Gli obblighi informativi in materia di orario dopo il D.Lgs. 104/2022
di Luca VannoniIl tema della prevedibilità minima del lavoro trova la sua concreta attuazione non solo nel Capo III, articolo 9, D.Lgs. 104/2022, ma anche nel Capo II, relativo alle informazioni sul rapporto di lavoro.
L’articolo 4, D.Lgs. 104/2022, modificando il D.Lgs. 152/1997, prevede, alle lettere o) e p) che tra le “informazioni” da comunicare al lavoratore vi sia anche:
“o) la programmazione dell’orario normale di lavoro e le eventuali condizioni relative al lavoro straordinario e alla sua retribuzione, nonché le eventuali condizioni per i cambiamenti di turno, se il contratto di lavoro prevede un’organizzazione dell’orario di lavoro in tutto o in gran parte prevedibile;
p) se il rapporto di lavoro, caratterizzato da modalità organizzative in gran parte o interamente imprevedibili, non prevede un orario normale di lavoro programmato, il datore di lavoro informa il lavoratore circa:
- la variabilità della programmazione del lavoro, l’ammontare minimo delle ore retribuite garantite e la retribuzione per il lavoro prestato in aggiunta alle ore garantite;
- le ore e i giorni di riferimento in cui il lavoratore è tenuto a svolgere le prestazioni lavorative;
- il periodo minimo di preavviso a cui il lavoratore ha diritto prima dell’inizio della prestazione lavorativa e, ove ciò sia consentito dalla tipologia contrattuale in uso e sia stato pattuito, il termine entro cui il datore di lavoro può annullare l’incarico”.
È rilevante la differenza rispetto alla normativa previgente, in base alla quale era sufficiente comunicare l’orario di lavoro, istituto dal contenuto univoco e riferibile alla quantità di ore su base settimanale, senza nessun altro dettaglio necessario. Soltanto in riferimento al contratto di lavoro a tempo parziale è previsto un obbligo di contrattualizzare, oltre ovviamente all’orario ridotto rispetto a quello normale, la sua collocazione oraria: l’articolo 5, comma 2, D.Lgs. 81/2015, richiede, infatti, che nel contratto di lavoro a tempo parziale sia indicata la collocazione temporale dell’orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all’anno.
Tornando agli obblighi informativi così come novellati dal D.Lgs. 104/2022, prima di provare a tratteggiare cosa debba essere oggetto di comunicazione, è opportuno richiamare le scarne definizioni di supporto in riferimento contenuti nell’articolo 2:
- “programmazione del lavoro“: la programmazione che determina in quali giorni e ore inizia e termina la prestazione di lavoro
- “ore e giorni di riferimento”: le fasce orarie di giorni specificati durante le quali puo’ essere svolto il lavoro su richiesta del datore di lavoro;
- “organizzazione del lavoro“: la forma di organizzazione dell’orario di lavoro e la sua ripartizione conformemente a una determinata organizzazione stabilita dal datore di lavoro.
È sicuramente singolare che, oltre a non esservi alcuna indicazione relativa alla “programmazione dell’orario normale di lavoro”, contenuta nella lettera o), ma solo al concetto di “programmazione del lavoro”, ascrivibile alla lettera p), non sia stata spesa una parola in ordine a concetti come “in tutto o in gran parte prevedibile”, dove la relatività intrinseca del termine “prevedibile” viene elevata al quadrato dal margine indefinito contenuto nel passaggio “in gran parte”.
Ad ogni modo, analizzando tali disposizioni, nel momento dell’instaurazione del rapporto di lavoro il datore di lavoro, qualora sia dotato di un’organizzazione in materia di orario di lavoro “in gran parte prevedibile” dovrà indicare negli obblighi informativi la “programmazione dell’orario normale di lavoro e le eventuali condizioni relative al lavoro straordinario e alla sua retribuzione”.
Il termine programmazione dell’orario normale di lavoro, fra l’altro non utilizzato dal Legislatore comunitario e farina, quindi, del Legislatore interno, porta a ritenere che sia necessario indicare “in quali giorni e ore inizia e termina” l’orario di lavoro; l’assenza, come detto, di una definizione diretta non deve, comunque, tralasciare che, nella definizione presente e riferita alla programmazione del lavoro, si dia rilievo alla collocazione di esso a livello giornaliero: non sembra, quindi, percorribile la tesi per cui il termine programmazione si connota con 2 accezioni diverse a seconda dell’abbinamento e, quindi, che il richiamo alla programmazione dell’orario normale di lavoro si debba esclusivamente limitare ai giorni in cui è innestato (ad esempio, 40 ore, da lunedì al venerdì) e non anche alla collocazione giornaliera (ad esempio, 40 ore, da lunedì al venerdì, dalle 9:00 alle 13:00, dalle 14:00 alle 18:00).
