Resilienza, una scelta
di Elena ValcarenghiSettembre, il mese dei rientri di massa al lavoro, a scuola, alla routine. Nel mio personalissimo calendario il nuovo anno inizia in questo mese e, come di consueto, porta con sé riflessioni e propositi. In ambito lavorativo quest’anno non ci hanno stupito con effetti speciali nel mese di agosto, così tutto è più tranquillo, ma è solo apparenza, perché ancora non ho smaltito il carico accumulato e la confusione impera tra ciò che esiste, ma ancora non è a regime, e quel che è già annunciato, ma non ancora certo. Anche ottobre è ormai trascorso, con l’autunno che tardava ad arrivare e ci ha donato giornate assolate e miti che, per chi come me vive in pianura padana, sono un regalo di valore. Mi sono concessa la partecipazione al Festival del lavoro in quel di Torino, momento che è stato lo spunto e l’occasione per rinnovare i miei propositi lavorativi.
Ho deciso. La parola d’ordine per il nuovo anno sarà “resilienza”. Perché? Perché è la capacità di reagire ai traumi, di far fronte alle difficoltà della vita, inclusa quella lavorativa.
L’anno trascorso è stato, come i precedenti, impegnativo, e quello in corso non sarà da meno, nonostante timidi segnali di ripresa che, pur nella sua inconsistenza, pare la panacea di tutti i mali rispetto al passato più recente. Dal confronto coi colleghi emergono dubbi e preoccupazioni per il futuro, confusione e stanchezza, ma anche la non voglia di arrendersi a ciò che potrebbe e dovrebbe essere migliorato. Ci si sente vessati per come siamo costretti a lavorare, obbligati a diventare tuttologi in tempo reale e ad acquisire competenze in ambiti a noi non prossimi per cercare di soddisfare le richieste di clienti molto attenti al necessario contenimento dei costi, ma non altrettanto pronti a identificare la professionalità di un servizio che non si costruisce se non con un serio e costante impegno e che, come in ogni altro campo, ha un proprio costo non trascurabile e non solo in termini economici. Anche l’apparato burocratico ci chiede di crescere per interagire con sistemi preconfezionati sulle necessità altrui, che spesso mal si conciliano con le nostre e che, purtroppo, con una certa frequenza, non funzionano a dovere.
Che dire poi dell’abbuffata normativa con relativo contorno di prassi e giurisprudenza che quotidianamente si riversa nei nostri studi con ogni mezzo? Vogliamo poi parlare del confronto con le realtà multinazionali? Ci si sente così piccoli e indifesi. Potrei continuare, ma sarebbe noioso e il punto credo sia chiaro: se si vuole essere persone oltre che professionisti è davvero dura tenere il ritmo senza sacrificare i propri spazi e il proprio tempo, col rischio di non essere né l’uno né l’altro in modo soddisfacente, in un quadro generale che porta a chiedersi se la professione avrà un futuro.
Fatto il punto delle lamentele, però, occorre decidere come si voglia far fronte alla situazione, ed è qui, ritengo, che il nostro essere professionisti, tesi alla soluzione dei problemi, debba emergere con forza. Se perdiamo la capacità di reagire siamo già sconfitti, pur nella certezza che non ogni tentativo andrà a buon fine. Se ognuno di noi, nel suo piccolo mondo quotidiano, trovasse il modo di trasformare i lamenti in propositi avremmo giornate più serene e migliori risultati. Chissà se questi risultati poi potranno risolvere alcune delle situazioni che proprio non funzionano, perché la resilienza non significa arrendersi a ciò che non va e accettarlo passivamente per quieto vivere, ma trovare un modo per confrontarsi con i problemi e risolverli in modo costruttivo. Non diamo per scontato che nel nostro piccolo nulla si possa fare per risolvere la grandi questioni, in fondo la goccia d’acqua scava la roccia.
