21 Febbraio 2018

Alcune peculiarità del rinnovo del Ccnl Autotrasporto merci e logistica

di Claudio Boller

Molti sono gli argomenti di interesse, sollevati dall’ipotesi di rinnovo per il Ccnl Autotrasporto merci e logistica, sottoscritta il 3 dicembre 2017. Non è ancora definitiva: rimane ancora da effettuarsi la fase consuntiva dei lavoratori, da completarsi entro il 31 gennaio 2018. Nel frattempo, comunque, si ritiene utile approfondire gli aspetti più innovativi e più critici di quanto già concordato dalle parti sociali. Viene infatti abrogato il divieto all’utilizzo del lavoro intermittente, vengono previsti trattamenti particolari in caso di nuove assunzioni, interventi di contrasto all’assenteismo e viene introdotta la clausola sociale nell’ambito degli appalti di lavori di logistica, facchinaggio e movimentazione merci.

 

Premessa

In data 3 dicembre 2017 è stata sottoscritta l’ipotesi per l’accordo di rinnovo del Ccnl per i dipendenti da imprese di spedizione, autotrasporto merci e logistica, scaduto 2 anni prima e cioè il 31 dicembre 2015; la prossima scadenza viene fissata al 31 dicembre 2019.

Si tratta di un contratto collettivo molto diffuso, che ricomprende un’ampia gamma di settori, dalla spedizione merci all’autotrasporto di merce su strada per conto di terzi, dalle imprese di servizi logistici alle imprese che svolgono commercio elettronico, dai magazzini generali ai terminal, dai centri di distribuzione e centri intermodali per conto terzi alle aziende produttrici di energia refrigerante, dalle aziende di servizi logistici anche integrati ai depositi.

Molti sono gli argomenti introdotti dalla nuova ipotesi di accordo, raggiunta anche al fine di evitare uno sciopero generale, dagli incentivi per le nuove assunzioni a tempo indeterminato alla riclassificazione del personale, dagli immancabili adeguamenti retributivi alla previsione dell’una tantum per la carenza contrattuale, dall’introduzione di tiepide misure contro l’assenteismo ingiustificato all’orario di lavoro per il personale viaggiante discontinuo, dalla delicata questione della disciplina per gli appalti all’abrogazione del divieto di lavoro intermittente.

Si poteva sicuramente fare di più, trattandosi di un settore particolarmente in difficoltà, soprattutto l’ambito dell’autotrasporto, che paga lo scotto dell’internazionalizzazione del mercato e la conseguente concorrenza non sempre del tutto corretta, soprattutto dei Paesi dell’est europeo, e degli aumenti costanti del gasolio da trazione.

 

Lavoratori nuovi assunti

Sulla scia di altri Ccnl rinnovati, viene introdotto un trattamento temporaneo, favorevole per le imprese, da applicarsi ai nuovi assunti.

Si tratta di una fase sperimentale al fine di incentivare nuova occupazione nel settore, che avrà durata per i prossimi 2 anni, fino cioè alla scadenza del rinnovo contrattuale.

Il nuovo trattamento provvisorio si concentra sulla maturazione progressiva dei Rol, dei permessi e delle ex festività nei primi 3 anni di assunzione:

Anno Rol Personale non viaggiante Ex festività Personale non viaggiante Ex festività

Personale viaggiante

Permessi

Personale viaggiante

1° anno 30% pari a 12 ore 1 giornata 1 giornate 1,5 giornate
2° anno 60% pari a 24 ore 2,5 giornate 2,5 giornate 2,5 giornate
3° anno 90% pari a 36 ore 3,5 giornate 4 giornate 4 giornate
4° anno 100% 100% 100% 100%

 

Viene anche previsto che gli scatti di anzianità, disciplinati dall’articolo 17, Ccnl, per i nuovi assunti decorrano dal quarto anno di assunzione; dal terzo anno qualora l’impresa goda, per le stesse assunzioni, di incentivi finanziati da norme nazionali e/o europee e, sempre nello stesso caso, dal terzo anno si raggiungerà anche il 100% della maturazione dei Rol ed ex festività.

Per poter applicare la nuova progressione di maturazione dei Rol, delle ex festività e dei permessi ai neo assunti, si dovrà sottoscrivere specifico accordo sindacale a livello territoriale o aziendale, con le organizzazioni sindacali firmatarie del Ccnl e territorialmente competenti, dando compiuta documentazione che negli ultimi 12 mesi non si è proceduto a licenziamenti collettivi.