Pertanto, si ritiene che il contenuto ora previsto dell’informativa comprenda, anche per i rapporti a tempo pieno, la collocazione della prestazione in caso di organizzazione dell’orario di lavoro in tutto o in gran parte prevedibile.
Nel caso di organizzazioni in gran parte o del tutto imprevedibili, viceversa, l’obbligo di informativa, non potendo cristallizzare alcuna collocazione, deve dettagliare
- la variabilità della programmazione del lavoro;
- le ore e i giorni di riferimento in cui il lavoratore è tenuto a svolgere le prestazioni lavorative;
- il periodo minimo di preavviso a cui il lavoratore ha diritto prima dell’inizio della prestazione lavorativa.
È necessario, tuttavia, procedere con un’ulteriore considerazione: si deve tenere distinto ciò che è obbligatorio comunicare da ciò che è necessario contrattualizzare. Per le organizzazioni “prevedibili”, pertanto, al di fuori della portata dell’articolo 9, la novità non impatta sul contratto di lavoro in sé e, quindi, in esso si potrà continuare a indicare solo l’orario normale settimanale complessivo; nell’informativa a esso allegata, viceversa, sarà necessario indicare il dettaglio dell’orario di lavoro. In caso contrario, e cioè se l’indicazione della collocazione facesse parte del contratto, una modifica di essa richiederebbe il consenso del lavoratore ai sensi dell’articolo 1321, cod. civ., e la collocazione della prestazione cesserebbe di essere l’estrinsecazione di un tipico potere datoriale connesso all’articolo 2094, cod. civ..
Si precisa, infine, che il dettaglio a livello informativo non preclude la possibilità per il datore di lavoro di richiedere saltuariamente diverse collocazioni (si pensi alla necessità di iniziare la prestazione di lavoro, durante una trasferta, prima dell’orario abituale): nel momento in cui la variabilità diventasse strutturale, il rapporto diventerebbe caratterizzato da un’organizzazione imprevedibile, con l’obbligo di aggiornare l’informativa e il consiglio di adeguare anche il contratto di lavoro (con il consenso del lavoratore).
Il Ministero del lavoro, con la circolare n. 19/2022, affronta solo “l’orario di lavoro programmato” (il riferimento alla lettera o) precisa meglio il riferimento all’orario prevedibile) e precisa che “le informazioni devono essere incentrate sulla concreta articolazione dell’orario di lavoro applicata al dipendente, sulle condizioni dei cambiamenti di turno, sulle modalità e sui limiti di espletamento del lavoro straordinario e sulla relativa retribuzione. Nel caso di variazioni dell’orario di lavoro successivamente intervenute, l’informativa si rende necessaria solo in presenza di modifiche che incidono sull’orario di lavoro in via strutturale o per un arco temporale significativo, fermo restando il rispetto della legge e del contratto collettivo soggettivamente applicabile al rapporto di lavoro”.
Nel definire l’ambito di applicazione chiarisce, inoltre, se così si può dire, che generalmente rientrano nella definizione del lavoro prevedibile “anche le ipotesi di lavoro a turni e di lavoro multi-periodale: in tali casi sarà sufficiente indicare che il lavoratore viene inserito in detta articolazione oraria e rendere note le modalità con cui allo stesso saranno fornite informazioni in materia” e l’orario di lavoro discontinuo, che “si riferisce ad attività che non richiedono un impegno continuativo di lavoro (ad esempio nel caso di portieri, custodi, guardiani, fattorini, ecc.)”.
Non meglio aveva fatto la circolare n. 4/2022 dell’INL, dove si abbozzava la possibilità di un rinvio alla Ccnl: “fermo restando che con la consegna del contratto individuale di lavoro o di copia della comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro (v. infra) il lavoratore deve essere già informato sui principali contenuti degli istituti di cui all’art. 1 (ad es. orario di lavoro giornaliero per n. giorni alla settimana; importo retribuzione mensile per numero delle mensilità ecc.), la relativa disciplina di dettaglio potrà essere comunicata attraverso il rinvio al contratto collettivo applicato o ad altri documenti aziendali qualora gli stessi vengano contestualmente consegnati al lavoratore ovvero messi a disposizione secondo le modalità di prassi aziendale”. Genera, infatti, forti perplessità l’esempio scelto: in sede di assunzione, come detto, il dettaglio dell’orario se la prestazione è prevedibile non deve essere oggetto di regolamentazione specifica.
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