I nuovi buoni pasto
di Cristian ValsiglioIl comma 2, articolo 51, Tuir, alla lettera c), prevede la non concorrenza al reddito di lavoro dipendente prodotto dal lavoratore subordinato: “le somministrazioni di vitto da parte del datore di lavoro, nonché quelle in mense organizzate direttamente dal datore di lavoro o gestite da terzi, o, fino all’importo complessivo giornaliero di euro 5,29, aumentato a euro 7 nel caso in cui le stesse siano rese in forma elettronica, le prestazioni e le indennità sostitutive corrisposte agli addetti ai cantieri edili, ad altre strutture lavorative a carattere temporaneo o ad unità produttive ubicate in zone dove manchino strutture o servizi di ristorazione”.
La disposizione sopra citata ha rilevanza prettamente tributaria; la disciplina giuridica dei buoni pasto è invece ora definitivamente disciplinata dal decreto 7 giugno 2017, n. 122, pubblicato in G.U. n. 186 del 10 agosto 2017, che entrerà in vigore il 9 settembre 2017 e che sostituisce quanto indicato dal D.P.R. n. 207/2010.
Il predetto decreto ha l’obiettivo di:
- individuare gli esercizi presso i quali può essere erogato il servizio sostitutivo di mensa reso a mezzo dei buoni pasto;
- le caratteristiche dei buoni pasto;
- il contenuto degli accordi stipulati tra le società di emissione di buoni pasto e i titolari degli esercizi convenzionabili al fine di garantire la libera ed effettiva concorrenza nel settore, l’equilibrato svolgimento dei rapporti tra i diversi operatori economici e un efficiente servizio ai consumatori.
L’articolo 2 del decreto in parola, alla lettera c) del comma 1, definisce buono pasto “il documento di legittimazione, anche in forma elettronica, avente le caratteristiche di cui all’articolo 4, che attribuisce, al titolare, ai sensi dell’articolo 2002 del codice civile, il diritto ad ottenere il servizio sostitutivo di mensa per un importo pari al valore facciale del buono e, all’esercizio convenzionato, il mezzo per provare l’avvenuta prestazione nei confronti delle società di emissione”.
Ai sensi dell’articolo 4 i buoni pasti devono:
- consentire al titolare di ricevere un servizio sostitutivo di mensa di importo pari al valore facciale del buono pasto;
- consentire all’esercizio convenzionato di provare documentalmente l’avvenuta prestazione nei confronti delle società di emissione;
- essere utilizzati esclusivamente dai prestatori di lavoro subordinato, a tempo pieno o parziale, anche qualora l’orario di lavoro non prevede una pausa per il pasto, nonchè dai soggetti che hanno instaurato con il cliente un rapporto di collaborazione anche non subordinato;
- non essere cedibili, né cumulabili oltre il limite di 8 buoni, né commercializzabili o convertibili in denaro e essere utilizzabili solo dal titolare;
- essere utilizzabili esclusivamente per l’intero valore facciale.
È bene rilevare che, ai fini della fiscalità dei redditi di lavoro dipendente, l’unica incombenza che gravita sulla posizione del datore di lavoro è quella di verificare la maturazione del buono pasto per singola giornata lavorativa nei limiti esposti del Tuir e non anche la futura spendibilità degli stessi, che potrà avvenire anche in giorni non lavorativi e cumulativamente per un massimo di 8 buoni.
Segnaliamo ai lettori che è possibile inviare i propri commenti tramite il form sottostante.
Centro Studi Lavoro e Previdenza – Euroconference ti consiglia:
5 Settembre 2017 a 12:48
SALVE,
E’ POSSIBILE LIQUIDARE IN BUSTA PAGA IL VALORE DEL BUONO PASTO ED EROGARLO AL DIPENDENTE QUINDI IN CONTANTI?
GRAZIE
6 Settembre 2017 a 11:11
buongiorno
al lavoratore part time si potrà dare per qualsiasi orario giornaliero effettuato o c’è un minimo di ore
che devono essere effettivamente lavorate per poter usufruire del buono?
grazie
buona giornata