La settimana finanziaria
di Mediobanca S.p.A.IL PUNTO DELLA SETTIMANA: l’economia nipponica risente della debolezza cinese e del commercio internazionale
- La congiuntura giapponese risente del rallentamento di quella cinese e del commercio internazionale
- La crescita 2019-20 sarà estremamente volatile a causa del rialzo previsto dell’imposta sui consumi, intorno a un trend in via di indebolimento, con rischi verso il basso
- Il mercato del lavoro continua a mostrare un eccesso di domanda
L’iniezione di contanti nel sistema economico, l’introduzione di stimoli fiscali e di profonde riforme strutturali sono state le tre frecce dell’Abenomics, disegnate per rilanciare l’economia giapponese e innescare un circolo virtuoso capace di far aumentare i profitti delle aziende, aumentare i salari, far crescere i consumi. In merito alle prime due, la politica del primo ministro Shinzo Abe, già in atto da sette anni, è riuscita ad allentare le condizioni finanziarie, ridurre il deficit fiscale, aumentare l’occupazione e la partecipazione della forza lavoro femminile nel paese; sebbene l’inflazione rimanga lontana dal target della BoJ (2%) e le politiche fiscali non siano ancora riuscire a mettere il debito pubblico su un percorso di sostenibilità. Relativamente alla terza freccia, le riforme strutturali finora portate avanti da Abe non sono state capaci di eliminare totalmente le inefficienze caratterizzanti il mercato del lavoro e dei prodotti.
In questo contesto a partire dall’autunno del 2018 lo congiuntura giapponese ha iniziato a deteriorarsi, per effetto prima dei disastri naturali ma soprattutto risentendo dell’indebolimento della crescita cinese e del commercio internazionale. Gli indicatori congiunturali segnalano un ulteriore rallentamento e l’indice coincidente è diminuito entrando in territorio potenzialmente recessivo (Fig.1). A soffrire particolarmente è il canale estero e il comparto manifatturiero. Sebbene in febbraio l’avanzo della bilancia commerciale sia tornato positivo (339,0 miliardi di yen), per effetto di una contrazione più ristretta del volume delle esportazioni e un forte calo del volume delle importazioni (Fig. 2), non va dimenticato che la bilancia commerciale (in media) è stata in deficit per tutto il 2018 determinando un netto rallentamento degli utili e delle prospettive degli investimenti delle imprese esportatrici. Infatti, i segnali di debolezza del settore manifatturiero sono marcati: l’indice Tankan di febbraio è sceso a febbraio per il terzo mese consecutivo ed ora è al livello più basso da ottobre 2016; l’indice PMI manifatturiero è in territorio di recessione. Inoltre, la scomposizione per componenti dell’indice PMI mostra che la debolezza potrebbe permanere nei prossimi mesi: a marzo la produzione e i nuovi ordini hanno continuato a diminuire e i nuovi ordini all’esportazione hanno cancellato oltre la metà del guadagno di febbraio. L’ultimo dato sui nuovi ordini di esportazione suggerisce che il peggio per le esportazioni non è ancora terminato e si ridurranno nuovamente a marzo dopo la ripresa. Nei prossimi mesi, la bilancia commerciale e il settore manifatturiero risentiranno anche del previsto aumento dell’imposta sui consumi. Infatti, il budget dell’anno fiscale 2019 prevede a ottobre un aumento dell’imposta sui consumi da 8% a 10%, volta a sostenere le misure espansive sulla spesa. Il FMI ha stimato che senza misure di attenuazione degli effetti negativi dell’imposta sui consumi la politica fiscale del 2019 e del 2020 avrà un effetto restrittivo, traducendosi in una contrazione rispettivamente dello 0,7% e dello 0,6% del PIL. In questo contesto, dato anche l’intensificarsi dei rischi verso il basso collegati alle politiche protezionistiche US e agli altri rischi geopolitici, che la BoJ manterrà un atteggiamento moderatamente espansivo, continuando ad acquistare titoli di Stato, al fine di mantenere i rendimenti a dieci anni in linea con l’obiettivo, nonostante il suo bilancio abbia superato il 100% del Pil (Fig.4). Tuttavia, difficilmente questa politica monetaria si tradurrà in un efficace sostegno alla crescita. L’inflazione infine non mostra segnali di vivacità né di svolta verso il 2%, né l’eccesso di domanda del mercato del lavoro dovrebbe tradursi in un aumento dell’inflazione. In termini di asset allocation, la congiuntura economica ci ha portato a rivedere la nostra esposizione azionaria in Giappone a neutra negativa. |
