17 Gennaio 2019

Primi arruffati interventi della contrattazione collettiva sul tempo determinato

di Luca Vannoni

Durante lo scorso mese di dicembre, diversi rinnovi di Ccnl hanno regolamentato il contratto a termine e la somministrazione, sia per dettagliare i tanti passaggi tenebrosi della regolamentazione di tali contratti a seguito dell’infelice Decreto Dignità, sia per attutire, ove possibile, gli effetti nefasti di tale provvedimento.

È opportuno ribadire a caratteri cubitali che al momento non vi è alcun rinvio da parte del novellato D.Lgs. 81/2015 alla contrattazione collettiva, volto a concedere a tale fonte la possibilità di individuare le motivazioni che possano sorreggere contratti di durata superiore a 12 mesi o le proroghe che comportino il superamento di tale durata del vincolo contrattuale, ovvero il rinnovo dei contratti, dove la motivazione è obbligatoria a prescindere dalla durata del contratto.

Pertanto, l’intervento della contrattazione collettiva, al momento, ha valore se va a dettagliare le motivazioni legali previste dall’articolo 19, comma 1, D.Lgs. 81/2015, ma non ha alcun supporto legale se, viceversa, sostituisce tali motivazioni, in quanto si porrebbe in contrasto con il dato normativo. Il valore del legittimo intervento di dettaglio, ad ogni modo, non può comunque precludere, in caso di contenzioso, una valutazione da parte del giudice se effettivamente le ipotesi specificate dalla contrattazione collettiva rientrino nel parametro legale. Niente di nuovo, basti pensare alla materia del licenziamento disciplinare, dove vi è una florida produzione della contrattazione collettiva volta a dettagliare e attualizzare nel settore il concetto di giusta causa, che può benissimo essere superata da diverse valutazioni giudiziali.

Detto questo, vi sono contratti che, come avveniva in passato, riprendono pedissequamente il dato normativo, con nessuna utilità diretta se non di consolidamento comunicativo di disposizioni normative (ad esempio CED, rinnovato a dicembre). Ma almeno non fanno danni.

Molto più pericolosi sono gli accordi che introducono motivazioni autonome, che, come detto, non hanno alcun fondamento di delega normativa.

Nel rinnovo del settore Fiori recisi, siglato il 18 dicembre 2018 da Ancef, Flai, Fisascat e Uiltucs, sono state individuate una serie di causali autonome (ad esempio esigenze produttive straordinarie, connesse alle iniziative commerciali e di continuo miglioramento qualitativo peculiari dei prodotti florovivaistici) per rapporti soggetti al D.Lgs. 81/2015 (non si tratta di OTD) che richiedono estrema attenzione: non rientrando in nessuna delle 3 macro motivazioni legali ex articolo 19, comma 1, applicarle vorrebbe dire rischiare una trasformazione a tempo indeterminato. Sempre che non venga data questa possibilità di intervento mediante riforma normativa, caldeggiata da parte della maggioranza al Governo e ostracizzata (o non compresa nella sua utilità) dall’altra.

Comunque, che qualcosa non abbia funzionato nel rinnovo dei Fiori recisi lo si comprende dall’ultimo passaggio dell’articolo dedicato al tempo determinato: “resta comunque fatta salva per le aziende, ricorrendo le specifiche previsioni normative di cui al D.Lgs. 87/2018, la facoltà di procedere alla stipula di contratti a tempo determinato a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo anche se riferibili all’ordinaria attività dell’impresa”.

Sicuri sicuri???

 

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