Come scrivere per il business grazie al brand journalism
di Michela Trada - Esperta in Brand Journalism e strategie editoriali Scarica in PDFSi può davvero fare business con i contenuti scritti? E, soprattutto, è possibile utilizzare il brand journalism per fare business? La risposta ad entrambi i quesiti è univoca: non solo si può fare business con la scrittura, ma si deve scrivere per dare valore al proprio brand. Come farlo? Grazie al brand journalism, la tecnica comunicativa che utilizza gli stili giornalistici non per divulgare una notizia bensì un’impresa. Obiettivo di questo articolo è proprio quello di scoprire come fare per realizzare un contenuto scritto che sappia incrementare il proprio giro di affari attraverso il consolidamento della propria brand awareness, sia in qualità di libero professionisti che di imprenditori, attraverso il brand journalism.
Con il brand journalism il focus si sposta dalla vendita di un prodotto, tipico della pubblicità tradizionale, alla conoscenza del marchio, del brand, sotto la “protezione” deontologica giornalistica. Il tutto per rafforzare la brand reputation aziendale, fidelizzare gli utenti, ed arrivare anche alla conversione dei prospect. Scopo del brand journalism, a differenza di content marketing e storytelling, è quello di informare l’utente/lettore sui valori aziendali, su ciò che possiamo definire l’ecosistema del brand, affinché lo stesso diventi punto di riferimento di quel settore afferente alla sua vision e alla sua mission.
Brand journalism: il contesto in cui viviamo
Il cambio di paradigma comunicativo che ha aperto le porte al brand journalism è nato dalla consapevolezza di una perdita di efficacia, in termini di vendite, delle classiche reclame di fine anni Ottanta e della logica del bombardamento mediatico di massa.
Il consumatore, infatti, oggi si ritrova ad essere assuefatto e infastidito da questa tipologia di marketing e, anziché compiere azioni pro brand, tende a sganciarsi dallo stesso in favore di una promozione più autentica e mirata. Pensiamo anche solo al senso di fastidio percepito quando incrociamo sponsorizzate sui social network con testi omologati in cui i vari promotori si configurano come guru, esperti e santoni del proprio settore con soluzioni chiavi in mano per tutte le stagioni.
La disaffezione dei consumatori, infatti, non si manifesta solo in termini di spazi pubblicitari, ma anche di contenuti. Il brand journalism, lato comunicazione, è il fido scudiero del purpose marketing, il marketing dello scopo, il cui dogma è focalizzarsi su obiettivi di impatto sociale valoriale ancor prima che di mercato.
Anche in questa strategia, come per la nostra tecnica di scrittura, la vendita passa in secondo piano e avviene in modo indiretto: è la mission del brand, il suo perché ad essere faro in ogni azione di strategy. Il prodotto passa in secondo piano, le persone e i valori aziendali salgono al primo posto: la reputazione diventa a tutti gli effetti il biglietto da visita ufficiale dell’azienda. E’ il principio del Golden Circle professato da Simon Sinek, tra i massimi esperti di marketing al mondo. Secondo Sinek, l’azienda può essere rappresentata come una sfera a tre strati: al primo troviamo il What ovvero il cosa. In esso si cela e si racconta ciò che l’impresa fa, i prodotti che produce e i servizi che eroga; al secondo abbiamo l’How ovvero il come, che include le scelte aziendali i processi di produzione e via discorrendo. Infine, ecco il Why, il perché: ciò che spinge l’azienda a fare quello che fa. Ogni strategia di comunicazione e di marketing, per Sinek, deve proprio aspirare a questo gradino del podio. Partendo dal perché e dai valori, la reputazione e la brand awareness del brand ne saranno esaltate perchè, come afferma lo scrittore “solo chi comincia dal perché ha la capacità di ispirarci”. Come si comunica il valore in termini di scrittura? Con il brand journalism che, col il suo carattere informativo, diventa fondamentale in una strategia di brand reputation imprenditoriale e personale. Attraverso il brand journalism l’azienda e/o il libero professionista ha l’obiettivo di qualificarsi come opinion leader di settore attraverso la divulgazione di informazioni utili e rilevanti per il proprio pubblico. In una logica di marketing mix, il brand journalism, lo scrivere per il business, si rivela strategico nel funnell (l’imbuto metaforico che ci permette di affrontare le varie fasi del processo di vendita fino ad arrivare alla vendita stessa) proprio bel passaggio dalla non conoscenza al brand recall.
I criteri del brand journalism: così l’azienda diventa media company con i contenuti scritti
Secondo l’agenzia statunitense MediaSource specializzata nel marketing dei contenuti, sono sei le caratteristiche che non vanno mai dimenticate quando ci si approccia ad una scrittura di giornalismo aziendale: focus sul pubblico, voce reale, credibilità, semplicità, visione ed eliminazione del brand dal contenuto. Vediamole nel dettaglio:
- Focalizzarsi sul pubblico. Quando si sceglie di scrivere in brand journalism occorre pensare in terza persona: questo contenuto che beneficio può portare al mio lettore? Cosa troverà di utile e di interessante da questa lettura? Sto fornendo davvero delle informazioni?