Si tratta, invero, di un’ingiustificata limitazione, considerato che oltre il 90% delle aziende di autotrasporto hanno in forza un numero di lavoratori inferiore a 9, trasformando così l‘agevolazione in un mero scotto burocratico/sindacale. Probabilmente per queste realtà concretamente dovranno meramente rifarsi ai futuri accordi territoriali.

Viene posto un ulteriore limite, tra l’altro di difficile verifica: l’agevolazione, infatti, è applicabile una sola volta nella vita lavorativa del singolo lavoratore, a prescindere dall’azienda di cui è dipendente; costringendo ogni nuovo datore di lavoro a un’ironica approfondita indagine investigativa.

Viene inoltre introdotto il nuovo articolo 11-ter, in sostituzione del precedente articolo, abrogato in sede di documento definito il 21 giugno 2017.

Se le nuove assunzioni vengono effettuate per l’inserimento di personale viaggiante neopatentato, quindi con patente di guida emessa da meno di 3 anni e assunti con contratto di lavoro a tempo indeterminato, eventualmente anche a tempo parziale, può essere applicata una scaletta retributiva progressiva.

Anno Retribuzione tabellare
1° anno 90%
2° anno 90%
3° anno 95%
4° anno 100%

Condizione necessaria è che, nell’ultimo anno antecedente all’assunzione, non siano stati attivati e realizzati processi di riduzione del personale.

 

Misure contro l’assenteismo

I sindacati hanno, finalmente, recepito quanto l’assenteismo incida sulla gestione e sull’economicità di ogni impresa e, pertanto, in sede di rinnovo hanno previsto una specifica disposizione.

Da una prima lettura, e in attesa della stesura finale, sembrerebbe che gli interventi previsti siano ad appannaggio del solo personale viaggiante e/o del personale operativo collegato alla movimentazione merci e dei mezzi di trasporto.

Si tratta, invero, di un timido approccio, molto potevano fare in merito, molte le possibilità per prevedere sistemi di riduzione dell’assenteismo, mentre di fatto ci si è limitati a disciplinare fondamentalmente solo le assenze per malattie insorte il giorno immediatamente successivo alle giornate non lavorate.

Viene previsto, come disincentivo al fenomeno dell’assenteismo, in caso di assenze a seguito di malattia certificata, che inizia in giorno successivo alle giornate non lavorative, un trattamento economico particolare e progressivamente ridotto, da applicarsi ai primi 3 giorni di assenza, la c.d. “carenza”.

Alla quarta assenza per malattia, insorta dopo un giorno lavorativo, l’integrazione, a carico dell’azienda per i primi 3 giorni di malattia, sarà pari al 75% della retribuzione.

Alla quinta assenza per malattia, insorta dopo un giorno lavorativo, l’integrazione, a carico dell’azienda per i primi 3 giorni di malattia, sarà pari al 50% della retribuzione.

Alla sesta assenza per malattia, insorta dopo un giorno lavorativo, l’integrazione, a carico dell’azienda per i primi 3 giorni di malattia, sarà pari al 25% della retribuzione.

Dalla settima assenza per malattia, nulla sarà dovuto a carico dell’azienda per i primi 3 giorni di assenza.

La disposizione si applica a tutti gli eventi morbosi intervenuti a partire dal 1° gennaio 2018 e il numero di eventi, per il raggiungimento delle soglie di cui sopra, si computa considerando i 12 mesi precedenti dall’ultimo evento.

Sono escluse tutte le malattie con prognosi iniziale uguale o superiore a 7 giorni, e le malattie dovute a ricoveri ospedalieri, compresi i day hospital e day surgery, per patologie gravi che richiedono terapie salvavita, comprovate da idonea documentazione della struttura sanitaria, stati patologici sottesi o connessi a situazioni di invalidità riconosciuta in misura pari o superiore al 67%.

Il nuovo articolo prevede che gli importi trattenuti per effetto della riduzione progressiva della percentuale retributiva dovranno essere redistribuiti nell’ambito di accordi di secondo livello di contrattazione (articolo 38, Ccnl).

Da questa prima analisi, è facilmente ipotizzabile che tale previsione contrattuale a contrasto dell’abuso di assenteismo avrà ben pochi risvolti pratici; avrebbe sicuramente avuto più senso, come nel caso dell’articolo 176, Ccnl Terziario distribuzione e servizi Confcommercio, lì dove fossero state prese in considerazione tutte le malattie del periodo e non unicamente quelle a ridosso dei giorni non lavorativi.

