 2: i fattori dal lato dell’offerta sono stati i principali responsabili della recente volatilità dei corsi petroliferi Fig. 3: la capacità produttiva di shale-oil US è notevolmente cresciuta negli anni Fig. 4: L’indice è pari alla percentuale di imprese che segnalano un aumento dell’attività dal trimestre precedente meno la percentuale che registra una diminuzione. Valori positivi indicano un’espansione nell’attività di estrazione e produzione di petrolio e gas, valori negativi indicano una contrazione |
SETTIMANA TRASCORSA
EUROPA: un numero positivo sulla produzione industriale europea
La produzione industriale dell’Area Euro è cresciuta sopra le attese a gennaio, avanzando di 1,4% m/m (consenso 1.0% m/m, valore precedente -0.9% m/m). La scomposizione per paese mette in evidenza un brillante recupero della produzione in Irlanda (15,4% m/m dopo il -12,4% m/m del mese precedente). La produzione è cresciuta a ritmi sostenuti anche in Italia (1,7% m/m), Francia (1,3% m/m), in Spagna (3,4%m/m), mentre è scesa ancora in Germania di 0,9%m/m. Guardando invece alla scomposizione per componenti il dato dell’intera Area riflette una crescita di 1,1% m/m della produzione manifatturiera e di 2,4% m/m della produzione di energia. La produzione di beni di consumo non durevoli ha sostenuto la produzione manifatturiera, segnando un aumento dl 2,0% m/m e recuperando parte dei cali dei tre mesi precedenti. La produzione è cresciuta anche nel comparto dei beni durevoli (1,1% m/m) e dei beni capitali (0,9%m/m). Tuttavia, il dato deve essere letto con cautela in quanto l’andamento della produzione industriale è in controtendenza con le indicazioni provenienti dalle indagini di fiducia di gennaio e febbraio e potrebbe essere solo un rimbalzo tecnico. Inoltre, su base trimestrale la variazione della produzione industriale resta negativa. In settimana, l’istituto IFO ha ridotto le previsioni per la crescita tedesca per il 2019 a 0,6% a/a rispetto al precedente 1,1% a causa della più debole domanda estera di beni industriali. Il ministero dell’Economia ha anche detto che l’economia interna sta crescendo meno nel 2019 a causa di una debole domanda estera.
USA: settimana ricca di dati
L’indice CPI di febbraio è aumentato dello 0,2% m/m (consenso 0,2%, valore precedente 0,2%) riportando una variazione su base annua pari a’1,5% a/a (consenso 1,6% a/a) dopo tre mesi di variazioni nulle, con un incremento della componente energia di 0,4% m/m (benzina +1,5% m/m) e degli alimentari di 0,4% m/m. L’indice core è salito di 1% m/m (consenso 0.2% m/m, valore precedente 0,24% m/m), riportando la crescita minore dal 18 agosto. Guardando alla scomposizione per componenti i beni core sono scesi di 0,2% m/m, nonostante la ripresa dell’abbigliamento (0,3% m/m) per via di un calo dei prezzi delle auto (nuove, 02% m/m, usate, 0,7% m/m). I servizi al netto dell’energia sono aumentati di 0,2% m/m, per il quinto mese consecutivo, confermando il rallentamento del trend dell’ultimo semestre, collegato ancora al comparto sanità. L’abitazione segna un rialzo di 0,3% m/m, con gli affitti in aumento di 0,3% m/m. I servizi sanitari invece sono rimasti invariati, riportando il secondo calo consecutivo delle tariffe ospedaliere (-0,7% m/m a febbraio) e una correzione dei farmaci di -1% m/m. Il dato non dovrebbe modificare lo scenario della Fed. I prezzi delle importazioni a febbraio sono cresciuti di + 0,6% m/m (consenso + 0,3%), trainati dai prezzi del petrolio. La variazione tendenziale rimane comunque negativa, a -1,3% a/a, sulla scia del crollo del prezzo del petrolio dell’autunno, ma il minimo è alle spalle Per ora gli effetti dei dazi sono contrastati dall’apprezzamento del dollaro. Le vendite di nuove abitazioni a gennaio sono scese del 6,9% a 607K SAAR rispetto al consenso di 620K.Le richieste di sussidi di disoccupazione relativi alla settimana conclusasi il 9 marzo sono 229mila (consenso 225 mila, valore settimana precedente 225 mila). Di fatto i sussidi di disoccupazione dopo un periodo di elevata volatilità collegata allo shutdown si stanno stabilizzando su livelli bassi, segnalando un mercato del lavoro prossimo al pieno impiego. Le vendite al dettaglio di gennaio sono aumentate dello % m/m, mentre il dato di dicembre è stato rivisto al ribasso a -1,6% m/m, da -1,2% m/m. Guardando alla scomposizione per componenti si vede che le vendite al netto delle auto sono in rialzo di 0,9% m/m, dopo -2,1% m/m di dicembre. L’aggregato