In pensione con la previdenza complementare: le novità della Legge di Bilancio 2025
di Antonello Orlando Scarica in PDF
Con questo contributo si approfondiscono le novità, contenute nella L. 207/2024, relative alla previdenza complementare. In particolare, si analizzano il panorama normativo vigente e l’introduzione del principio di cumulo fra il valore della pensione Inps e quello delle rendite dei Fondi pensione, pensato dal 2025 per invogliare all’adesione alla previdenza complementare nell’ottica di riuscire ad anticipare l’ingresso a pensione, incrementando il ricorso alle rendite e il valore dei redditi pensionistici percepiti dopo la propria carriera lavorativa.
Lo stato dell’arte
Nonostante il proliferare di interventi sulla previdenza di primo pilastro, con particolare riferimento alle pensioni erogate dall’Inps, prima della Manovra di bilancio per il 2025, il Legislatore non toccava il capitolo del secondo pilastro da qualche anno. In particolare, l’intervento di maggiore rilievo, inaugurato nel 2016 e successivamente stabilizzato, era consistito nella introduzione della RITA (Rendita integrativa temporanea anticipata), che ha consentito un utilizzo innovativo del risparmio previdenziale nei Fondi pensione, dando l’opportunità agli iscritti di utilizzare il proprio montante per essere accompagnati verso la pensione di vecchiaia di primo pilastro con una vera e propria funzione di reddito ponte (spesso privilegiata anche – e soprattutto – per il vantaggioso regime fiscale che consente la tassazione ridotta fra 15% e 9%, senza addizionali, anche per le quote di montante accantonate prima del 2007). Un dato, tuttavia, è evidentemente balzato all’occhio del Legislatore, fotografato dalla relazione annuale della Covip del 2024 e inerente al 2023. In particolare, le considerazioni del presidente della Covip del giugno 2024 evidenziavano i seguenti dati: “Nel 2023, le uscite per la Gestione previdenziale hanno totalizzato 11,6 miliardi di euro, 300 milioni in più rispetto all’anno precedente. Sono state erogate prestazioni pensionistiche in capitale per 4,5 miliardi di euro e in rendita per 400 milioni di euro. Nell’anno, sono stati corrisposti anche 1,9 miliardi di euro di rendite integrative temporanee anticipate (RITA), per lo più concentrate nei Fondi pensione preesistenti. I riscatti ammontano a 2 miliardi di euro; le richieste di anticipazioni a 2,5 miliardi di euro”.
Secondo quanto analizzato dall’ente di vigilanza dei Fondi pensione nel 2023, le richieste della rendita, rispetto a tutte le prestazioni erogate, sono pari al 3,4% del totale erogato dai Fondi di secondo pilastro. Le novità introdotte dalla Legge di Bilancio 2025 possono essere lette in controluce, rispetto a questo trend, che continua, per la stragrande maggioranza di chi investe in un Fondo pensione, a inquadrare le prestazioni richiedibili quasi esclusivamente sotto forma di capitale (annoverando, fra questi, anche la RITA, che, di fatto, costituisce un capitale frazionato in un massimo di 5 o 10 anni), riscatto o anticipazione.
I commi da 181 a 185 dell’articolo 1, L. 207/2024, introducono per la prima volta un principio di omogeneizzazione fra primo e secondo pilastro, pur nel rispetto dell’autonomia del calcolo delle rendite e delle regole della singola forma di risparmio della previdenza complementare.
La prima novità: la pensione anticipata per nuovi iscritti e l’opzione per la rendita
L’articolo 1, comma 183, L. 207/2024, modifica i requisiti della pensione anticipata contributiva, con una facoltà che potrà esercitare, specie per le prossime generazioni di lavoratori, una forte attrattiva non più solo per incrementare il valore della futura pensione, ma soprattutto per anticiparne la decorrenza.
