I poteri dell’amministratore giudiziario nei rapporti di lavoro
di Evangelista Basile Scarica in PDF
Con ordinanza n. 2803 del 5 febbraio 2025, la Corte di Cassazione ha affermato che, nelle aziende sottoposte a sequestro giudiziario, l’amministratore ha il potere di risolvere il rapporto di lavoro su autorizzazione del giudice, senza dover seguire le garanzie procedimentali proprie del licenziamento disciplinare, purché la decisione sia adeguatamente motivata con il richiamo alla misura adottata dall’Autorità giudiziaria.
Il caso di specie nasce dall’impugnazione giudiziale di un licenziamento irrogato a un lavoratore dall’amministratore giudiziario della società datrice di lavoro. Adito il Tribunale, il lavoratore riteneva dunque il proprio licenziamento illegittimo, poiché intimato durante il periodo di malattia e in violazione della procedura di cui all’articolo 7, L. 300/1970, per il solo fatto che egli risultava persona sottoposta alle indagini per reati inerenti al traffico illecito di rifiuti. Rappresentava, peraltro, che il Tribunale del Riesame di Palermo, giudicando in via cautelare, aveva escluso il fumus commissi delicti a suo carico e chiedeva in ogni caso di sospendere il giudizio in attesa della definizione di quello penale.
Il Tribunale, tuttavia, rigettava il ricorso, sul rilievo che il licenziamento fosse riconducibile alla disciplina speciale del cd. Codice Antimafia, di cui agli articoli 35, 41 e 56, D.Lgs. 159/2001, applicabile alla fattispecie a motivo del decreto di sequestro preventivo che in data 18 dicembre 2017 aveva attinto la società datrice di lavoro, sottoponendola ad amministrazione giudiziaria, ex articolo 12-sexies, D.L. 306/1992 -, normativa speciale improntata alla salvaguardia dell’ordine pubblico che sottraeva il licenziamento alle garanzie procedimentali proprie del licenziamento disciplinare.
La Corte d’Appello, invece, ribaltava la sentenza di primo grado e accoglieva il ricorso, ritenendo assenti nel caso di specie i requisiti per l’applicazione del Codice Antimafia richiamato dalla pronuncia di primo grado.
La Cassazione – nel ribaltare nuovamente la pronuncia di merito – rileva, preliminarmente, che la disciplina in materia di sequestro di prevenzione delle società è improntata alla salvaguardia dell’ordine pubblico e alla funzionale destinazione dell’azienda all’esercizio dell’impresa. Per la sentenza, ne consegue che l’amministratore giudiziario è tenuto a provvedere alla custodia, alla conservazione e all’amministrazione dei beni sequestrati, potendo procedere alla risoluzione dei rapporti di lavoro, senza che trovino applicazione le garanzie proprie del licenziamento disciplinare.
Unica condizione di legittimità richiesta, in tal caso, è che la risoluzione del rapporto contenga la specificazione dei motivi di recesso.
Secondo i giudici di legittimità, infatti, la decisione di risoluzione del rapporto non assume natura disciplinare, risultando espressione di un potere funzionale alla gestione del bene sequestrato e alla tutela delle esigenze di ordine pubblico.