- Voce reale. A differenza di un contenuto in storytelling, la scrittura in brand journalism presuppone sempre il realismo; non posso fare un “pezzo” giornalistico che non sia realmente accaduto o che non abbia attinenza con la realtà vissuta. Per questo motivo le cronache o storie aziendali devono essere veicolate da persone reali e autorevoli che possano far identificare il lettore e immergerlo in una data situazione.
- Essere credibili. Questa caratteristica è strettamente connessa e collegata alla precedente; i fatti in brand journalism non sono fantastici, ma si fondano sulla quotidianità; per questo motivo è bene inserire nei contenuti redatti dei report e delle statistiche che possano avvalorare ulteriormente tesi e parole riportante nero su bianco.
- Essere semplici. Il messaggio deve arrivare a tutti; come un giornalista spiega ai lettori aspetti articolati di Scienza, Politica, Arte, cosi deve fare anche un’azienda o un libero professionista con il proprio pubblico. Attenzione: semplice non vuol dire semplicistico, i concetti non vanno banalizzati, ma resi accessibili.
- Pensare visivamente. La cronaca di un fatto/evento, della notizia in questione, assume una maggiore efficacia se accompagnata da immagini e grafici; è bene sempre scrivere in modalità filmica, come se si stesse osservando quell’evento in televisione.
- Sbrandizzazione del contenuto. Abbiamo detto che la finalità del brand journalism è l’informazione, l’incremento della brand awareness aziendale; ecco perché si riuscirà ad essere tanto più efficaci quanto più il marchio stesso scomparirà dalla narrazione al fine di non dare al lettore il sapore della marchetta, del “lo dicono perché devono farsi pubblicità”. Infatti, anche se non sarà citato, il marchio sarà ugualmente presente nel contenuto attraverso i suoi valori in modo genuino.
Si può, quindi, affermare che i criteri del brand journalism siano assimilabili e complementari a quelli di notiziabilità ovvero quei tratti che il “bravo” giornalista tradizionale non deve mai perdere di vista per considerare un fatto “notizia” e per far presa sul pubblico. L’azienda, il libero professionista o, semplicemente, un attore sociale, con il brand journalism si trasforma in fonte informativa per il pubblico di riferimento al fine di influenzare l’opinione pubblica al pari di una testata giornalistica. In questo caso l’impresa diventa a tutti gli effetti una media company, si fa “medium” per trasmettere i propri contenuti al proprio pubblico.
Come scrivere un contenuto in brand journalism su Facebook e LinkedIn
Dobbiamo costantemente tenere a mente che ogni spazio di pubblicazione, online e offline, ha un suo tone of voice specifico e che, di conseguenza, può essere più o meno adatto ad un determinato lettore. Lo stream ever green per eccellenza è Facebook; potremmo affermare che, quella ideata da Zuckerberg, negli anni si sia trasformata in un’autentica piattaforma generalista dove sono presenti studenti, lavoratori, professionisti, nonni, zii, cugini e teenagers. Non essere su Facebook con un profilo o una pagina oggi è alla stregua del non essere presente su Google quando digito il mio nome e cognome: significa non esistere. Indipendentemente dal mio target market, quindi, avere un’identità digitale sul noto social network è fondamentale; il traffico, su Fb, è eterogeneo e dovrò tarare la mia ars scrittoria di conseguenza.
Cosa e come posso scrivere, quindi, su “faccia da libro”?
Partendo dall’how, la risposta è “semplice”.
Quando mi accingo a creare un post sul mio diario o sulla mia pagina aziendale non è necessario perdersi in tecnicismi e virtuosismi per stimolare la conversazione: chi scorre il feed – la sequenza di notizie che ci vengono proposte all’apertura del social – è mosso in primis dalla curiosità e dalla voglia di intrattenimento e il tono “saccente” desterebbe solo un rapido swipe up (ti salto il più velocemente possibile per arrivare alla prossima news). Un post genuino dove racconto qualcosa di me e della mia azienda con una bella foto di impatto – meglio evitare le immagini preconfezionate alla Shutterstock – vale più di cento curriculum. Mi riallaccio così alla prima questione posta ovvero “cosa scrivere” su Facebook: chi sono, cosa faccio e perché faccio quello che faccio mixando il tutto con una buona dose di vita personale. Non dimentichiamoci, infatti, che Fb nasce come diario elettronico e l’interesse verso il nostro privato su questo social è molto elevato. Anche su una pagina aziendale verrebbe quindi da dire? La risposta è sempre “sì”. Potrò infatti avere il prodotto più fantabuloso del mondo, ma se non lo riporto nel qui e nell’ora, se non assegno un volto a quel brand e a quell’oggetto, non spingo sulla narrazione e sullo storytelling come scritto nei capitoli precedenti, la mia capacità di coinvolgimento sarà ridotta. Lo stesso dicasi di una pagina personale che si discosta dal profilo solamente in termini fotografici se vogliamo; difficilmente posterò sulla pagina di lavoro una mia foto in bikini ma, al contempo, potrò raccontare su di essa quanto una vacanza è ispirante per il mio lavoro e quello che è il mio rapporto tra vita privata e vita professionale.
