Prorogato il diritto allo smart working per i genitori di figli under 14
di Luca Vannoni Scarica in PDFIn sede di conversione del D.L. 198/2022, c.d. Milleproroghe, mediante L. 14/2023 (Gazzetta Ufficiale n. 49/2023) è stato “resuscitato”, dal 28 febbraio fino al 30 giugno 2023, il diritto per i lavoratori subordinati del settore privato, genitori di figli under 14, allo svolgimento della prestazione in modalità di smart working.
Introduzione
Durante l’emergenza pandemica, tra i tanti strumenti utilizzati per fronteggiarne gli effetti, era stato creato il diritto per il lavoratore subordinato, nel settore privato, di vedersi concessa la modalità di svolgimento della prestazione di lavoro in smart working se genitore di figlio under 14: era il tempo della Dad, delle chiusure delle classi in presenza, di isolamenti e quarantene, aspetti che al momento sono usciti dal nostro vivere quotidiano.
In una prima fase il diritto era stato agganciato allo stato di emergenza (D.L. 34/2020, articolo 90) e, una volta conclusosi, è stato oggetto di una serie di proroghe – che fra l’altro hanno quasi sempre lasciato brevi periodi non coperti – terminate il 31 dicembre 2022. Già prima di tale scadenza, era emersa tuttavia la volontà dell’attuale governo di prorogarne ulteriormente l’efficacia, attuata poi con la conversione del decreto Milleproroghe: le ragioni di tale ulteriore proroga al 30 giugno appaiono alquanto misteriose e, se dal lato dei lavoratori riconosce un diritto sicuramente utile, a livello complessivo non può che rallentare il processo di normalizzazione dello smart working, sia per le aziende che intendono strutturarlo nella loro organizzazione, sia per quelle che, viceversa, vorrebbero tornare esclusivamente a una modalità in presenza, tenuto conto che sulla materia esiste una norma stabile e non emergenziale, recentemente introdotta dal D.L. 105/2022 (articolo 4, comma 1), la quale riconosce ai lavoratori genitori di figli under 12 la “priorità” nelle richieste di svolgimento della prestazione in smart working.
Fra l’altro, si consenta un’osservazione da genitore: in assenza di sospensioni scolastiche o Dad per questioni pandemiche, risulta ancora più incomprensibile la proroga al 30 giugno: almeno fino a metà giugno c’è la frequenza scolastica, ed è quando la scuola finisce che bisogna riorganizzare le attività dei figli.
Come vedremo poi nel corso dell’articolo, non sono pochi i passaggi incerti che contraddistinguono l’applicazione del diritto in commento.
Proroga e delimitazione del diritto allo Smart Working
La proroga è stata disposta dalla legge di conversione (L. 14/2023) del D.L. 198/2022, con decorrenza 28 febbraio 2023, mediante intervento sul D.L. 24/2022 (articolo 10, comma 2 e punto 2, allegato B), che, a sua volta, richiama la disposizione che ha originato tale diritto, e cioè il D.L. 34/2020, articolo 90, commi 1 e 2.
In base a tale previsione, hanno diritto a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile i genitori lavoratori dipendenti del settore privato che hanno almeno un figlio minore di anni 14, a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione lavorativa e che nel nucleo familiare non vi sia:
- altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito in caso di sospensione o cessazione dell’attività lavorativa;
- genitore non lavoratore.
Il comma 2, articolo 90, precisa poi che la prestazione lavorativa in lavoro agile possa essere svolta anche attraverso strumenti informatici nella disponibilità del dipendente qualora non siano forniti dal datore di lavoro.
Nel caso in cui non vi siano incompatibilità legate alla tipologia di prestazione, si sottolinea come la disposizione in commento riconosca ai lavoratori un diritto soggettivo pieno, che di per sé non richiederebbe né accordo con il datore di lavoro né esplicito consenso da parte di quest’ultimo, fermo restando le eccezioni sopra indicate legate a condizioni soggettive dell’altro genitore.
A ogni modo, assodato il diritto allo smart working, si ritiene imprescindibile arrivare a un accordo con il datore di lavoro sulle concrete modalità con cui poi si svilupperà l’attività nella modalità agile, tenuto conto che per espressa previsione normativa la stessa definizione del lavoro agile prevede un’alternanza tra presenza in azienda e attività svolta da remoto: la previsione in commento apre la porta allo smart working, ma non ne prevede l’integralità.
La valutazione della compatibilità deve poi limitarsi alle mansioni specificatamente assegnate al lavoratore: in caso di assenza di compatibilità, il lavoratore non può richiedere una diversa organizzazione del lavoro che, mediante l’assegnazione temporanea a nuove mansioni, compatibili con il lavoro agile, e la sostituzione nelle precedenti da parte di lavoratori in forza gli consenta di svolgere in tale modalità la prestazione di lavoro.
Su tale aspetto, quindi, vi è una profonda differenza con il diritto al lavoro agile per i lavoratori fragili (da intendersi come i lavoratori affetti dalle patologie individuate dal decreto del Ministero della salute 4 febbraio 2022), in quanto per quest’ultimi il diritto al lavoro agile travalica i limiti di compatibilità delle mansioni, potendosi sostanziare per espressa previsione di legge anche attraverso l’assegnazione a una mansione diversa purché compresa nella medesima categoria o area di inquadramento.