A proposito di quanto innovato con il testo della Manovra , va ricordato che gli assicurati che non hanno accrediti contributivi al 31 dicembre 1995 possono ottenere, oltre alla pensione anticipata ordinaria (che per il 2025 chiede ben 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini, 1 anno in meno per le donne e con 3 mesi di finestra), la pensione anticipata contributiva (disciplinata dall’articolo 24, comma 11, D.L. 201/2011), se sono raggiunti, assieme, i 3 requisiti di seguito elencati:
- almeno 64 anni d’età;
- almeno 20 anni di contributi effettivi (requisito, unitamente a quello anagrafico, aggiornato ogni biennio sulla base degli adeguamenti a speranza di vita confermati con decreto direttoriale);
- un importo minimo della pensione (importo soglia) che è stato pari ad almeno 2,8 volte l’assegno sociale fino al 31 dicembre 2023. Tale importo minimo, per le pensioni decorrenti dal 1° gennaio 2024, è stato elevato a 3 volte l’assegno sociale per uomini e donne senza figli, scendendo a 2,8 volte l’assegno sociale solo per le donne con un figlio e a 2,6 volte l’assegno sociale per le donne con 2 o più figli. L’innovazione della Legge di Bilancio, dal 2030, prevede un ulteriore innalzamento del valore soglia per uomini e per le donne senza figli a 3,2 volte l’assegno sociale. Il valore dell’assegno sociale viene aggiornato annualmente (da anni con trend crescente).
I valori vigenti, rispetto al valore soglia sopra citato, per il 2025 sono rappresentati nella seguente tabella:
Valori soglia pensione anticipata contributiva 2025 | |
Uomini e donne senza figli | 1.616,04 euro |
Donne con 1 figlio | 1.508,30 euro |
Donne con 2 o più figli | 1.400,56 euro |
Non si deve dimenticare che, dal 1° gennaio 2024, è stata introdotta anche una finestra trimestrale tra la maturazione dei requisiti e la decorrenza della pensione; fino al momento del compimento dell’età di vecchiaia, all’importo lordo della pensione è applicato un tetto massimo pari a 5 volte il trattamento minimo (per il 2025 pari a circa 3.083 euro lordi mensili). Considerando che si parla di pensioni integralmente calcolate con metodo contributivo, un valore minimo di 1.600 euro, circa, lordi mensili non appare affatto scontato, come lo sarebbe stato, invece, per le generazioni precedenti, beneficiarie del metodo di calcolo misto o retributivo puro.
Su questa forma di pensionamento anticipato, la Manovra introduce dal 2025 la possibilità di considerare, su opzione liberamente esercitata dal lavoratore, anche il valore di una o più prestazioni di rendita erogata dalle forme pensionistiche di previdenza complementare per raggiungere il valore minimo pensionistico lordo sopra citato, insieme al valore della prima rata di pensione Inps. I lavoratori di entrambi i sessi, che sono iscritti a uno o più forme di previdenza complementare (sia negoziali sia aperti, PIP inclusi), al momento della domanda di pensione godranno della facoltà di optare per convertire il proprio montante accantonato nel Fondo in una rendita, secondo le modalità previste dal singolo fondo (rendita vitalizia, reversibile, etc.).
Tale facoltà non modifica le regole già vigenti, per effetto del D.Lgs. 252/2005, in materia di rendita: secondo tale norma, le prestazioni pensionistiche in regime di contribuzione definita e di prestazione definita possono essere erogate in capitale, secondo il valore attuale, fino a un massimo del 50% del montante finale accumulato, e in rendita per la restante parte. Nel computo dell’importo complessivo erogabile in capitale sono scomputate le quote di montante già erogate a titolo di anticipazione per le quali il titolare della posizione non abbia spontaneamente provveduto al reintegro. Fra le possibilità residuali di monetizzazione in capitale al 100% del montante al momento del pensionamento, resta vigente la regola secondo cui, nel caso in cui la rendita derivante dalla conversione di almeno il 70% del montante finale sia inferiore al 50% dell’assegno sociale, il montante può essere erogato integralmente in capitale.
L’assicurato che desideri raggiungere il valore soglia per accedere a pensione a 64 anni, anticipando fino a 3 anni la decorrenza della pensione di vecchiaia, potrà, a questo punto, utilizzare anche il valore della rendita erogata dal proprio Fondo pensione (o più Fondi, qualora nella sua vita lavorativa avesse aperto anche una posizione presso un Fondo aperto o, ancora, avesse cambiato settore nel proprio lavoro subordinato, accedendo ad altre forme negoziali di previdenza complementare, senza trasferire il pregresso presso un unico Fondo pensione). La scelta resterà libera, ma avrà come conseguenza di consentire più facilmente di traguardare il valore minimo della rendita, anno per anno vigente e variabile, a seconda del sesso e del numero dei figli (per le sole donne).