Non c’è un limite di battute su Facebook, il mio consiglio è la classica via di mezzo: non scrivere un poema dantesco ma, allo stesso tempo, evitare la didascalia. Prendiamo sempre come linea guida le nostre cinque w e lo scopo del nostro intervento su Fb: cosa vogliamo tramettere con questo scritto? Teniamo a mente il nostro Chi, cosa, come, dove e perché e mettiamo su schermo il nostro pensiero senza dimenticare una componente visuale a corredo. E’ risaputo, infatti, che un contenuto visivo su Fb performa molto meglio di quello composto da solo testo.
Per LinkedIn il discorso cambia, sia da un punto di vista di target market che di linguaggio. Nato nel 2003 negli Usa dall’idea di Reid Hoffman e dalla collaborazione di Allen Blue, Konstantin Guericke, Eric Ly e Jean-Luc Vaillant, LinkedIn è sempre stato visto come il social professionale per eccellenza.
Ecco perché, in un’ottica di personal branding e di brand reputation, avere un profilo LinkedIn, oggi, è fondamentale.
La potenza di LinkedIn, nella produzione di contenuti scritti, è elevata; questo mezzo, infatti, non solo dà la possibilità di pubblicare un post “normale” nel proprio feed, ma permette di realizzare veri e propri articoli con la sua piattaforma di editing proprietaria. LinkedIn può, quindi, essere un’ottima “palestra” nella stesura di contenuti scritti originali per quanti non hanno ancora un blog personale e/o aziendale, ma che vogliono ottenere i benefici della scrittura elencati in precedenza.
Cosa e come scrivere, quindi, su questo social? Contenuti che creino o rafforzino la nostra autorevolezza e la nostra competenza; vogliamo essere cercati dai reicruiter o essere notati per uno speech su un palco (virtuale o reale non fa differenza)?
Dovremo dimostrare di sapere di cosa stiamo parlando e di essere, allo stesso tempo, “diversi” dagli altri; per questo motivo il nostro post o il nostro articolo dovrà essere semplice, ma non semplicistico, con una forte componente di autenticità. Anche un non addetto ai lavori dovrà capire il contesto che stiamo descrivendo e che cosa vogliamo trasmettere con quel contenuto. In ogni nostro pezzo è fondamentale far emergere il nostro valore aggiunto, la nostra unique selling proposition: andare bene a tutti equivale non andare bene per nessuno.
Se, invece, vogliamo vendere un prodotto o noi stessi, scrivere le soluzioni ai problemi di un utente potrà fare al caso nostro; possiamo sfruttare LinkedIn per i classici “come fare a ….” e i “cinque consigli per…” non dando però le risposte di Google, ma la nostra personale interpretazione a quella problematica. Prima di pubblicare, che si tratti di un post di lead generation, di vendita o di informazione, è sempre bene fare la famosa scaletta con in testa le nostre amiche W al fine di non perdere il focus del pezzo; possiamo, inoltre, chiedere un feedback ad un nostro collega o alla nostra persona di fiducia prima di andare online per ottimizzare al meglio il nostro prodotto.
Scrivere su LinkedIn comporta attenzione e investimento di tempo ed energie: farlo nel modo sbagliato può dar vita ad un danno più che ad un guadagno. Per questo motivo il mio consiglio è quello di iniziare con una produzione di articoli quindicinale al fine di immettere sul mercato il miglior contenuto possibile. Impariamo dai “più bravi” e chiediamo loro un contributo; se stimiamo qualcuno e abbiamo un grado di conoscenza tale da poter avere un riscontro positivo, invitiamo l’esperto alla realizzazione di un articolo a quattro mani o intervistiamolo in forma scritta. L’intervista, qualora si pensi di non essere ancora pronti per un un proprio contenuto originale, può essere uno strumento perfetto per cominciare la nostra produzione scritta. Inoltre, daremo lustro al nostro intervistato rafforzando la nostra relazione e godremo indirettamente dei benefici della sua community di riferimento.
Non è necessario aspettare di creare il contenuto perfetto per iniziare a sfruttare la scrittura su questo social; col tempo ciascuno troverà il proprio stile e accorcerà i tempi di produzione: oggi la presenza fa la differenza.