Così, ma solo a titolo di esempio, proviamo a non inondare il cassetto previdenziale Inps con richieste banali, quasi fosse l’unica fonte di informazione, e proviamo a cercare da noi alcune risposte insieme ai nostri collaboratori, così da liberare risorse per la definizione delle pratiche, ma al contempo, se registriamo qualche comportamento difforme dalle regole posto in essere dai funzionari, non spaventiamoci di fronte alla grandezza del Palazzo e cerchiamo di ottenere, nelle sedi e nei modi opportuni, soddisfazione alle nostre pretese.
Serve formarsi? Può essere, ma in fondo è il nostro lavoro. Male che vada avremo migliorato il nostro bagaglio di conoscenza facendo il possibile, onorando così noi stessi e il mandato del cliente e contribuendo al corretto funzionamento del complesso sistema cui apparteniamo. Ognuno degli ingranaggi contribuisce al corretto funzionamento del sistema e noi ne siamo parte integrante.
Lo so, è impopolare, attendo perciò le vostre critiche o, meglio ancora, le vostre proposte.
Segnaliamo ai lettori che è possibile inviare i propri commenti tramite il form sottostante.
Centro Studi Lavoro e Previdenza – Euroconference ti consiglia
15 Novembre 2017 a 19:18
Carissima Collega,
Approvo le lamentele e spesso le insoddisfazioni che ti fanno passare ogni desiderio di continuare a non mollare. “resilienza,resilienza,resilienza”.
Ho 52 anni, sono in treno perché ho apppena terminato un corso.
Barcollo ma non mollo. Ogni tanto, ti chiedi se ne vale la pena.
Complimenti per il tuo blog.
Buona serata
16 Novembre 2017 a 10:35
Gentile collega buongiorno e grazie.
Ne vale sempre la pena, perché prima che professionisti siamo persone e quel che facciamo ha valore per noi prima ancora che per gli altri o per gli onori.
Il tuo viaggio serale in treno dopo un corso è già una scelta e una risposta in sé.
Siamo già in due e, ne sono certa, non siamo sole.
Buona giornata e buon lavoro.
16 Novembre 2017 a 14:07
Perfettamente d’accordo collega!
Troppi colleghi sono ormai rassegnati, annoiati, arresi.
Con la negativitià non si va da nessuna parte, quindi forza, forza e ancora forza!
E, sarò retorica, per noi donne e mamme anche un pò di più.
Buon lavoro
16 Novembre 2017 a 17:14
grazie e buon lavoro anche a te.
e siamo in tre….
30 Dicembre 2017 a 9:44
Scusate il ritardo, sto leggendo soltanto adesso l’articolo.Sono d’accordo con tutti: studiare per poter reagire è l’unica,per noi è per il cliente. Però una considerazione va fatta:siamo troppo soli, o almeno io mi sento troppo sola. Ci sarebbe estremo bisogno di collettività nelle azioni e soprattutto appoggio dall’alto…che purtroppo sui problemi reali quotidiani è totalmente assente.
8 Gennaio 2018 a 13:37
Collega buongiorno e buon anno. Credo tu abbia ragione, Ci sentiamo soli. Però, come hai potuto leggere, in fondo non lo siamo. Ringrazio ogni giorno di avere amici e colleghi che mi supportano e coi quali potermi confrontare. Le decisioni toccano a me, ma condividerne il percorso è consolante. Trovo che la nostra sia una categoria in cui lo scambio è più facile che in altre, ma cerco sempre di partecipare alle occasioni di incontro quali i convegni o i corsi, così da sentirmi “in rete” con chi i miei problemi li conosce bene perché li vive in prima persona. Non so a chi ti riferisca quando pensi all’appoggio dall’alto, ma non mi sento di lamentarmi in questo senso perché l’ordine e l’associazione locali sono presenti e credo che anche i ns. organi nazionali facciano la loro parte. Mi permetto di insistere su ciò che ognuno di noi nel suo piccolo può fare, anche solo con un blog. Buon lavoro e forza!