Per rendere omogeneo il valore della rendita erogata dalla previdenza complementare, variabile nelle sue modalità di determinazione secondo il regolamento del Fondo, la norma introduce un metodo convenzionale di conversione del montante, che, ai soli fini del raggiungimento dell’importo soglia, calcola la rendita secondo il coefficiente di trasformazione, aggiornato biennalmente, utilizzato dall’Inps per il calcolo delle proprie pensioni contributive a seconda dell’età del lavoratore al momento del pensionamento. Tale operazione, tuttavia, rendendo omogeneo il valore di 2 rendite, di per sé calcolate con criteri differenti, poteva causare una legittima “confusione” da parte dell’assicurato, che avrebbe visto transitare sul portale Inps un valore convenzionale delle rendite lontano da quello, poi, effettivamente utilizzato dal Fondo al momento dell’erogazione della rendita.
Proprio “per potere consentire una scelta consapevole da parte dell’assicurato”, la Legge di Bilancio 2025, all’articolo 1, comma 181, prevede che il lavoratore riceva da ciascun Fondo pensione anche una proiezione certificata del valore della rendita, in modo da distinguere fra il valore convenzionale utilizzato per raggiungere il valore soglia e quello che sarà poi effettivamente percepito mensilmente dal Fondo pensione.
Si ricorda, infatti, che il valore delle rendite è di norma variabile a seconda del tipo di prestazione richiesta dal lavoratore: vitalizia, reversibile, controassicurata, per un determinato numero di anni.
La Legge di Bilancio 2025, all’articolo 1, comma 182, prevede, altresì, l’emanazione di un decreto attuativo concertato fra il Ministro del lavoro e il Ministro dell’economia e delle finanze, che vada a individuare i criteri di computo e delle modalità di richiesta e di certificazione della proiezione della rendita. Verisimilmente, l’Inps introdurrà nelle proprie piattaforme informatiche un sistema di interscambio dei dati fra Istituto e Fondi pensione, con trasmissione sia del montante (necessario per calcolare il valore convenzionale della rendita ai fini del computo del valore soglia), sia della proiezione certificata dei vari Fondi, che servirà al lavoratore per comprendere il valore di massima dell’effettiva rendita che riceverà dalla propria forma di previdenza complementare in base alle proprie scelte.
Per i lavoratori che utilizzeranno tale facoltà di sommatoria fra rendita Inps e rendita dei Fondi pensione complementari, la Manovra prevede un graduale innalzamento del requisito contributivo della pensione anticipata a 64 anni, che passa da 20 a 25 anni di contributi effettivi dal 2025 e, dal 2030, a ben 30 anni di contribuzione effettiva. Si ricorda che, con la circolare n. 35/2012, l’Inps aveva già specificato come, ai fini del computo della contribuzione “effettiva”, è utile solo la contribuzione effettivamente versata (obbligatoria, volontaria, da riscatto), con esclusione di quella accreditata figurativamente a qualsiasi titolo (come quella per il servizio militare).
Si deve, poi, considerare come tale innalzamento graduale da 20 a 30 anni di contribuzione non generi un sostanziale restringimento della platea dei beneficiari di questa forma di anticipazione pensionistica, in quanto gli importi soglia tempo per tempo vigenti (che dal 2012 sono già passati da 2,8 a 3 volte l’assegno sociale nel 2024), rendevano comunque irrealistico un accesso a tale forma pensionistica anticipata, dato il valore con appena 20 anni di contributi effettivi.
Chi accede alla pensione anticipata contributiva, attivando l’opzione di “sommatoria” fra i 2 pilastri, ai fini del raggiungimento del valore soglia, riceve, invece, una reale penalizzazione: l’articolo 1, comma 183, L. 207/2024, infatti, prevede che la pensione anticipata non è cumulabile, a decorrere dal primo giorno di decorrenza della pensione, a valle della finestra trimestrale, fino alla maturazione dei requisiti per l’accesso alla pensione di vecchiaia (oggi a 67 anni), con redditi di lavoro dipendente o autonomo, a eccezione di quelli derivanti da lavoro autonomo occasionale nel limite di 5.000 euro lordi annui. Tale divieto di cumulo reddituale è il medesimo già attivo per le Quote 100, 102 e 103, nonché per l’APE sociale dal 2024.