Fig.1: Gli indici PMI confermano la debolezza del settore manifatturiero
Fig.2: Il canale estero segue un trend negativo nonostante il rimbalzo a febbraio Fig.3: Il mercato del lavoro continua a mostrare un eccesso di domanda Fig.4: L’attivo di bilancio della BoJ ha raggiunto il 100% del Pil |
EUROPA: la congiuntura economica registra un ulteriore rallentamento
L’indice IFO, survey mensile sul clima di fiducia delle imprese in Germania, di marzo ha recuperato attestandosi a 99.6 (consenso 98.3, valore precedente 98.7). Le attese per i prossimi mesi sono migliorate a 95,6 dal 94 di febbraio, ma rimangono al di sotto della media a lungo termine, mentre per ora la valutazione delle condizioni economiche correnti è rimasta praticamente invariata a 103,8 da 103,6, mantenendosi al di sopra della media storica. L’indice di fiducia dei consumatori in tedeschi GfK è sceso a 10,4 nella lettura anticipata di aprile (consenso10,8, valore precedente 10,7%). Si tratta di un livello ancora relativamente forte su base storica, ma riflette aspettative di reddito scese leggermente, insieme alla propensione all’acquisto dei consumatori. In Francia, la fiducia delle imprese, elaborata dall’INSEE, è migliorata a 104 nel mese di marzo dal precedente 103, nonostante l’indice manifatturiero sia sceso a 102 (consenso 103, valore precedente103). Invece l’indice di fiducia delle famiglie è salito a marzo a 96 da 95, in linea con le attese. L’incremento è attribuibile al miglioramento del giudizio degli intervistati sulle finanze future e sulle condizioni economiche attuali, così come a un aumento marginale della propensione all’acquisto e della capacità di risparmio delle famiglie. I timori sulla disoccupazione attesa però tornano a salire, dopo la correzione di febbraio e trimestralmente le famiglie francesi continuano (in media) a percepire la disoccupazione nuovamente come il principale elemento di sfiducia degli ultimi quattro trimestri. Infine, le famiglie che prevedono un aumento dell’inflazione nei prossimi dodici mesi sono meno numerose rispetto a febbraio. La dinamica dei prezzi stenta ancora a mostrare un rafforzamento delle pressioni inflattive, destinate a restare modeste anche nei prossimi mesi: in Germania l’inflazione al consumo, rilevata dall’indice nazionale, è salita a marzo di 0,4% m/m, come a febbraio, mentre hanno fatto registrare una crescita dell’indice armonizzato del 0,6% m/m dal 0,5% m/m precedente; erano attesi entrambi in crescita di 0,6% m/m. L’inflazione rallenta a 1,3% a/a da 1,5% a/a per la misura nazionale e a 1,5% a/a da 1,7% a/a per quella armonizzata. Relativamente all’Area Euro nel suo complesso, a marzo l’indice di fiducia della CE è sceso a 105,5 da 106,2, ai minimi dal 2016, con una flessione diffusa sia al comparto manifatturiero che a quello dei servizi. I risultati delle indagini di fiducia sono coerenti con modesti tassi di crescita in T1 2019 e si vanno ad aggiungere alle informazioni derivanti dalle altre indagini congiunturali.
USA: revisione al ribasso della crescita USA nel 2018
A marzo la fiducia dei consumatori registrata dal Conference Board ha corretto a 124,1 da 131,4 di febbraio. Il calo ha riguardato sia la componente delle aspettative (a 99,8 da 103,8) sia quella della situazione corrente (a 160,6 da 172,8). La valutazione del mercato del lavoro è tornata sui livelli di luglio 2018, dopo sei mesi di miglioramento. I dati sono in linea con la moderazione della crescita attuale e prevista, ma non dovrebbero essere l’inizio di un netto trend negativo della fiducia dei consumatori, visto lo stato positivo del mercato del lavoro e l’accelerazione della dinamica salariale. L’indice dell’attività produttiva della Fed di Dallas è sceso a marzo a 8,3, dal 13,1 di febbraio, in linea con la crescita modesta del settore industriale del relativo distretto. Andando a guardare la scomposizione, si nota che i nuovi ordini sono scesi a 2,4, toccando il livello più basso dal novembre 2016. Tuttavia, l’indice di occupazione è salito a un massimo da quattro mesi (13,1). Infine, le intenzioni di spesa in conto capitale a sei mesi sono salite a 36,2, il valore più alto da settembre 2018. Quest’ultimo dato indica che il recente aumento del prezzo del petrolio sta incrementando gli investimenti pianificati dalle strutture legate all’attività estrattiva.
