I riders al vaglio della Corte di Cassazione: una pronuncia che non risolve il problema
di Evangelista BasileChi auspicava un definitivo intervento chiarificatore da parte della Corte di Cassazione in ordine all’interpretazione dell’articolo 2, D.Lgs. 81/2015, è rimasto alquanto deluso. Pur confermando la sentenza del Collegio torinese, i Giudici di Piazza Cavour, nella sentenza n. 1663/2020, hanno offerto una terza chiave di lettura del precetto normativo in materia di collaborazioni etero-organizzate.
Esclusa la tesi oltranzista della “norma apparente”, a cui aveva aderito il primo giudice di merito, e smentita l’esistenza di un tertium genus, prospettata dalla Corte d’Appello di Torino, la Suprema Corte ha optato per la qualificazione della disposizione come una “norma di disciplina”. In sostanza, il Legislatore non avrebbe creato un terzo genere contrattuale, ma avrebbe soltanto previsto che alle collaborazioni caratterizzate dall’esercizio del potere etero-organizzato da parte del committente, si applica la disciplina del lavoro subordinato.
Entro quali termini, però?
Ed è proprio questo il quesito più delicato a cui la Corte di Cassazione non ha fornito una risposta chiara. Se, da un lato, i giudici di legittimità si sono affrettati a osservare che la norma non contiene alcun criterio idoneo a selezionare la disciplina applicabile, lasciando spazio a un’estensione totale delle norme in materia di lavoro subordinato, dall’altro lato, gli stessi Ermellini non hanno potuto esimersi dal rilevare che esistono fattispecie in cui l’applicazione integrale della disciplina della subordinazione è ontologicamente incompatibile con le fattispecie da regolare. Su tale punto, però, la Corte si è trincerata dietro un pilatesco “si tratta di questione non rilevante nel caso sottoposto all’esame di questa Corte”. Peraltro, a prescindere dall’incompatibilità ontologica evidenziata dalla Corte, qualche dubbio sull’applicabilità integrale della disciplina in materia di lavoro subordinato sorge comunque per tutte le collaborazioni etero-organizzate, soprattutto laddove le norme in questione prevedono sanzioni di natura penale, che, com’è noto, non possono essere estese in via analogica (si pensi, ad esempio, al T.U. sicurezza).
Una trasparente soluzione, anche tramite l’intervento del Legislatore, sarebbe a dir poco auspicabile, specialmente alla luce del fatto che – in seguito agli ultimi interventi legislativi (D.L. 101/2019, convertito dalla L. 128/2019) e all’interpretazione fornita dalla Suprema Corte – le maglie delle collaborazioni etero-organizzate sono destinate a espandersi a dismisura.
Diversamente, gli imprenditori non dovranno accollarsi solo il rischio intrinseco a qualsivoglia attività imprenditoriale, ma anche quello connesso all’interpretazione di una norma oscura, che, ad oggi, ha comportato 3 diverse chiavi di lettura in altrettanti gradi di giudizio.
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