7 Marzo 2019

Note operative sul contribuente-datore di lavoro in regime forfetario

di Cristian Valsiglio

Guardando il quadro agevolativo proposto in materia di assunzione del lavoratore dipendente, ovvero altri benefici fruibili da lavoratori autonomi e professionisti, verrebbe da affermare che in Italia la migliore agevolazione è la semplificazione e che non può esserci alcuna agevolazione se non sorretta da una semplificazione nella fruizione.

A tale iniziale affermazione non si sottrae l’agevolazione del regime forfettario, che, inizialmente prevista dalla L. 190/2014, è stata profondamente modificata dalla Legge di Bilancio 2019.

Il beneficio consiste nell’applicazione di una flat tax del 15% sui redditi prodotti da esercenti attività d’impresa, arti e professioni in forma individuale che non abbiano conseguito nell’anno precedente un reddito (ricavi e compensi) superiore a 65.000 euro.

I contribuenti che si avvalgono di tale regime sono, inoltre, esonerati: dalla tenuta delle scritture contabili ai fini delle imposte sui redditi e dell’Iva; dagli obblighi di rivalsa e detrazione, di liquidazione, versamento e presentazione delle dichiarazioni e comunicazioni annuali ai fini dell’Iva. Inoltre, i predetti soggetti, qualora fossero datori di lavoro, non dovrebbero applicare l’imposta sui redditi erogati ai propri dipendenti proprio in virtù di quanto previsto dalla norma che li esclude dalle attività di sostituto d’imposta.

Tale semplificazione, tuttavia, si trascina una serie di effetti operativi di non semplice soluzione e il silenzio dell’Agenzia delle entrate non agevola.

In prima battuta è bene chiedersi cosa deve fare il datore di lavoro che, avendo liquidato le retribuzioni di gennaio e febbraio, ha applicato le ritenute fiscali che, invece, non dovevano essere operate. In questo caso il contribuente perde il regime forfettario?

In attesa dei chiarimenti dell’Agenzia delle entrate si dovrebbe propendere per una risposta negativa al quesito, purché il contribuente mantenga un’uniformità di comportamento nel periodo d’imposta.

Ma come recuperare l’imposta eventualmente applicata in un mese ai dipendenti?

Fatta salva la possibilità di recuperare l’imposta con le ordinarie modalità del rimborso d’imposta ai sensi dell’articolo 38, D.P.R. 633/1972, si potrebbe consentire al datore di lavoro di recuperare l’imposta indebitamente pagata tramite il codice tributo a credito ordinario. È chiaro che tale soluzione sarebbe percorribile solo in un mese in cui vi siano imposte e contributi a debito compensabili. Altra soluzione potrebbe essere l’utilizzo del codice tributo 6781 con il credito derivante da modello 770, ma anche in questo caso i tempi del recupero sarebbero posticipati a non prima del 2020.

Comunque l’onere del recupero spetterebbe al datore di lavoro, che potrebbe addossarsi il rischio delle tempistiche: il lavoratore, invece, dovrebbe ricevere il rimborso delle stesse il primo mese utile.

Altro problema riguarda il versamento delle addizionali locali relative all’anno 2018. Come risaputo, tali addizionali dovrebbero essere trattenute e versate a rate nel 2019, ma il datore di lavoro in regime forfettario, non essendo sostituto d’imposta, non dovrebbe operare le predette ritenute. Anche in questo caso, in attesa di indicazioni da parte degli Enti competenti, si dovrebbe ritenere opportuno un intervento sulle Certificazioni CU 2019 azzerando i campi delle predette addizionali (punti 22, 27 e 29). Inoltre, potrebbe essere necessaria la predisposizione di un’annotazione ZZ, in modo da evidenziare al dipendente che dovrà predisporre dichiarazione reddituale a pagare autonomamente le predette imposte.

Come si può vedere, l’applicazione delle agevolazioni in Italia consente ai professionisti di sviluppare il proprio carattere estroverso in modo da trovare soluzioni fantasiose, in attesa di essere illuminati.

 

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