Inoltre, vi è da considerare che il fenomeno dell’assenteismo ha moltissime sfaccettature; pensare che sia limitato e concentrarsi solamente sulle malattie strategiche del lunedì è significativo di un modo di approcciare il problema in maniera vetusta di almeno 40 anni.

Viene comunque prevista anche una fase di studio del fenomeno dell’assenteismo, da effettuarsi a livello aziendale con le OO.SS. territoriali.

Al termine del periodo di verifica dovrebbero essere messe in campo azioni di contrasto alle assenze, che incidano nell’ambito degli accordi di forfettizzazione.

Viene indicato come esempio che, al verificarsi di un incremento individuale di assenze effettuate in un singolo mese di competenza, debba corrispondere un decremento retributivo della parte di compenso per lavoro forfettizzato in base a una percentuale da determinarsi, oppure da quello risultante con l’applicazione dell’orario di lavoro ex articoli 11 e 11-bis, Ccnl.

Sarà da capire come, nel concreto, siffatta previsione potrà essere applicata, pertanto al momento ci si può solo astenere da ulteriori giudizi.

 

Lavoro intermittente

In maniera apparentemente asettica e molto stringata, in sede di rinnovo è stato prevista l’abolizione del divieto di utilizzo del lavoro a chiamata; per la precisione, precedentemente, il Ccnl affermava che: “Per quanto attiene il lavoro a chiamata e la somministrazione a tempo indeterminato, considerata la novità degli strumenti e stante la situazione congiunturale del settore, le parti convengono di non applicarli al settore”.

Molto si è discusso, in questi anni, in merito alla possibilità di utilizzare i rapporti di lavoro intermittente nell’ambito della logistica e del trasporto; abrogando la frase incriminata, viene ora ufficialmente aperta la possibilità di utilizzarlo fattivamente.

La disciplina, nata con la Legge Biagi nel 2003, ha subito molti interventi legislativi e, in ultimo, è intervenuto il Jobs Act, che ne ha dato compiuta definizione nella sezione II, dall’articolo 13 all’articolo 18, D.Lgs. 81/2015.

Si tratta di una particolare tipologia contrattuale, indistintamente attivabile sia a tempo indeterminato che determinato, che permette al datore di lavoro di utilizzare la prestazione lavorativa in maniera discontinua o intermittente, secondo le esigenze specificatamente individuate dai contratti collettivi, anche con riferimento alla possibilità che l’attività venga svolta in periodi predeterminati della settimana, del mese o dell’anno.

Come si evince dalla definizione, ruolo centrale per questa vera e propria tipologia lavorativa viene demandato alla contrattazione collettiva, in mancanza della stessa i casi di utilizzo del lavoro a chiamata vengono demandati al Ministero del lavoro, che, come si sa, certamente per mera pigrizia, ha pensato bene di utilizzare come riferimento un elenco datato 1923.

E qui si apre il capitolo interessante, in quanto, al punto 8, R.D. 2657/1923, viene espressamente previsto: “Il personale addetto ai trasporti di persone e di merci ed il personale addetto ai lavori di carico e scarico”.

Pertanto, da una parte avevamo un divieto contrattualmente previsto, rispetto al ricorso al lavoro a chiamata, dall’altra avevamo un rimando ministeriale a un elenco previsto all’interno di un R.D., che espressamente citava l’autotrasporto e logistica, autorizzandone l’utilizzo.

La Direzione generale per l’attività ispettiva del Ministero del lavoro, con nota n. 18194/2016, rispondendo a un parere su sollecitazione della DTL di Trieste e Gorizia, si era definitivamente espressa in merito.

La nota evidenziava l’illeceità dell’utilizzo del contratto di lavoro intermittente, qualora vi fosse un espresso divieto, nella contrattazione collettiva di categoria, in mancanza dell’individuazione delle ragioni e delle esigenze produttive, così come ivi previsto dal D.Lgs. 81/2015.

In pratica, il R.D. 2657/1923 era attivabile unicamente in mancanza di previsione contrattuale.

In realtà il Ministero del lavoro si era già espresso sull’argomento, ma in senso contrario, con la risposta all’interpello n. 37/2008, anche se in vigenza della precedente normativa dettata dal D.Lgs. 276/2003, lì dove il Ministero aveva escluso alla contrattazione collettiva la possibilità di avere un potere preclusivo in grado di vietarne l’utilizzo.