Riguardo alle condizioni soggettive dell’altro genitore, essendo negative – non essere beneficiario di strumenti di sostegno al reddito e non essere lavoratore – esse potrebbero determinare problematiche di verifica in capo al datore di lavoro. Si sottolinea come non venga presa in considerazione l’eventuale separazione dei genitori, che potrebbe spostare considerevolmente gli equilibri nella gestione familiare e, parallelamente, non sia prevista alcuna alternatività tra i genitori, che potrebbero richiedere entrambi tale modalità, creando così situazioni evidentemente contradditorie.
Per quanto riguarda la condizione riferita al non essere beneficiario di strumenti di sostegno al reddito in caso di sospensione o cessazione dell’attività lavorativa, la norma nulla specifica sul tipo di sospensioni. Se, da una parte, non ci sono dubbi che se l’altro genitore si trova sospeso in Cig, il primo genitore non potrebbe beneficiare di tale diritto, altre forme di sospensioni del rapporto potrebbero suscitare ulteriori problematiche: si pensi a congedi L. 104 o a congedi legati ad altri figli presenti in quel contesto familiare; a ogni modo, dal tenore della norma, si ritiene che le sospensioni a cui si è riferito il Legislatore (che escluderebbero il diritto allo smart working) siano solo quelle innescate dal datore di lavoro (Cig, Cigs, Fis, etc.) e non quelle richieste dal lavoratore (congedi parentali, etc.).
È noto poi che le sospensioni dell’attività legate alla crisi di impresa possono avere un andamento a singhiozzo (si pensi a rotazioni in caso di sospensioni a 0 ore), possono essere solo parziali (riduzioni orarie) e possono comportare la partecipazione a corsi di formazione o riqualificazione professionale, rendendo quanto mai difficile il monitoraggio di tali circostanze.
La medesima grossolanità caratterizza la condizione di “non essere lavoratore”: l’assenza di ulteriori precisazioni porta a ritenere che l’altro genitore non debba essere esclusivamente un lavoratore subordinato; il diritto al lavoro agile deve essere riconosciuto anche se l’altro genitore è lavoratore autonomo o sta svolgendo attività di lavoro parasubordinato (ad esempio, collaborazioni coordinate e continuative) o Presto.
In punta di diritto, se l’altro genitore fosse un tirocinante/stagista, non sussisterebbe il diritto allo smart working per il primo genitore in quanto lo stage/tirocinio non si qualifica come un rapporto di lavoro, ma come un’esperienza formativa in azienda e, quindi, lo stagista non potrebbe essere giuridicamente etichettato come lavoratore: a ogni modo, tenuto conto della ratio della norma, si ritiene dover dar rilievo alla presenza di attività lavorativa (che ovviamente caratterizza anche stage e tirocini).
Infine, si evidenza come la norma non abbia espressamente previsto alcuna sanzione in caso di mancato riconoscimento del lavoro agile, in assenza di condizioni preclusive: il fatto che tale regime termini il 30 giugno potrebbe, in caso di contenzioso con il lavoratore, presumibilmente determinare, più che provvedimenti esecutivi, richieste risarcitorie.
Inoltre, in caso di rifiuto illegittimo si ritiene applicabile quanto previsto dall’articolo 18, L. 81/2017, così come modificata dal D.Lgs. 105/2022:
“La lavoratrice o il lavoratore che richiede di fruire del lavoro agile non può essere sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito o sottoposto ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro. Qualunque misura adottata in violazione del precedente periodo è da considerarsi ritorsiva o discriminatoria e, pertanto, nulla”;
inoltre:
“Il rifiuto, l’opposizione o l’ostacolo alla fruizione del lavoro agile, secondo quanto disposto dal comma 3-bis, ove rilevati nei due anni antecedenti alla richiesta della certificazione della parità di genere di cui all’articolo 46-bis del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198 o di analoghe certificazioni previste dalle regioni e dalle province autonome nei rispettivi ordinamenti, impediscono al datore di lavoro il conseguimento delle stesse certificazioni”.
Comunicazione ammnistrativa
Come è noto, dal 1° febbraio 2023, le comunicazioni amministrative relativa allo smart working (articolo 23, L. 81/2017), devono essere inviata soltanto mediante la procedura ordinaria con l’applicativo disponibile su Servizi Lavoro (https://servizi.lavoro.gov.it/SmartWorking/Gestione): come riportato espressamente sul sito del Mlps, le comunicazioni riferibili a lavoratori “fragili” e lavoratori con figli minori di 14 anni, possono essere inoltrate senza l’allegazione dell’accordo individuale.
La norma strutturale: la priorità al lavoro agile per i genitori di figli under 12
Come evidenziato in premessa, uno degli aspetti maggiormente negativi della proroga del diritto allo smart working per i genitori di figli under 14 sta nel fatto che, nel corso dell’estate passata, con il D.Lgs. 105/2022 è stata introdotta, in via strutturale, la priorità allo svolgimento della prestazione in smart working alle richieste presentate da lavoratori con figli fino a 12 anni di età (o senza alcun limite di età in caso di figli in condizione di disabilità L. 104/1992).
Appaiono notevoli incongruenze: si pensi al fatto che un genitore di figlio under 14 fino al 30 giugno 2023 potrebbe “pretendere” il lavoro agile mentre un genitore di figlio over 14, ma in condizione di disabilità, avrebbe solo la priorità nelle richieste di lavoro agile, senza nessun diritto soggettivo, ancorché condizionato, comparabile con i genitori di under 14.
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