Professioni e futuro: le aggregazioni sono un trampolino di lancio per il futuro
di MpO & partners Scarica in PDFNegli ultimi venti anni abbiamo assistito ad un cambiamento significativo nel modo in cui i professionisti esercitano la loro attività. Questo fenomeno non riguarda solo i consulenti del lavoro ed i commercialisti ma si estende anche ad altre professioni quali, ad esempio, dentisti, farmacisti e avvocati. Tradizionalmente, i professionisti italiani svolgono l’attività professionale in modo autonomo ma si evidenzia che stanno progressivamente adottando un approccio aggregativo per rispondere alle crescenti esigenze dei clienti che richiedono servizi sempre più complessi, diversificati e veloci. Questa evoluzione spinge i professionisti a organizzarsi in modelli più strutturati in grado di fornire servizi ad alto contenuto intellettuale e altamente specializzati.
Perché tanta voglia di aggregazione?
Per dare una risposta a tale domanda occorre partire da alcuni dati molto interessanti che sono stati rilevati dall’Ente Nazionale di Previdenza ed Assistenza ai Consulenti del Lavoro (ENPACL).
Ad oggi sono iscritti alla cassa 24.075 consulenti del lavoro di cui 11.866 femmine e 13.209 maschi (Fonte https://www.enpacl.it/).
Nel corso dell’anno 2023 si sono iscritti alla cassa 1.078 Consulenti del Lavoro (di cui 494 donne) e il numero degli associati all’ENPACL, al 31 dicembre 2023 (con un leggerissimo decremento rispetto al 2022 – 25.328 iscritti), ha raggiunto quota 25.265 di cui il 47% donna.
Tale dato conferma il trend iniziato già da anni e che, ad oggi, vede 7 Regioni (Emilia-Romagna, Lazio, Liguria, Marche, Piemonte, Sardegna, Umbria) a maggioranza femminile.
Anche il fatturato IVA dichiarato dai professionisti iscritti ha visto un incremento del 5% rispetto all’anno precedente.
Per quanto concerne, infine, la fascia di età degli iscritti circa il 28% è over 60.
In ultimo, anche le Società tra Professionisti e le associazioni tra professionisti stentano a decollare nonostante la maggiore redditività dei professionisti che operano in forma associata (o societaria) rispetto ai professionisti organizzati sotto forma individuale.
Questi dati hanno avuto, quale naturale conseguenza, una maggiore concorrenza tra i professionisti sul territorio nazionale riducendo, di fatto, il numero di clienti pro-capite.
Pertanto, la maggior concorrenza ha comportato una compressione dei fatturati e dall’estensione delle aree di competenza è derivato un aumento della domanda specialistica da parte della clientela. Entrambi questi fenomeni hanno determinato una significativa spinta per gli studi professionali ad organizzarsi secondo modelli più complessi in grado di far fronte all’evoluzione del mercato e di lavorare secondo criteri aziendali di autonomia organizzativa e massima redditività.
Si evidenzia, inoltre, che negli ultimi anni si sono evolute anche le finalità stesse delle operazioni M&A di studi professionali.
Infatti, sino a qualche anno fa l’operazione di acquisizione di uno studio professionale avevano quale unica finalità quella di rilevare lo studio professionale senza un progetto di acquisirne altri. Tali operazioni vedono sul palcoscenico due attori:
- il professionista cedente che, dovendo gestire il passaggio generazionale dello studio e dare continuità alla sua struttura (e realizzare anche una sorta di “TFR” di fine carriera) decide di trasferire a terzi il proprio studio;
- il professionista acquirente che, per varie ragioni, desidera crescere e consolidare la propria professionalità (come ad esempio far fronte alla perdurante crisi ed alla conseguente perdita di clientela, il giovane professionista che desidera iniziare l’attività professionale con uno studio già avviato, etc.).
Da qualche anno si stanno consolidando operazioni più strutturate con l’obiettivo di acquisizione di più studi professionali sull’intero territorio nazionale al fine di:
- generare economie di scala;
- iper specializzare i professionisti;
- adottare logiche aziendali (quali un accurato controllo di gestione, l’organizzazione e la gestione del personale, l’implementazione di una struttura di marketing e commerciale, e l’inserimento di figure dotate di adeguate competenze, etc.) al fine di incrementare la marginalità dei servizi offerti.
Inoltre, queste operazioni prevedono la creazione di entità “industrializzate” per quanto riguarda le attività ripetitive e standardizzate (quali ad esempio l’elaborazione dei cedolini paga, il data entry, ecc.) a cui vengono affiancate STP o associazioni professionali in cui confluiscono i professionisti cedenti (anche in questo caso i professionisti si garantiscono una sorta di “TFR” di fine carriera) e che gestiscono le attività a più alto contenuto intellettuale. Nell’ambito di queste ultime la tendenza è quella dell’iperspecializzazione dei professionisti i quali si dedicano a solo alcune aree specialistiche essendosi liberati dell’onerosa gestione quotidiana dello Studio ed avendo un bacino di clienti notevolmente incrementato rispetto a prima.
Aggregarsi? Sì. Con quali effetti?
In più di un’occasione i vari consigli nazionali di categoria (Consulenti del lavoro, commercialisti, avvocati, etc.) spingono molto sull’aspetto della specializzazione e dell’aggregazione tra i professionisti.
I processi aggregativi permettono non solo di migliorare la qualità del servizio (naturale conseguenza della specializzazione) ma anche di incrementare la quantità dei servizi offerti ai clienti sfruttando la multi-disciplinarietà offerta dai diversi professionisti aggregati.
Come già accennato precedentemente in tali strutture si possono adottare logiche aziendali nella gestione dello Studio (quali ad esempio il marketing, il controllo di gestione, la pianificazione strategica) con effetto positivo sulla marginalità e ridurre la dipendenza da servizi standardizzati che saranno sostituiti da Intelligenze Artificiali.
Ad oggi, quindi, i professionisti per competere devono necessariamente aggregarsi e specializzarsi al fine di offrire alla propria clientela servizi ad alto contenuto intellettuale e sempre più diversificati.