Rimaneva comunque sempre possibile il ricorso al lavoro intermittente, nel caso in cui si ravvisavano i requisiti soggettivi, cioè con lavoratori con meno di 25 anni e più di 55, in quanto si tratta di previsione ulteriore e aggiuntiva prevista dalla norma.

Con il rinnovo contrattuale e l’abrogazione del divieto al ricorso alla chiamata, cambiano gli scenari; si aprono cioè le porte alla possibilità di utilizzare lavoratori anche per prestazioni occasionali o discontinue nell’ambito del Ccnl Autotrasporto e logistica.

Particolare attenzione va posta al fatto che, trattandosi comunque di lavoratori a tutti gli effetti, si dovranno rispettare gli obblighi previsti dal T.U. 81/2008, e cioè visita medica, formazione e informazione sulla sicurezza, generando costi necessari, che però potrebbero non essere coperti da un utilizzo sporadico del lavoratore.

Tutto risolto, quindi?

Non proprio, l’articolo 13, D.Lgs. 81/2015, introducendo e definendo le prestazioni discontinue del lavoro a chiamata, prevede espressamente anche che i contratti collettivi ne indichino le esigenze per cui si possa utilizzare.

Nel caso di specie, invece, salvo che in sede di stesura definitiva non vi sia un ulteriore intervento specifico, nulla viene detto in merito; questo comporta una problematica operativa non di poco conto: si potrà infatti utilizzare il lavoro intermittente unicamente per i casi individuati con decreto del Ministero del lavoro, che, al momento, sono quelli rilevabili nel R.D. e nient’altro.

Quindi sì al lavoro intermittente in caso di autotrasportatori, di merce e/o di persone, e sì ai lavoratori addetti al carico scarico; sì anche ai pesatori, ai magazzinieri in genere e ai gruisti, per tutte le altre figure al momento si deve invece dire no.

Il Ccnl prevede anche la possibilità di accesso alla NASpI, in caso di interruzione del rapporto del lavoro a chiamata, possibilità che però verrà discussa in fase di stesura definitiva del contratto.

Vale la pena ricordare che rimane in piedi il divieto al ricorso alla somministrazione.

 

Appalto di lavoro

Il nuovo articolo 42, Ccnl, introduce la disciplina degli appalti nelle attività di logistica, facchinaggio e movimentazione e magazzinaggio merci all’interno dei processi produttivi.

Si tratta di un settore che, a detta delle parti sociali, ha rappresentato crescenti fenomeni di illegalità, tali da richiedere un intervento sindacale di maggiore impatto rispetto le precedenti previsioni contrattuali.

Parliamo di una materia particolarmente delicata, che prende forma dall’articolo 1655 cod. civ., lì dove viene definito come appalto il contratto con cui una parte assume il compimento di un opera o di un servizio (appaltatore), con propria organizzazione dei mezzi necessari per effettuarlo, con gestione a proprio rischio e in cambio di un corrispettivo in denaro (committente).

Negli anni si è riscontrato, da una parte, un sempre maggiore interesse imprenditoriale ai lavori in appalto e, dall’altra parte, la nascita di situazioni borderline, se non addirittura sfocianti nell’illecito, che hanno comportato una sempre maggiore attenzione legislativa, passando per l’articolo 29, D.Lgs. 276/2003, fino ad arrivare a normative di responsabilità solidale.

Ben venga, quindi, una maggiore disciplina contrattuale, che però rispecchia necessariamente tutti i limiti di una previsione che, comunque, rimane nella gestione privatistica delle parti.

Viene previsto che tutte le attività per la gestione delle operazioni di magazzino e di movimentazione e della logistica delle merci possano essere affidate in appalto unicamente a imprese che applicano il Ccnl in commento, pena la risoluzione del contratto d’appalto. Viene espressamente esclusa la possibilità di procedere con il sub-appalto, per evitare situazioni di abuso.

Ovviamente tali clausole sono applicabili lì dove anche il committente applica il Ccnl Trasporto e logistica, in quanto non possono essere previsti vincoli per società che hanno adottato Ccnl di altri settori.

Inoltre, tale previsione non tiene conto della possibilità che la società appaltatrice possa già applicare un Ccnl migliorativo rispetto a quello dell’Autotrasporto merci e logistica.

Viene anche previsto che i soggetti affidatari, gli appaltatori, siano necessariamente società di capitali iscritte alla CCIAA o società cooperative iscritte all’albo nazionale delle cooperative.

