Pubblico impiego: nullo il trattamento economico maggiore di quello previsto dalla contrattazione collettiva
di RedazioneLa Cassazione Civile, Sezione Lavoro, con ordinanza 23 giugno 2021, n. 17986, ha stabilito che, nell’impiego pubblico contrattualizzato, il riconoscimento al lavoratore di un trattamento economico maggiore di quello previsto dalla contrattazione collettiva risulta essere affetto da nullità, principio che, ovviamente, vale anche allorquando tale contrattazione rinvii a delibere datoriali, di cui stabilisce regole e modalità di determinazione, com’è nel caso di specie, ove l’articolo 17, Ccnl Area dirigenziale del Comparto Regioni Enti Locali 1998-2001, nel prevedere l’indennità di risoluzione o supplementare, ne riconnette l’importo a un dato numero di mensilità di retribuzione comprensive della quota della retribuzione di posizione in godimento, così facendo riferimento a quest’ultimo istituto retributivo quale regolato dal sistema contrattuale collettivo, che, a propria volta, rinvia a delibere degli enti, da adottare tenendo conto di parametri connessi alla collocazione nella struttura, alla complessità organizzativa, alle responsabilità gestionale interne ed esterne. Pertanto, l’erogazione di un’indennità supplementare basta su un’indennità di posizione corrisposta in misura diversa da quanto dovuto secondo le delibere datoriali esistenti è in sé indebita, in quanto fondata su previsione invalida.
Nel caso di specie, la Suprema Corte ha rigettato le domande dei ricorrenti, i quali contestavano la pretesa dell’ex datore di lavoro di ripetere le somme erogate in eccedenza a titolo di indennità di posizione nonché a titolo di indennità supplementare per risoluzione consensuale del rapporto e di Tfs.
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