Le novità in materia di distacco transnazionale comunitario
di Michele DonatiLa Direttiva comunitaria 2014/67/UE ha introdotto importanti novità in ambito di distacco transnazionale all’interno della Comunità Europea; tale intervento si è reso necessario per via di sempre più frequenti usi distorti dell’istituto, derivanti dal fatto che, in ipotesi di internazionalità del rapporto di lavoro, vanno considerati simultaneamente paletti legislativi, quali il lex loci laboris, e parallelamente le deroghe ammesse in ipotesi di permanenza di legame organico con l’originario datore di lavoro.
Imprese di dubbia strutturazione, e soprattutto altrettanto dubbia localizzazione, hanno quindi potuto operare sul mercato, generando tra l’altro pericolosi effetti sotto il profilo del dumping sociale.
La Direttiva 2014/67/UE, è stata pensata proprio per evitare la sussistenza di tali usi distorti dell’istituto del distacco comunitario.
A riprova di ciò, depone la stessa tecnica legislativa della Direttiva, la quale non solo non abroga la precedente 96/71/CE, ma mira a rafforzarne l’efficacia e la solidità, andando a (tentare) di migliorare il focus circa la corretta applicazione della normativa previgente, attraverso l’affinamento delle operazioni di controllo e di verifica.
Proprio al fine di perseguire tale scopo, un incisivo rafforzamento viene fatto registrare in relazione alle attività ispettive di controllo e al coordinamento tra Enti paritetici appartenenti ai differenti Stati membri.
Nel nostro ordinamento nazionale, la Direttiva è stata recepita nel dettato del D.Lgs. 136/2016 (il quale abroga espressamente il D.Lgs. 72/2000, che costituiva la precedente fonte normativa in materia).
Vista la rilevanza e la portata della norma, la materia è stata inoltre oggetto di una voluminosa circolare dell’INL, la n. 1/2017.
Norma di legge e circolare riprendono e approfondiscono in maniera concreta le attività che il nostro Ministero del lavoro prevede al fine di epurare da utilizzi distorti il ricorso all’istituto del distacco in ambito comunitario, nel caso specifico riferito alle aziende dell’Unione che intendono inviare lavoratori dipendenti nel nostro territorio.
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