1 Luglio 2016

Proposte di lettura da parte di un bibliofilo cronico

di Andrea Valiotto

La mala setta

Francesco Benigno

Einaudi

Prezzo – 35

Pagine – 445


Questo libro si propone di affrontare in modo nuovo la questione del crimine organizzato italiano nella seconda metà del XIX secolo, utilizzando la categoria di «classi pericolose». Questa impostazione è diversa dalla prospettiva, comunemente adottata, che punta viceversa a studiare il crimine organizzato ottocentesco ex post, per cosí dire, «dall’oggi», e cioè a partire dalle forme e dalle strutture che la criminalità organizzata si è data durante il secondo dopoguerra. Vi è al fondo di questa prospettiva un residuo di un pregiudizio di stampo romantico, l’idea per cui vi siano dei soggetti separati, «i criminali», intesi come un popolo a parte, portatore di inequivocabili stigmate comportamentali e attitudinali che li rendono sempre uguali a sé stessi malgrado il tempo trascorso. L’adozione del modello delle «classi pericolose» consente invece di muoversi in direzione opposta, basandosi sulla concezione del crimine condivisa nell’Ottocento. Tutto ciò ha conseguenze importanti. Piuttosto che considerare, ad esempio, l’analisi della mafia delle origini come una sorta di premessa utile a sceverare le radici lunghe di pratiche criminali che daranno poi luogo nel XX secolo a «Cosa nostra», esso invita invece a immergersi nella confusione dei discorsi e delle pratiche di quell’epoca. Inoltre, una prospettiva del genere obbliga a riunire ciò che è stato artificialmente separato, vale a dire l’indagine sulla camorra a quella sulla mafia. Vi è infine il bisogno di uscire da una certa concezione ristretta della storia del crimine come storia sociale intesa alla vecchia maniera, reintroducendovi le urgenze della politica e le forme dell’immaginario collettivo. Lo sviluppo del crimine organizzato nei primi due decenni dell’Italia unita, e in particolare la crescente popolarità di mafia e camorra considerate alla stregua di sette segrete, è strettamente legato alla lotta dello Stato contro gli eversori, repubblicani prima e socialisti internazionalisti poi. In questo dirompente e innovativo libro, Francesco Benigno illustra il rapporto tra il neonato Stato italiano e la criminalità organizzata, avvalendosi di fonti d’epoca poliziesche e giudiziarie oltre che delle fonti giornalistiche coeve. Il risultato dell’indagine mostra come attorno al nodo dell’ordine pubblico la società italiana si divida e si ricomponga lungo linee di frattura che oppongono – a Nord come a Sud – svariate opzioni ideali e politiche e differenti concezioni della pubblica sicurezza. Il libro mostra anche la genesi di pratiche poliziesche di manipolazione, infiltrazione e diversione comuni in epoca liberale e che, attraverso il fascismo, sono poi transitate nell’Italia repubblicana.

 

Estetica senza dialettica – Scritti dal 1933 al 2014

Estetica_senza_dialettica__Scritti_dal_1933_al_2014.jpgGillo Dorfles

Bompiani

Prezzo – 70

Pagine 2784


Includere tutto quanto non può essere escluso dal discorso estetico. Questo potrebbe essere il principio orientativo che ha sempre guidato la ricerca di Gillo Dorfles nel campo dell’estetica, cominciata sullo spartiacque tra primo e secondo Novecento filosofico. Questo anche potrebbe riassumere il criterio adottato nell’ordinare un così possente “libro di una vita”, che appare in tal misura ampio perché la vita intellettuale del suo autore è stata di particolare ampiezza. A suo confronto, le restrizioni schematiche di tanti indirizzi filosofici o estetici solo accademici paiono preoccupazioni di una scolastica che ha premura di creare partizioni. Che cosa è estetica, che cosa rientra in essa e che cosa no. Questo libro, invece, raccogliendo tutto intero un orientamento sin dalla sua origine, sin dal primo grado della sua iniziazione, potrà somigliare a una grande introduzione, anziché a un libro consuntivo. Ampiezza, dunque, secondo i canovacci della disciplina che non possono essere scissi, che già i fondatori della stessa (e tra di essi Vico e Baumgarten) dettavano come suoi protocolli, consapevoli che delimitare un sapere come l’estetica vuol dire circoscrivere un sistema “complesso”. Non potremmo pensare all’autore dell’Estetica del mito (e di quanti mai altri miti filosofici dell’estetica) senza pensare contemporaneamente all’autore di Nuovi riti, nuovi miti, Dal significato alle scelte, La perdita dell’intervallo. Innalzare dighe tra l’uno e l’altro sarebbe incomprensibile, proprio in virtù di quell’aisthesis cui sempre essi risalgono, nell’arte, nella conoscenza, nell’“estetica del quotidiano”. Riaffrontando così il pensiero mitico, rileggendo Cassirer, Schelling e Vico, avvertendo l’originalità che scaturisce ancora dalla facoltà fantastica postulata da Croce (sciolto dai viluppi idealistici), il pensiero dell’autore ripercorre in modo audace tutte le esperienze, anche quelle che il suo secolo (e la sua generazione, soprattutto) ha scacciato. L’impressione che il lettore può trarre, inoltrandosi in così tanti spazi e dimensioni che circoscrivono oltre ottant’anni di pensiero e di esercizio critico, secondando le profondità come le superfici, sarà quella di uno spirito che ha sempre superato il banale senso di equilibrio, il dignitoso veto imposto agli uomini di “scienza” di non oltrepassare la frontiera stabilita, mentre si accorgerà che l’autore ha sempre perorato la “libertà di scelta” (come filosofo, come critico, come artista) e, con essa, ricercato l’asimmetrico.L.C.

