La settimana finanziaria
di Mediobanca S.p.A.IL PUNTO DELLA SETTIMANA: il NADEF 19 mostra un deficit invariato, un avanzo primario in riduzione e una crescita debole
Scongiurato il rischio di una crisi di fiducia che avrebbe fatto aumentare la spesa per interessi
- Pochi progressi sui conti pubblici mentre una significativa riduzione del debito non appare una priorità del governo
Il governo ha presentato questa settimana la Nota di Aggiornamento al DEF 2019. La manovra è espansiva, in quanto il deficit programmatico passa a -2.2% nel 2020 (dal -1.4% del quadro tendenziale, a legislazione vigente). Questo scostamento produce un’accelerazione della crescita del PIL di circa 0,2% e alza il PIL programmatico a 0,6% dal 0,4% tendenziale.
La manovra si articola principalmente in cinque misure: a) non attivazione dell’aumento dell’IVA; b) riduzione del cuneo fiscale sul lavoro, che dovrebbe essere avviato in maniera graduale in corso d’anno; c) il finanziamento delle politiche invariate e il rinnovo di altre politiche in scadenza (fra cui gli incentivi Industria 4.0), d) rilancio gli investimenti pubblici, per 1 mld nel 2020, che costituiranno il primo passo di un programma più vasto, volto a rilanciare la crescita, lo sviluppo del Mezzogiorno e la sostenibilità ambientale; e) maggiori entrate derivanti dalla lotta all’evasione. Di queste misure, il principale stimolo deriva dalla non attivazione delle clausole di salvaguardia (0,3% pari a 23 miliardi di euro), che secondo il MEF, porterà ad una maggiore crescita della domanda interna e ad un incremento più contenuto dei deflatori dei consumi e del PIL. L’effetto netto sarà positivo sul PIL reale (PIL reale +0.6% nel 2020) e sulle altre variabili macroeconomiche quali l’occupazione, ma ridurrà lievemente il PIL nominale. L’occupazione crescerà di un decimo di punto in più rispetto al tendenziale, sia in termini di numero di occupati che di ore lavorate. Il surplus delle partite correnti sarà leggermente inferiore a causa del maggiore incremento della domanda interna. Il calo del deficit è poi collocato nel 2021 (all’1,8%) e in modo più netto nel 2022 (all’1,4%), anche grazie alle clausole di salvaguardia ancora in essere per i prossimi anni. Il saldo primario (il deficit o indebitamento netto al netto delle spese per interessi diventa un surplus chiamato “saldo primario”) scenderà di 0,2 punti all’1,1% nel 2020 come già nel 2019, per poi risalire all’1,3% e 1,5% del Pil nel 2021 e 2022. Lo stesso vale per il rapporto debito-Pil. Ancora in aumento (al 135,7% del Pil, al lordo dei sostegni al fondo salva-stati) di un punto nell’anno in corso, come nei dati di consuntivo di quelli precedenti. A pesare sul dato del 2019 è la scomparsa dalla tabella del punto percentuale di Pil delle privatizzazioni (spostamenti di quote azionarie tra partecipate dentro e fuori dal bilancio dello stato) contenuto nella stessa tabella nel Def 2019 di aprile. Rispetto al DEF di aprile emerge un consistente risparmio di interessi sulle nuove emissioni di debito garantito dall’impegno implicito assunto dal governo con la CE e dalle nuove misure espansive annunciate dalla BCE. Da lato delle coperture, al netto della flessibilità che il governo intende chiedere in sede europea (lo 0,7% del PIL ovvero quasi 13 miliardi), ammontano a 14,5 miliardi (lo 0,8% del PIL). La principale copertura arriva dai proventi della lotta all’evasione fiscale (ben 7 miliardi), mentre dai tagli alla spesa e alle tax expenditures dannose per l’ambiente verrebbero 3,6 mld (lo 0,2% del PIL) e da altre misure di carattere fiscale 1,8 mld. Relativamente allo scenario macroeconomico, le stime di crescita sono poco ottimistiche (Fig. 2) e recepiscono sia il marcato rallentamento del commercio internazionale, che sta impattando il comparto manifatturiero, sia il rallentamento della domanda interna, che sta influenzando il settore dei servizi. Inoltre gli scenari di stress evidenziano che in caso di hard brexit o di imposizione di dazi statunitensi sul comparto automobilistico, il nostro paese scivolerebbe in recessione. Infatti, il MEF stima che l’eventuale inclusione del settore automobilistico sui comparti soggetti a dazi da parte degli USA toccherebbe un ulteriore 1,0% delle esportazioni italiane e, considerando le relazioni economiche internazionali, il 10% del valore aggiunto di tale comparto sarebbe influenzato da tali misure. Ricordiamo che la bassa crescita potenziale dell’economia italiana limita il margine di operatività di ogni governo e rende le stime sul deficit e debito atteso più incerte. |
Fig.1: I numeri della NaDEF 2019 – misure
Fig. 2: I numeri della NaDEF 2019 – congiuntura A cura di Teresa Sardena, Mediobanca SGR |
SETTIMANA TRASCORSA
EUROPA: La pubblicazione delle stime finali degli indici PMI relative al mese di settembre confermano un quadro di debolezza marcata per l’economia dell’Area Euro che sembrerebbe essere destinata a rallentare ulteriormente in T4
USA: La debolezza degli indici ISM evidenzia che l’elevata instabilità congiunturale causata dalla guerra dei dazi sta minando la fiducia delle aziende US e che la debolezza del comparto manifatturiero si sta estendendo ai servizi. Entrambe gli indici manifatturiero e non hanno mostrato anche una composizione di fondo piuttosto debole, suscitando preoccupazioni circa un significativo rallentamento dell’economia statunitense verso la fine del 2019. Tuttavia il report sul mercato del lavoro ha continuato a mostrare una crescita costante dell’occupazione.
ASIA: Gli indici PMI cinesi relativi al mese di settembre confermano l’efficacia dello stimolo fiscale e monetario cinese
LE PROSSIME DUE SETTIMANE: quali dati?
- Europa: in una settimana povera di dati l’attenzione sarà rivolta ai verbali dell’ultima riunione della BCE, anche al fine di valutare l’effettivo consenso all’interno del Consiglio Direttivo del piano annunciato il 12 settembre. Inoltre saranno pubblicati i dati sulla produzione industriale tedesca ad agosto.
- Stati Uniti: l’attenzione sarà rivolta alla pubblicazione delle minute del FOMC di settembre
- Asia: saranno pubblicate le riserve valutarie in Cina