22 Febbraio 2018

Omesso versamento ritenute Inps: come conteggiare l’annualità di riferimento?

di Roberto Lucarini

Il tema “spinoso” del mancato versamento, da parte del datore di lavoro, delle ritenute previdenziali effettuate ai propri dipendenti, ha vissuto col 2016 una rilevante modifica normativa. A mezzo del D.Lgs. 8/2016 (“Disposizioni in materia di depenalizzazione”), si è infatti provveduto a una parziale depenalizzazione della fattispecie in esame, dato che, con la novella proposta, si sono scisse 2 ipotesi sanzionatorie:

– l’una in via amministrativa;

– l’altra, rimasta per l’ipotesi ritenuta più gravosa, sanzionata penalmente.

Si è posto, di fatto, un limite quantitativo (di valore) oltre il quale scatterà la sanzione penale, tenendo conto che l’omissione deve essere considerata su base annua.

In breve:

– omissione di importo uguale o minore di 10.000 euro: sanzione amministrativa da 10.000 a 50.000 euro;

– omissione di importo superiore a 10.000 euro: sanzione penale della reclusione fino a 3 anni e con la multa fino a 1.032 euro.

Oltre a diverse complicazioni, che spesso emergono quando ci si muove sul piano penale, in questo caso si è assistito a un curioso “balletto” di opinioni, tra loro contrastanti, sul tema dell’annualità civile da considerare ai fini del calcolo del valore sopra esposto.

In prima battuta uno potrebbe dire; un anno è composto da 12 mesi, quindi dover sta il problema?

A ben vedere, stante il fatto di agire in ambito contributivo, la questione delle mensilità (12 naturalmente) con cui comporre l’anno non è del tutto scontata. Lo sappiamo tutti: i contributi di competenza di un mese vengono versati entro il 16 del mese successivo.

Il problema quindi è, semplificando al massimo: dobbiamo dunque tenere conto delle mensilità di competenza, ovvero delle mensilità considerate per cassa, quali scadenze di versamento?

Nel primo caso (competenza) dovremo tenere conto dei versamenti operati a partire dal 16 febbraio dell’anno in esame (di competenza del gennaio dell’anno stesso) e fino al 16 gennaio dell’anno successivo (di competenza del mese di dicembre dell’anno in esame); nel secondo caso (cassa) dovremo tenere conto dei versamenti operati a partire dal 16 gennaio dell’anno in esame (di competenza del dicembre dell’anno precedente) e fino al 16 dicembre dello stesso anno (di competenza del mese di novembre). Un turbinio di date, di cui mi scuso se vi ha fatto girare la testa, ma sul quale non è opportuno scherzare; dal criterio corretto dipende infatti il calcolo circa il superamento del limite annuo.

Col tempo, a partire dal luglio 2016 (circolare Inps n. 121/2016), ma con avallo da parte del Ministero del lavoro (nota n. 9099/2016), si sostenne la tesi di cassa. Poi, mesi dopo, arrivarono i giudici di Cassazione (sentenza n. 39882/2017) i quali si espressero, al contrario, a favore del criterio di competenza. Vista tale pronuncia l’Inps tacque, mentre l’INL si affrettò a rettificare il suo primo intervento, con nuova nota n. 8376/2017, sposando la tesi degli Ermellini. Insomma un caos; facile immaginarsi come potevano essere certi dei propri atti i giudici di merito, i difensori degli imputati, i pubblici ministeri e gli stessi ispettori, riguardo al calcolo del valore limite annuo!

Col 2018 altra novità, peraltro al momento diffusa solo parzialmente; dopo evidenti scontri e malumori, si sono infatti investite del problema le SS.UU. della Cassazione. Quest’ultime, il 18 gennaio scorso, hanno diffuso un’“Informazione provvisoria” (n. 1) nella quale riassumono il loro pensiero; la sentenza l’avremo con calma…

Per farla breve le SS.UU. avallano la tesi che premia il criterio di cassa, per cui sarà bene tenere conto dei versamenti operati a partire dal 16 gennaio dell’anno in esame (di competenza del dicembre dell’anno precedente) e fino al 16 dicembre dello stesso anno (di competenza del mese di novembre). Le motivazioni al momento sono sconosciute; conosciuta, invece, è l’urgenza di tale decisione, che sul fronte di parecchi processi risulta davvero necessaria, dato il trambusto proposto dai vari attori in gioco nei mesi precedenti. L’Inps ha trionfalmente ribadito il tutto con recente messaggio n. 437/2018.

Che sia la volta buona ai fini di definire la questione? Speriamo.

A titolo individuale, per quanto poco questo possa contare, non mi sembra che questa sia la soluzione giuridicamente più corretta. Ho, al contrario, l’impressione che sia la soluzione per i problemi gestionali Inps, dato che l’Istituto sembra aver mostrato parecchie difficoltà a eseguire un controllo sulla base del criterio di competenza. Forse mi sbaglio … anche se, parafrasando un vecchio e potente uomo politico, “a pensar male si fa peccato, ma a volte ci si azzecca”. Amen!

 

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