11 Dicembre 2018

Novità per gli Anf

di Elena Valcarenghi

Il 3 dicembre scorso il Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro ha diffuso il report informativo sui risultati del tavolo tecnico presso la Direzione centrale Inps dell’8 novembre 2018. Dalla lettura di tale informativa emerge, tra l’altro, l’anticipazione, da parte dell’Istituto di previdenza, di novità in tema di richiesta dell’assegno al nucleo familiare. Pare infatti che, a seguito dell’intervento del Garante privacy e delle notevoli criticità nell’erogazione di tale prestazione, l’Inps abbia deciso di modificarne la procedura. In buona sostanza, saranno i lavoratori a farne richiesta diretta all’Ente, che poi comunicherà al datore di lavoro l’importo da erogare e conguagliare. Tali nuove modalità si dovrebbero sviluppare dal prossimo mese di gennaio 2019, per poi divenire definitive dal 1° luglio 2019. In questo modo il datore di lavoro sarà esente da qualsiasi onere e responsabilità in merito al riconoscimento degli Anf e l’Inps effettuerà un diretto controllo della veridicità delle dichiarazioni dei lavoratori tramite l’incrocio dei dati con l’Agenzia delle entrate, i Comuni e le altre Amministrazioni pubbliche. Il Consiglio nazionale monitorerà gli sviluppi e darà informazione alla categoria in merito a tale nuova procedura.

Mi ha attratto tale tema, fra quelli dell’informativa, perché mi è già capitato di ricorrere fruttuosamente contro provvedimenti dell’Inps sull’indebita fruizione dell’Anf a causa di dichiarazioni false del lavoratore (segnalate all’autorità competente), che prevedevano però sanzioni per l’azienda. Nulla contro il recupero di prestazioni indebite, anzi; ma perché sanzionare l’azienda che, a fronte di richiesta sottoscritta dal lavoratore e contenente dichiarazione che le notizie fornite e i documenti allegati rispondono a verità e che si è consapevoli delle conseguenze previste per chi rende dichiarazioni false (articoli 48, 73, 75 e 76, D.P.R. 445/2000), è obbligata a erogare la prestazione nell’impossibilità di verificare taluni dei dati indicati e, per quanto consta, in assenza di obbligo di verifica delle condizioni dichiarate dal lavoratore?

L’azienda agisce per conto dell’Inps e, quindi, è tenuta a controllare che la documentazione prodotta sia quella prevista e ritengo anche opportuno valutare che la situazione dichiarata sia coerente con quella nota dell’interessato (si possono, a titolo esemplificativo, incrociare i dati della dichiarazione per le detrazioni d’imposta con quelli del modulo per l’Anf), così da “aiutare” il lavoratore che abbia involontariamente sbagliato, ma non posso certo verificare, ad esempio, se anche il coniuge che lavora altrove abbia inoltrato la medesima richiesta indebitamente. L’azienda, infatti, non è l’Inps e non può incrociare i dati con quelli della P.A.. Insomma, proprio non digerivo il concetto che, a fronte di pratiche corrette e in assenza di qualsivoglia contestazione sull’operato delle aziende, potessero risultare sanzioni a loro carico per false dichiarazioni di altri.

Dovrei quindi essere contenta, ma non è così. Se è vero che l’Inps ha notizia dai flussi UniEmens dell’avvenuta erogazione della prestazione, già oggi è in grado di fare le verifiche, ma è evidente che il sistema non funziona per loro stessa ammissione, o forse ha maggior peso l’intervento del Garante privacy. E allora come si procede? Richiesta a loro e pagamento dalle aziende, magari con attribuzione di ticket, visto che sono di moda. Hanno la domanda, la verificano, determinano gli importi, li comunicano all’azienda che paga il lavoratore e conguaglia in UniEmens che poi l’Inps controlla.

Perché non pagano loro?

Si accorcerebbero i tempi, diminuirebbero i passaggi e le probabilità di errore. Così facendo, considerato che le richieste tendono a concentrarsi in un periodo ristretto data la scadenza annuale, immagino una congestione degli uffici Inps a causa della necessità di valutare massivamente le singole richieste in tempi, mi auguro per i lavoratori, ragionevoli, così come prevedo le lamentele per i ritardi che i lavoratori rivolgeranno alle incolpevoli aziende. Forse il costo del pagamento incide. Auspico che il loro controllo sia preventivo ed effettivo, altrimenti saremo di nuovo chiamati al recupero degli indebiti in busta paga, che spesso sono a rate nonostante la restituzione immediata all’Inps di quanto indebitamente percepito dal lavoratore. Non potrò gestire direttamente l’organizzazione dell’operazione Anf, ma dovrò attendere anche i tempi dell’Inps; i lavoratori dovranno presumibilmente rivolgersi a qualcuno per la compilazione e l’inoltro della domanda, che presumo sarà telematica, ma scommetto che le prime questioni le porranno comunque alle aziende, poi si attenderà l’esito della domanda senza certezza dei tempi e, probabilmente, saranno da erogare arretrati con le complicazioni che ciò può comportare, viste le istruzioni Inps attuali in materia.

Cui prodest?

Tutto immaginato, lo so, la nuova procedura non è ancora conosciuta, ma sull’onda di altre novità mi chiedo ancora dove stia, supposto che esista, la semplificazione, che, a onor del vero, non è la motivazione dichiarata per le novità, ma che è auspicabile, a mio avviso, in ogni cambiamento, date le ridondanti prassi esistenti. Non ci avevo pensato … non sono di solito le norme non sempre cristalline che appesantiscono gli iter, ma le necessità attuative in un sistema elefantiaco. Se gli Anf spettano per legge e le Amministrazioni sono in grado di verificarne i presupposti di spettanza, a che serve una domanda? Non potrebbero essere erogati d’ufficio agli interessati? Fantascienza?

 

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