Non sfugge, tuttavia, la sua apparente contraddittorietà con la percezione di una pensione completamente contributiva. Il limite attivo, fino all’età di vecchiaia di valore di questa pensione, pari a 5 volte il trattamento minimo, riguarderà esclusivamente il valore della pensione contributiva erogata dall’Inps, non ponendosi alcun limite alla percezione di somme erogate dal Fondo pensione.
Si può, a latere, ricordare anche che questa forma di accesso a pensione a 64 anni appare ancora accessibile anche a quei lavoratori assicurati con contributi versati anche prima del 1996 e originariamente fruitori del metodo di calcolo misto, purché gli stessi possiedano almeno un mese di contribuzione nella Gestione separata Inps (per amministratori, co.co.co., partite Iva senza Cassa e altre figure professionali) e che possiedano i requisiti per esercitare l’opzione per il metodo contributivo (almeno 15 anni di contributi, di cui una settimana prima del 1996 e almeno 5 anni successivi al 1995, ma con meno di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995). In questo caso, l’assicurato può sempre, al momento del pensionamento, esercitare la facoltà di computo in Gestione separata, ex articolo 3, D.M. 282/1996, nelle modalità illustrate dalla circolare Inps n. 184/2015, accedendo, così, anche alle pensioni riservate ai lavoratori iscritti dopo il 1995. Anche questi lavoratori attendono la finestra di 3 mesi e possono, teoricamente, attivare il “cumulo” fra valore della pensione Inps e rendita del fondo pensione.
Il secondo intervento: la pensione di vecchiaia contributiva e la sommatoria con la rendita del fondo pensione
La L. 207/2024 interviene anche sulla pensione di vecchiaia per iscritti alle Gestioni Inps i cui contributi sono collocati integralmente dopo il 31 dicembre 1995. In particolare, per questi assicurati i requisiti consistono in:
- almeno 67 anni di età (requisito aggiornato ogni biennio);
- almeno 20 anni di contributi;
- un valore soglia pari ad almeno una volta l’assegno sociale (prima del 2024 tale valore era pari a 1,5 volte l’assegno sociale).
Anche questi assicurati possono attivare volontariamente la facoltà di sommare il valore lordo mensile della pensione Inps, al momento della decorrenza, a quello della rendita erogata da uno o più Fondi – aperti e/o chiusi – di previdenza complementare, secondo le modalità che saranno illustrate dal Decreto interministeriale sopra citato. In questo caso, non vi è alcuna finestra, limite di cumulo reddituale o valore massimo della pensione, per cui la facoltà di sommatoria fra primo e secondo pilastro appare libera da qualsiasi penalizzazione. Va, tuttavia, rilevato come il valore soglia, in questo caso, sia molto più basso, ovvero pari per il 2025 a 538 euro lordi mensili.
I prossimi step: il Decreto interministeriale e la piattaforma Inps
Le innovazioni della L. 207/2024, descritte nei paragrafi precedenti, sono teoricamente efficaci dal 1° gennaio 2025, tuttavia, per essere effettivamente attuate, attendono l’apparizione del Decreto interministeriale, per il quale la norma non ha posto alcun termine, neppure ordinatorio. Il Decreto dovrà stabilire non solo le modalità di comunicazione fra Inps e i Fondi pensione, ma anche le modalità di trasmissione da parte dei Fondi ai propri iscritti della proiezione certificata della rendita. In realtà, a norma degli articoli da 13-bis a 13-septies, D.Lgs. 252/2005, ci sono già numerose previsioni di trasparenza a favore di chi versa a un Fondo di previdenza complementare. In particolare, è già previsto che gli aderenti e i beneficiari dei Fondi siano adeguatamente informati sulle condizioni della rispettiva forma pensionistica complementare (tra cui il profilo d’investimento e la natura dei rischi finanziari), nonché su tutte le modifiche relative alle regole del Fondo e alle riserve tecniche. Inoltre, i potenziali aderenti vengono informati su numerosi elementi, come i tipi di prestazione del Fondo e le opzioni d’investimento a loro disposizione, già prima della rispettiva adesione; non si deve dimenticare, anche, che a ciascun iscritto a un Fondo pensione viene trasmesso un documento annuale sulla propria posizione individuale e, almeno 3 anni prima della possibile età di pensionamento, un’informativa sulle opzioni di erogazione delle prestazioni pensionistiche, con anche informazioni periodiche sulle opzioni esercitabili per l’erogazione delle rendite nelle diverse modalità previste da ciascun Fondo.
