Redditività operativa: guida pratica per studi professionali
di Alessandro Torselli – Consulente di BDM Associati Scarica in PDFIl contesto socioeconomico degli studi professionali degli ultimi anni non è più florido come in passato. Questo cambiamento ha costretto i professionisti ad avere maggiore attenzione e consapevolezza su quegli aspetti e strumenti spesso trascurati e sottovalutati. Questo avveniva essenzialmente per mancanza di una vera leva motivazionale per iniziare a lavorare su questi aspetti gestionali.
Tra questi, rientrano sicuramente gli indici di redditività, utilizzati in ambito aziendale per valutare le performance, l’andamento di periodo e la pianificazione in progetti futuri.
Gli indici di redditività appartengono alla categoria degli indici di bilancio e misurano la capacità di un’impresa di generare valore e produrre reddito.
La loro funzione è quella di fornire parametri sintetici che forniscano un confronto più agevole e significativo sia a livello temporale (confronto tra periodi di gestione) che a livello competitivo (analisi di mercato)
Per poterli calcolare si rende quasi sempre necessario mettere a confronto dati provenienti da:
- Conto economico riclassificato;
- Stato patrimoniale riclassificato.
Esistono numerosi indicatori di redditività e alcuni di questi esprimono la stessa misura (es. MOL (Margine operativo lordo) ed EBITDA (Earnings Before Interest, Taxes, Depreciation and Amortization).
Tuttavia, non tutti vanno bisogna presi in considerazione, ma solo quelli pertinenti al tipo di osservazione che si va ad effettuare.
È funzionale osservare le variazioni degli indici nel tempo, attraverso l’analisi dello stesso indicatore eseguita su bilanci di annualità differenti in modo da studiarne l’evoluzione e le variazioni da un periodo all’altro, per poi risalire ai fattori che li hanno determinati.
In questo articolo analizzeremo alcuni di questi indici.
Il ROI (Return on Investment) o Indice di redditività operativa è tra quelli più utilizzati in economia e in finanza. Imprenditori e finanziatori ne usufruiscono per verificare la capacità dell’impresa di utilizzare in maniera efficiente le risorse disponibili per creare reddito. Si tratta di un indicatore versatile che può essere utilizzato in vari campi di attività come acquisti, investimenti e strategie di marketing. Il Return on investment appartiene agli indici di redditività impiegati per apprezzare l’attitudine della gestione aziendale a remunerare il capitale investito. Questo indice esprime quindi la capacità dei ricavi di coprire i costi e remunerare il capitale di rischio e di debito. Un’azienda solida ottiene buoni livelli in termini di ROI: genera valore per imprenditori e finanziatori, i quali possono a loro volta reinvestire parte del capitale. Chi è titolare di una PMI o di uno Studio Professionale è consapevole dell’importanza strategica del ritorno sulla redditività;si tratta di un circolo virtuoso che permette all’organizzazione di crescere.
Questo indice si ottiene con la seguente formula:
ROI = (Reddito Operativo / Capitale Investito Operativo Netto) *100
Al numeratore figura quindi il reddito operativo, ossia i proventi generati dall’attività primaria dell’impresa. Non deve essere confuso con l’utile netto, in quanto quest’ultimo indica la differenza tra ricavi e spese di tutte le attività d’impresa. Quando si parla di reddito operativo si fa riferimento alla gestione caratteristica aziendale e quindi ai proventi generati esclusivamente dalle attività primarie.
Al denominatore figura invece il capitale investito operativo netto, ossia l’insieme delle fonti di capitale da remunerare. Le fonti di capitali, che rappresentano gli investimenti aziendali, possono essere finanziate attraverso prestiti o tramite capitale proprio (autofinanziamento). In estrema sintesi indica il totale degli investimenti effettuati per lo svolgimento dell’attività economica d’impresa.
Quali sono i valori che il ROI deve raggiungere per essere considerato positivo?
- Ottimo per valori uguali o superiori al 10% – 12%
- Buono per valori compresi tra l’8% e il 9%
Un ROI negativo indica che l’operazione finanziaria intrapresa dall’azienda sta comportando perdite all’attività economica e che il capitale investito non sta generando alcun reddito. È quindi fondamentale un’inversione di rotta.
Passiamo ora ad un altro indice di redditività, il ROE (Return on Equity).
A differenza del ROI, il ROE misura la redditività del solo Capitale Proprio, ovvero serve all’investitore/titolare di studio per verificare il tasso di remunerazione del capitale conferito a titolo di rischio e viene usato per calcolare quanto rende il nostro capitale investito. Viene, di rimando, anche usato per valutare se il management del capitale all’interno dell’azienda è stato efficiente ed efficace per aumentare gli utili.
Calcolare questo indicatore è molto semplice e lo si può fare mediante la seguente formula:
ROE = (UTILE NETTO) / (PATRIMONIO NETTO) *100
Come possiamo capire se il risultato ottenuto è soddisfacente oppure no?
- ROE > 0 l’azienda/lo studio sta generando ricchezza;
- ROE = 0 l’azienda/lo studio non sta creando né distruggendo ricchezza;
- ROE < 0 l’azienda/lo studio sta distruggendo ricchezza;
Tratteremo ora un ultimo indicatore di redditività: l’EBITDA (Earnings before Interest, Taxes, Depreciation and Amortization).
Tra i primi indicatori studiati dagli analisti, il suo principale vantaggio è quello di mostrare la capacità di un’azienda di generare reddito. Calcola e misura la redditività operativa e prende in considerazione solo le componenti inerenti al business aziendale. Questo indicatore lo si può trovare una volta riclassificato il conto economico e la formula per calcolarlo è la seguente:
EBITDA = VALORE DELLA PRODUZIONE – COSTI DELLA PRODUZIONE – COSTO DEL PERSONALE
In altre parole, l’EBITDA mostra quanto rimane all’azienda per far fronte a: investimenti (ammortamenti); interessi (debiti verso banche); tasse e remunerazione dei soci (utili).
Come faccio a capire se il risultato ottenuto è accettabile? Possiamo utilizzare il metodo dell’EBITDA Margin.
L’EBITDA Margin altro non è che il rapporto tra l’Earnings before Interest, Taxes, Depreciation and Amortization e il valore della produzione in percentuale
EBITDA Margin = (EBITDA / VALORE DELLA PRODUZIONE) x 100
Questo indice ci aiuterà a capire se la società è solida o se, invece, le spese operative stanno erodendo gli utili.
Se ipotizzassimo di avere un EBITDA Margin del 10%, significherebbe che per ogni 100€ di fatturato, l’azienda avrà a disposizione 10€ per coprire i costi dell’attività aziendale. In generale, un EBITDA Margin va sempre ricercato il più elevato possibile.
In conclusione, questi indici presi nella loro singolarità possono dare delle informazioni molto utili nella valutazione della salute aziendale. Tuttavia, è solo con la loro interconnessione che è possibile avere un quadro completo della performance complessiva dell’azienda.