4 Febbraio 2021

Il negozio in frode alla Legge nel rapporto di lavoro

di Luca Vannoni

I difetti di organicità e sistematicità degli ultimi provvedimenti normativi incrementano il rischio di porre in essere negozi in frode alla Legge, nel tentativo di disinnescare o aggirare limiti o disposizioni ritenute svantaggiose.

Il negozio in frode alla Legge trova la sua disciplina nell’articolo 1344, cod. civ., dove si prevede l’illiceità della causa quando il contratto rappresenti il mezzo per eludere l’applicazione di una norma imperativa. Appare a colpo d’occhio evidente che l’articolo 1344, cod. civ., è norma di carattere generale, che richiede all’interprete il compito di definirne contenuto e limiti, operazione di certo non immediata, anche perché, oltre alla verifica dell’elusione di norma imperativa, l’effetto tocca un’ulteriore nozione non immediatamente percepibile come la causa del contratto.

Gli stipulanti del negozio in frode alla Legge raggiungono, attraverso gli accordi contrattuali, il medesimo risultato vietato dalla Legge, con la conseguenza che, nonostante la liceità del mezzo impiegato, è illecito il risultato che attraverso l’abuso del mezzo e la distorsione della sua funzione ordinaria si vuole in concreto realizzare (Cassazione n. 1523/2010).

In un contesto come il diritto del lavoro, dove ciclicamente si assiste a una rimodulazione di materie fondamentali, il confine tra un legittimo tentativo di rispondere alle proprie necessità organizzative e di conformazione della forza lavoro, in virtù del principio di autonomia contrattuale, e negozi in frode alla Legge rischia di assottigliarsi.

Ogni fase della vita di un contratto di lavoro può essere oggetto della frode alla Legge: ovviamente, la frequenza è maggiore ove la libertà contrattuale trova compressioni normative. Oltre a quanto accennato per i contratti individuali di lavoro, infatti, sono sicuramente terreno fertile la materia del licenziamento e i suoi meccanismi procedurali.

È particolarmente esemplificativa, su tale osservazione, la Cassazione n. 20620/2018, relativa a un’operazione societaria: una scissione parziale mediante l’assegnazione di rami d’azienda a 2 società di nuova costruzione, con redistribuzione della complessiva forza lavoro fra i 3 soggetti giuridici, a cui poi erano seguiti, nell’arco dei successivi 120 giorni, licenziamenti individuali plurimi per gmo.

La Cassazione ha confermato la nullità dei licenziamenti, esito dei 2 gradi di merito, poiché la scissione è stata considerata in frode alla Legge, in quanto finalizzata a evitare le procedure sindacali di un licenziamento collettivo, stante il “collegamento negoziale fra l’operazione societaria ed i plurimi e successivi licenziamenti“.

Ad ogni modo, nel definire le conseguenze della frode alla Legge, l’articolo 1344, cod. civ., non prevede una sanzione diretta, ma per vie transitive: dalla frode alle Legge discende l’illiceità della causa del contratto, che, ai sensi dell’articolo 1418, comma 2, cod. civ., ne determina la nullità.

Sempre nell’ambito dell’illiceità della causa, non si ha, invece, contratto in frode alla Legge (articolo 1344, cod. civ.), bensì in violazione di disposizioni imperative (articolo 1343, cod. civ.), qualora le parti perseguano il risultato vietato dall’ordinamento, non già attraverso la combinazione di atti di per sé leciti, ma mediante la stipulazione di un contratto la cui causa concreta si ponga direttamente in contrasto con disposizioni di tale natura (Cassazione, SS.UU., n. 26724/2007; Cassazione n. 8462/2014).

Il negozio in frode alla Legge trova un riscontro giurisprudenziale, nel rapporto di lavoro, soprattutto in ordine a 2 prospettive principali: l’interposizione di manodopera e la simulazione.

In riferimento alla simulazione, la sopra richiamata Cassazione n. 20620/2018 giunge a considerare nullo il licenziamento – da cui discende la reintegra del lavoratore – in quanto la prodromica scissione parziale, di fatto, non aveva determinato alcun cambiamento nell’organizzazione del lavoro, poiché è emerso che le prestazioni di lavoro successivamente ad essa, nell’identità delle mansioni, venivano svolte nell’unico capannone e con le stesse attrezzature, ad evasione della medesima commessa, gestita indistintamente tra i 3 diversi soggetti formalmente autonomi, ma facenti capo agli stessi soci.

È evidente che interposizione e simulazione spesso hanno sovrapposizioni, in quanto, mediante negozi simulati, si pongono in essere forme di titolarità del rapporto non coincidenti con l’effettività.

 

Segnaliamo ai lettori che è possibile inviare i propri commenti tramite il form sottostante.

 

Centro Studi Lavoro e Previdenza – Euroconference ti consiglia:

Esternalizzazione mediante appalto: profili giuslavoristici