In febbraio, i nuovi cantieri edili sono scesi dell’8,7% m/m a 1.162M SAAR (consenso 1.245M), registrando così il calo più marcato degli ultimi otto mesi. Sono diminuiti del 1,6% anche i permessi di costruzione, a 1.296M SAAR (consenso: 1.308M), pur restando elevati e al di sopra del valore dei cantieri. I complementi abitativi sono aumentati del 4,5% a 1,303 milioni di SAAR.
I nuovi sussidi di disoccupazione nella settimana conclusasi il 23 marzo calano a 211mila da 216mila della settimana precedente, confermando che dopo il termine degli effetti dello shutdown, il livello resta sui minimi dai primi anni ’70 e in linea con un mercato del lavoro al pieno impiego. Il PIL di T4 2018 è stato rivisto al ribasso a +2,2% t/t annualizzata (consenso +2,6%, valore precedente 2.4 t/t annualizzata), attestandosi così la crescita trimestrale più bassa dal T1-2018. La revisione ha portato il PIL del 2018 al 2,9%. La revisione è avvenuta sulla scia della revisione al ribasso della spesa per i consumi, scesa dello 0,3 al 2,5% t/t ann., dalla seconda stima di 2,8% t/t ann., per via di maggiore debolezza nel comparto dei beni, sia durevoli, sia non durevoli, in parte legata all’impatto dello shutdown sui dati di dicembre. Anche la spesa pubblica statale e federale e gli investimenti fissi non residenziali hanno subito una revisione al ribasso, impattando entrambi il Pil. Inoltre, le importazioni hanno subito una revisione al ribasso, anche se le esportazioni sono state positive.
ASIA: resta debole la produzione industriale nipponica
La Cina ha pubblicato i dati sulla produzione industriale dei primi due mesi del 2019. Gli utili realizzati dai gruppi sono crollati del 14% a/a a 708.01 miliardi di yuan (105.50 miliardi di dollari). Si tratta della contrazione più importante dal 2011, da quando l’agenzia ha iniziato a registrare i dati. In questo contesto, i profitti nel settore auto sono diminuiti di 37.1 miliardi di yuan rispetto all’anno precedente, mentre quelli dell’industria petrolifera sono calati di 31.7 miliardi di yuan. In Giappone la produzione industriale è cresciuta dell’1,4% m/m a febbraio (consenso 1.4% m/m, valore precedente – 3,4% m/m), e risulta moderatamente superiore all’aumento dell’1,8% delle spedizioni, anche se le scorte sono ancora in aumento dello 0,5%. L’aumento della produzione è stato trainato dalle automobili e dalle macchine elettriche. Il settore tecnologico ha subito un forte calo. Le spedizioni di core capital goods sono aumentate per la prima volta da ottobre, anche se ancora ben al di sotto della media del quarto trimestre.
LA PROSSIMA SETTIMANA: quali dati?
- Europa: l’attenzione sarà rivolta ai verbali di marzo della BCE, che potrebbero fornire qualche dettaglio in più sulle posizioni interne al Consiglio Direttivo riguardo alle modalità operative delle TLTRO. Inoltre, sanno pubblicate le stime preliminari degli indici PMI e dell’inflazione dell’Area Euro. Relativamente alla Brexit, ci sarà la seconda fase delle votazioni indicative.
- Stati Uniti: sarà pubblicato il report di marzo sul mercato del lavoro, oltre che la rilevazione di marzo dell’ISM manifatturiero e dei servizi. Infine, sarà pubblicato l’indice delle vendite al dettaglio di febbraio.
- Asia: saranno pubblicati gli indici PMI in Cina.
A cura della Funzione Asset Allocation
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