L’articolo 1, comma 184, L. 207/2024, della Manovra prevede, poi, che, qualora dall’attività di monitoraggio, relativa agli effetti derivanti dalle nuove disposizioni di previdenza complementare, vengano riscontrati maggiori oneri rispetto a quelli previsti, con Decreto del Mef, concertato con il Ministero del lavoro, potrà essere stabilito un limite percentuale dell’ammontare mensile della prima rata della pensione di base ai fini del conseguimento degli importi soglia (limitando, dunque, il peso del valore della rendita sul valore minimo richiesto per il pensionamento a 64 anni), nonché a elevare ulteriormente gli importi soglia (che già dal 2030 saliranno a 3,2 volte l’assegno sociale) o, ancora, a prevedere ulteriori periodi di posticipo della prima decorrenza utile per il pensionamento anticipato, incrementando ulteriormente la finestra, a oggi pari a 3 mesi. L’Inps, secondo tale previsione, provvederà a questa attività di monitoraggio, fornendone i relativi dati a Mef e a Ministero del lavoro. Tale inciso normativo appare, in realtà, decisamente prudente: infatti, l’introduzione dei meccanismi di dialogo fra primo e secondo pilastro appare improntata a una forte gradualità e numerosi meccanismi compensativi, come l’incremento del valore soglia, il divieto di cumulo reddituale e la maggiorazione dei requisiti contributivi richiesti per accedere a questa pensione anticipata per chi si avvale del cumulo fra le 2 forme di rendita (Inps e dei Fondi pensione). Immaginare un notevole incremento dell’accesso ad anticipi pensionistici, in forza di questa previsione, vorrebbe dire un incremento all’adesione alla previdenza complementare e un veloce e pronunciato irrobustimento della contribuzione destinata a tale forma. Tale evoluzione non potrà, invece, che essere graduale, considerando, anche, che la contribuzione volontaria ai Fondi, così come la destinazione del Tfr per i lavoratori subordinati, comporta una radicale modifica della cultura negli investimenti previdenziali, nonché il superamento della percezione comune che vede l’adesione ai Fondi pensione come un irrigidimento della possibilità di monetizzare la propria retribuzione differita e, ancora, la sottoscrizione di un ulteriore prelievo dal proprio stipendio.
Un’ulteriore possibilità?
In ultimo, si segnala che la stessa Legge di Bilancio introduce dal 2025 una novità che si pone – teoricamente – in diretta contrapposizione con quella fin qui analizzata: i commi 169 e 170 dell’articolo 1, L. 207/2024, consentono, per i soggetti iscritti alle Gestioni Inps e privi di anzianità contributiva pensionistica al 1° gennaio 2025, di incrementare l’aliquota contributiva Ivs Inps a loro carico per un massimo di 2 punti (dal 9,19% all’11,19%), per incrementare conseguentemente il relativo montante contributivo individuale. L’ incremento del montante non rileverà, però, ai fini del valore soglia previsto per le pensioni contributive di vecchiaia e anticipata (rispettivamente, a oggi, a 67 e 64 anni) e la corrispondente maggiorazione sul valore di pensione sarà riconosciuta solo a partire dall’età di vecchiaia (se sarà raggiunto il valore soglia). I maggiori contributi versati (massimo 2% di aliquota Ivs supplementare a carico del lavoratore) saranno deducibili fiscalmente, ma solo per un massimo del 50% dell’importo versato. Anche in questo caso, la definizione delle modalità attuative della facoltà in oggetto è demandata a un Decreto interministeriale.
Va, però, subito rilevato come tale facoltà sia peggiorativa rispetto a quella del versamento a un Fondo pensione: infatti, i contributi ai Fondi pensione sono fiscalmente deducibili al 100% fino, di norma, alla soglia di 5.164,57 euro annui; inoltre, questi, grazie alla Manovra, producono un valore di rendita utilizzabile anche per anticipare la pensione a 64 anni, a differenza del 2% di Ivs supplementare che vale solo per il valore soglia della pensione di vecchiaia.
Si segnala che l’articolo è tratto da “La circolare di lavoro e previdenza”.