14 Aprile 2022

Nulla la conciliazione difforme alla norma imperativa

di Evangelista Basile

Con sentenza n. 6664 del 1° marzo 2022, la Corte di Cassazione ha affrontato il tema della validità delle clausole contenute all’interno dei verbali di conciliazione. In particolare, nel caso di specie, un lavoratore aveva impugnato, in un precedente giudizio, il termine apposto al proprio contratto di lavoro a tempo determinato di durata pari a pochi giorni meno di 3 anni. Nel corso di tale primo giudizio, le parti avevano raggiunto un accordo in sede giudiziale, nel quale la società si era impegnata all’assunzione del lavoratore con ulteriore contratto a tempo determinato della durata di alcuni mesi, statuendo contestualmente che, al termine indicato, il rapporto si sarebbe risolto consensualmente con rinuncia del lavoratore ad avanzare pretese in ragione del detto ultimo contratto.

Il lavoratore, però, ha impugnato comunque il successivo termine sul rilievo della nullità della conciliazione giudiziale e, dunque, lo sforamento del tetto dei 36 mesi di cui all’articolo 19, D.Lgs. 81/2015.

La società si è costituita in giudizio, rilevando che il limite temporale previsto per i contratti a termine fosse derogabile dalle parti e che il periodo relativo al primo contratto – transatto – non fosse cumulabile a quello del successivo contratto.

La Corte ha rigettato il ricorso della datrice di lavoro, statuendo che l’atto dispositivo del lavoratore non ha determinato il venir meno di un diritto che era già nel suo patrimonio, ma ha impedito l’insorgenza di quel diritto; per questa ragione, non può parlarsi di rinuncia, che presuppone un diritto già maturato, ma di un atto di regolazione, con cui le parti hanno regolato il nuovo rapporto a termine in modo difforme dalla normativa, con conseguente nullità.

In conclusione, dunque, in sede conciliativa, oltre a non poter rinunciare a diritti futuri (quale comunque si sarebbe potuta configurare la rinuncia in esame), non è nemmeno mai possibile concordare regolazioni dei rapporti tra datore di lavoro e lavoratore contrari a norme imperative.

Interessante, nella questione in esame, è che un accordo contra legem sia avvenuto, fra tutte le sedi “protette” ex articolo 2113, cod. civ., proprio in sede giudiziale e sia stato, dunque, in qualche modo, avallato dal giudice che si è occupato dell’impugnazione del primo termine (sebbene per cause differenti dal superamento dei 36 mesi).

 

Segnaliamo ai lettori che è possibile inviare i propri commenti tramite il form sottostante.

 

Centro Studi Lavoro e Previdenza – Euroconference ti consiglia:

Contenzioso del lavoro