Attenzione, però: si tratta pur sempre di previsioni di natura meramente contrattuale; ci si deve chiedere come possa un Ccnl dettare legge sulla forma societaria che deve avere la società appaltatrice.

Sicuramente, nella stesura dell’articolo, le parti sociali avevano in mente unicamente aziende di grandi dimensioni e appalti del settore pubblico, considerato anche che viene previsto ora l’obbligo semestrale di “certificazione di rating rilasciata da società specializzata”.

Non poteva mancare la clausola, di natura squisitamente obbligatoria, che vincolerebbe il soggetto affidatario dell’appalto non solo all’applicazione del Ccnl, ma anche ad applicare quella parte del CCnl riguardante la sanità integrativa e l’ente bilaterale.

Clausole di tale fattispecie lasciano il tempo che trovano, giuridicamente parlando; in questo caso non è stata prevista alcuna forma alternativa, quale quella di corrispondere direttamente benefici equivalenti e/o restituire ai dipendenti in retribuzione la quota che sarebbe stata versata agli enti; conseguentemente, così come anche ampiamente evidenziato più volte dal Ministero del lavoro, rientra a tutti gli effetti nella parte obbligatoria del Ccnl.

Conseguenza diretta risulta essere che l’iscrizione alla sanità integrativa e all’ente bilaterale non siano vincolanti, diversamente da quanto riportato nell’accordo di rinnovo.

In caso di subentro per cambio di appalto, l’appaltante deve coinvolgere, con un preavviso di almeno 15 giorni, le OO.SS. stipulanti e competenti territorialmente; l’azienda subentrante, a sua volta e, quale clausola di salvaguardia sociale, in virtù di quanto previsto a livello comunitario (Direttiva 2014/24/UE, Direttiva 2014/25/UE), si impegna ad assorbire, con passaggio diretto, tutti i lavoratori impiegati nell’appalto stesso da almeno 6 mesi, mantenendo tutti i diritti economici e di anzianità maturati.

L’obbligo previsto dal Ccnl di subentrare anche nei rapporti di lavoro in essere prescinde dalla volontà delle parti e integra un’ulteriore espressa obbligazione di parificazione dei trattamenti retributivi per l’appaltatore; inoltre, prevedendo che nel subentro debbano essere coinvolti nel passaggio al nuovo datore di lavoro i dipendenti impiegati presso l’appaltatore uscente da almeno 6 mesi, l’obbligazione ha il fine di evitare eventuali azioni scorrette che potrebbe compiere l’appaltatore uscente a ridosso della fine dell’appalto.

In considerazione che quanto fin qui affermato si colloca su di un terreno particolarmente scivoloso, vale la pena un attimo soffermarsi sul fatto che questa tipologia di clausole contrattuali di assorbimento della manodopera e garanzia di parificazione retributiva scontano il problema dell’effettività, che spesso ha sollevato dubbi di legittimità costituzionale.

Si tratta, infatti, di clausole concordate tra le organizzazioni datoriali a cui il committente aderisce, con le organizzazioni sindacali rappresentanti i suoi dipendenti, ma manca totalmente della presenza dell’appaltatore e dei suoi di dipendenti, e cioè i soggetti che poi dovranno nella realtà dei fatti “subire” l’imposizione contrattuale.

In effetti, in mancanza di specifiche clausole di raccordo, inserite nel capitolato d’appalto, potrebbero sorgere molti problemi sulla reale portata delle previsioni contrattuali da Ccnl.

Esiste un principio costituzionale ineccepibile, dettato dall’articolo 39, la libertà sindacale, che, in un’ottica di diritto positivo, non permette a nessuno di obbligare l’appaltatore a regole contrattuali non sottoscritte o non demandate a terzi con esplicita adesione sindacale.

Tutto ruota sull’accettazione o meno da parte dell’appaltatore ad adeguarsi all’imposizione del Ccnl, conformandosi autonomamente alle conseguenze.

Come si evince, il nuovo articolo sugli appalti appena commentato porterà con sé sicuramente molte problematiche non di facile soluzione; l’impressione è che vi sia stata, da una parte, una certa “superficialità” e, dall’altra, un “eccesso di zelo”, dimenticandosi tra l’altro che il vero tessuto imprenditoriale è composto da piccole e micro aziende, compresi i tanto vituperati padroncini.

 

Si segnala che l’articolo è tratto da “La circolare di lavoro e previdenza“.

 

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