al netto di auto, benzina, materiali da costruzione e alimentari è in rialzo di 1,1% m/m, anche se il dato di dicembre è ampiamente rivisto verso il basso a -2,5% m/m. I dati di gennaio, a parte la correzione di auto e benzina, sono complessivamente positivi, con indicazioni di ripresa per quasi tutte le voci, tranne l’abbigliamento e l’arredamento. Bisogna tenere conto dell’impatto dello shutdown su redditi e spesa a gennaio, che genera debolezza fra dicembre e gennaio e dovrebbe determinare un rimbalzo nei mesi successivi. L’indice PPI è salito dello 0,1% m / m a febbraio dopo il calo dello 0,1% di gennaio. L’indice PPI core (ex cibo ed energia) è salito dello + 0,1% m / m (consenso 0,2%) quelli dei servizi sono rimasti invariati. I prezzi dei servizi sanitari hanno accelerano per gran parte delle componenti. Gli ordini di beni durevoli a gennaio hanno riportato un marcato aumento pari a 0,4% m/m, grazie al balzo dell’aeronautica civile; al netto dei trasporti, gli ordini sono risultati in calo di -0,1% m/m. Gli ordini di beni capitali al netto di difesa e aerei sono in ripresa, +0,8% m/m, dopo due cali consecutivi, anche se la media mobile a tre mesi resta debole (-5,3% m/m). Anche il dato di beni capitali ex-difesa e aerei sono in rialzo di 0,8% m/m, con una media a tre mesi in aumento di 1,9% m/m, positiva ma più debole rispetto a T4. Gli ordini inevasi hanno smesso di scendere, segnando un modesto aumento (+0,1% m/m) dopo tre mesi negativi. I dati puntano a un modesto rallentamento della dinamica degli investimenti fissi non residenziali nel 1° trimestre, e sono più incoraggianti delle indicazioni di inizio anno delle indagini regionali del manifatturiero. L’indice relativo alla fiducia dei consumatori pubblicato dall’università del Michigan è salito a 97.8 (consenso 95.6, valore precedente 93.8), raggiungendo così il livello più alto dell’anno. Le condizioni correnti sono salite a 111.2 da 108.5, mentre le aspettative sono migliorate marcatamente a 89.2, segnando il livello migliore da ottobre 2018infine le aspettative di lungo periodo di inflazione sono salite di 0.2% raggiungendo 2.5%.
ASIA: Crescita degli investimenti immobiliari in Cina ad un massimo di 4 anni
In Cina, l’indice CPI su base annua è sceso a febbraio al +1.5% a/a (consenso 1.5% a/a valore precedente 1.7% a/a). L’indice dei prezzi alla produzione è invece salito, invece, dello 0.1% a/a (consenso 0.2% a/a valore precedente 0.1 a/a). La crescita della produzione industriale cinese è scesa ai minimi da 17 anni negli ultimi due mesi, dimostrando una debolezza che indurrà un ulteriore piano di stimoli da parte del governo. Il dato YTD è salito del 5.3% a/a (consenso 5.6%, valore precedente 6.2%). La scomposizione per componenti vede una certa dispersione, anche se i principali settori a valore aggiunto hanno indicato una decelerazione. Per prodotto, le automobili hanno continuato a scendere bruscamente, il carbone è diventato negativo e la crescita del cemento si è praticamente arrestata. Gli investimenti immobiliari sono saliti a un massimo di 4 anni dell’11,6% a/a in gennaio-febbraio dal 9,5% nel 2018, contribuendo alla stabilità degli investimenti in titoli a reddito fisso. Tuttavia, guardando alla scomposizione si vede più debolezza. Le nuove abitazioni hanno visto lo spazio occupato in decelerazione da 11,2 ppt a 6,0%, mentre il completamento delle case è diminuiti dell’11,9%. L’acquisto di terreni è crollato del 34,1% rispetto al 14,2% dell’anno scorso, in parte spinto da prezzi medi più bassi. La crescita delle vendite di abitazioni commerciali per superficie è rallentata al 2,8% rispetto al 12,2% in quanto le vendite nominali si sono rivelate completamente negative. La composizione sono coerenti con l’immagine di un’attività attività del mercato immobiliare soprattutto durante le vacanze del capodanno lunare.
LA PROSSIMA SETTIMANA: quali dati?
- Europa: il 20 marzo vi sarà il terzo voto del Parlamento UK sulla Brexit. Nell’Area Euro saranno pubblicati i dati preliminari dei PMI di marzo i valori della fiducia dei consumatori, nonché gli indici ZEW in Germania.
- Stati Uniti: l’attenzione sarà rivolta principalmente alla riunione del FOMC. Saranno disponibili le letture preliminari degli indici PMI di marzo.
- Asia: il Giappone pubblicherà l’inflazione nazionale, bilancia commerciale e produzione industriale.
A cura della Funzione Asset Allocation
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