 

Diluvio di fuoco

Diluvio_di_fuoco.jpgNeri Pozza

Amitav Ghosh

Prezzo – 18,50

Pagine – 704


È il 1840 a Canton e l’opera del commissario Lin, inviato dall’Imperatore a porre fine al contrabbando dell’oppio per salvare le terre del Celeste Impero, ha già mutato il volto della città. Dell’antica Fanqui-town, l’enclave straniera, è rimasto poco o nulla. La factory britannica, un tempo l’edificio più affaccendato e grandioso dell’enclave, è chiusa e sbarrata, le verande deserte, le lancette dell’orologio del campanile ferme. I mercanti inglesi sono stati espulsi; non prima, però, d’aver consegnato l’intero carico celato nelle stive delle loro navi. Le confische imperiali cinesi, tuttavia, non passano affatto sotto silenzio a Londra. Troppo importante l’oppio per le casse della regina, e troppo grandi e innumerevoli le opportunità di profitto in quella zona del mondo, per non scatenare una guerra sotto l’insegna della libertà di commercio Gli uomini della Ibis – ciurma, passeggeri e coolies – si ritrovano nel cuore del conflitto sotto bandiere diverse, a rappresentare le opposte culture, tradizioni, costumi in gioco in quel confronto globale Convinto che una spedizione britannica, favorita dal denaro dei mercanti, possa non soltanto generare enormi profitti, ma inaugurare anche un nuovo tipo di guerra in cui gli uomini d’affari siano protagonisti a pieno titolo, il proprietario della Ibis, Mr Burnham, spedisce la goletta, carica d’oppio, nelle acque del Mar Cinese Meridionale. E nomina commissario di bordo l’americano Zachary Reid, risoluto nel suo nuovo compito al servizio degli inglesi, ma sempre ossessionato dal ricordo dell’enigmatica Paulette Lambert Neel, l’ex raja di Raskhali caduto in rovina e artefice di una rocambolesca fuga dalla Ibis in compagnia di un gruppo di detenuti, i famigerati coolies, sceglie, invece, la sponda opposta, e a Canton figura tra gli informatori di rilievo del commissario Lin, e del suo tentativo di dotare la marina del Celeste Impero di imbarcazioni adeguate al confronto con la potente flotta britannica. Perso ogni contatto col padre, Raju, il figlio di Neel, parte alla volta di Canton deciso a ritrovarlo e finisce arruolato come pifferaio nella Bengal Native Infantry, il corpo dei sepoy nelle cui fila milita, orgoglioso e impettito nella sua impeccabile divisa, l’havildar Kesri Singh, fratello di Deeti, la vedova ribelle. Il giovane lascaro Jodu, infine, convertitosi agli insegnamenti del Profeta, decide di combattere dalla parte degli infedeli che adorano idoli e animali piuttosto che di quelli che adorano macchine e bandiere.

 

Acciaio contro acciaio

Acciaio_contro_acciaio.jpgJ. Singer

Adelphi

Prezzo – 16

Pagine – 244


 Le strade roventi popolate da orde di mendicanti, da cortei funebri, da bande militari tedesche che incedono con grande strepito, dai temuti Ussari della morte che sfilano in tutto il loro minaccioso splendore, da individui affamati e senza casa che si aggirano con espressione apatica, indifferente. Il gigantesco cantiere sulla Vistola dove gli operai – russi, ebrei e polacchi – si sfiancano assonnati e indolenziti, perennemente sovrastati dal fragore delle onde, dal rombo dei macchinari, dal ruggito delle voci che sbraitano in varie lingue. È la Varsavia che accoglie Binyamin Lerner, reduce da nove mesi sul fronte galiziano nella fanteria dello zar. E più che mai deciso a sopravvivere, anche a prezzo della diserzione, a conquistare il suo destino in un mondo divelto dalle fondamenta: a contrastare, acciaio contro acciaio, l’inesorabile violenza della Storia. Una violenza che Singer ha vissuto sulla propria pelle e nella quale – mentre seguiamo Binyamin dal vertiginoso caos di Varsavia a una comune agricola in Polesia e infine a Pietroburgo, cuore della Rivoluzione – ci sprofonda, letteralmente, con la prodigiosa maestria che i molti lettori della Famiglia Karnowski hanno imparato a conoscere.

 

L’inverno del mondo

Linverno_del_mondo.jpgKen Follet

Mondadori

Prezzo – 17

Pagine – 960


Nel 1933 Berlino è in subbuglio. L’undicenne Carla von Ulrich, figlia di Lady Maud Fitzherbert, fatica a comprendere le tensioni che lacerano la sua famiglia nei giorni in cui Hitler inizia l’ascesa al potere. In questi tempi tumultuosi fanno la loro comparsa sulla scena Ethel Leckwith, la formidabile amica di Lady Maud, e suo figlio Lloyd, che presto sperimenterà sulla propria pelle la brutalità nazista. E poi Volodja Peškov, destinato a un brillante futuro nei servizi segreti sovietici, e sua cugina Daisy, grande frequentatrice dell’alta società, e i due fratelli americani Woody e Chuck Dewar… Vite, passioni, speranze che verranno divorate dalla più grande e crudele guerra nella storia dell’umanità, fra Londra e Berlino, la Spagna e Mosca, Pearl Harbor e Hiroshima, nelle residenze private come sui campi di battaglia che hanno segnato il Novecento. Nel secondo capitolo della “Century Trilogy”, Ken Follett ci accompagna lungo gli anni centrali del ventesimo secolo attraverso le vicende delle cinque famiglie già protagoniste de La caduta dei giganti, catapultando il lettore nei drammi sempre più complessi di un mondo che sta subendo incredibili sconvolgimenti.