Lo sciopero esercitato da pochi resta un diritto di tutti
di Riccardo GirottoGli eventi del mese di ottobre hanno esaltato le contromisure più creative all’obbligo green pass.
Tra le diverse questioni affrontate dai datori di lavoro, si è presentata con prepotenza la gestione dello sciopero nelle sue diverse espressioni. Se il caso dei servizi pubblici essenziali ha destato interesse diffuso, in quanto gli stessi risultavano già ostacolati dall’indisponibilità dei lavoratori privi di green pass, lo sciopero dei dipendenti del settore privato ha lasciato interdetti gli addetti alla gestione operativa del personale, già severamente impegnati dall’interpretazione delle combinazioni tra l’assenza del certificato e la gestione di malattie, ferie, giornate di smart working.
Destabilizzante anche la dissociazione dalle contestazioni che i sindacati confederali della triplice, usualmente ideatori di scioperi cospicuamente partecipati, hanno coerentemente confermato dopo espresso appoggio alla campagna vaccinale. Di talché, a prodigarsi per la difesa dei cittadini no green pass sono stati sindacati estranei al mainstream, ricevendo grande visibilità e stimolando il diritto allo sciopero nei suoi aspetti più controversi.
Il datore di lavoro privato si è, quindi, trovato a trattare le adesioni a uno sciopero indetto da insolite sigle indipendenti, quali Clpt e Fisi, tra le altre, cercando di dedurne il grado di legittimità, e ragionando sulle possibili contromisure. A trarre in inganno alcuni interpreti è stata, poi, la diffusione di una comunicazione da parte della Commissione garanzia scioperi[1], che sanciva plurime violazioni nell’indizione dello sciopero e ne richiedeva la revoca. Tale documento, chiaramente, si riferiva unicamente ai servizi pubblici essenziali, essendo circoscritta a questa specifica area la competenza della Commissione di garanzia.
Necessario, quindi, recintare i limiti del diritto di sciopero nello spazio del rapporto di lavoro privato; non tanto i limiti interni, ostici da decifrare anche in giurisprudenza, quanto quelli esterni, posto che lo sciopero risulta essere un diritto collettivo a esercizio individuale. Una volta garantita la proclamazione collettiva, lo sciopero può attrarre le adesioni del caso[2], indipendentemente dal soggetto promotore, in questo senso l’insegnamento del maestro Persiani è ben scolpito nella dottrina sindacale “la proclamazione non è necessariamente atto sindacale, potendo provenire (…) anche da un’organizzazione precaria e rudimentale”. Facile dimostrare che, ad esempio, non può essere contestata la legittimità dello sciopero in relazione alla natura dei sindacati ispiratori.
Smarcato il primo argomento di legittimità, vale la pena ora porre l’attenzione sull’eventuale danno arrecato all’azienda. L’indizione di questo sciopero, però, non pare vessare i diritti di un datore di lavoro che non sarebbe stato certo di poter ricevere la prestazione, non realizzando la necessaria lesione della produttività. Assunto ciò, la questione pare matura per decifrare la posizione del lavoratore scioperante.
Lo sciopero disinnesca il diritto alla retribuzione per assenza dell’offerta prestazionale, tale effetto assimila la condizione del lavoratore all’assenza ingiustificata che si sarebbe potuta verificare in caso di lavoratore privo del green pass. Il lavoratore scioperante, molto probabilmente, non sarà stato assoggettato a controllo nel giorno dell’assenza, quindi le soluzioni possibili risultano essere l’assenza per sciopero (in caso di proclamazione legittima) o l’assenza ingiustificata (in caso di proclamazione illegittima).
Scontata l’assimilazione retributiva, la forzatura di considerare assente ingiustificato il lavoratore potrebbe alimentare uno scontro da cui il datore rischierebbe di uscire con le ossa rotte, stante il percorso in estrema salita teso a comprovare un danno solo potenziale, che potrebbe essere neutralizzato dall’evidente impossibilità di dimostrare che il dipendente avrebbe potuto offrire la propria prestazione. È facile intuire come uno sciopero contro il green pass coinvolga principalmente lavoratori privi di certificato, tanto vale per rendere vana la procedura disciplinare ipotizzata.
Diverso il caso, probabilmente meno diffuso, del lavoratore che ha comunicato preventivamente l’assenza di green pass per la giornata di sciopero ai sensi del Decreto Capienza. In questa situazione, la prestazione non potrà essere resa e l’assenza risulterebbe ovviamente ingiustificata, ma non sanzionabile dal punto di vista disciplinare. Ciò non toglie che al lavoratore verrebbe comunque garantito il diritto di sciopero, quindi dovrà considerarsi la giornata di sciopero oppure, solo qualora lo si considerasse illegittimo con i rischi citati, l’assenza ingiustificata non disciplinare. Per le casse aziendali l’effetto risulterebbe comunque il medesimo.
Ultima ipotesi quella, a mio avviso estremamente remota, del lavoratore presente al controllo green pass in possesso di valido certificato, che ha poi optato per non prendere servizio e aderire allo sciopero. In questo caso l’alternativa in capo al datore di lavoro potrà svilupparsi tra considerare la/le giornata/e come assenza/e appunto per sciopero, oppure, in caso di sciopero illegittimo, considerare l’assenza ingiustificata, in questo caso sì, con conseguenze disciplinari. Allo stesso modo, potrà procedere il datore di lavoro che prova la lesione alla produttività. Ovviamente, la conseguenza di un’assenza ingiustificata protratta, per diffusa tipizzazione contrattuale, sfocerebbe nel licenziamento senza preavviso ex articolo 2119, cod. civ., pertanto, il datore di lavoro che optasse per questa strada dovrebbe possedere ferree argomentazioni per disconoscere lo sciopero, posto che le stesse verrebbero cristallizzate per essere utilizzate al fine di corroborare la legittimità del recesso.
La leva disciplinare andrà, quindi, gestita con cura, posto che le motivazioni per considerare illegittimo nel settore privato questo sciopero paiono davvero deboli, in caso di mancata verifica preventiva del green pass addirittura inconsistenti.
[1] Commissione garanzia scioperi, nota n. 11672/2021.
[2] Ricordiamo che, stante l’articolo 40, Cost., il diritto dovrebbe esercitarsi nel rispetto delle norme che lo regolano, ma sono proprio queste norme a mancare.
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