Modificabilità dell’istanza di annullamento del licenziamento per gmo
La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con sentenza 22 marzo 2016, n.5582, ha ritenuto che la riformulazione dell’art.18, co.7, dello Statuto dei Lavoratori ad opera dell’art.1, co.42, L. n.92/12, sia volta a disciplinare il caso in cui il lavoratore licenziato per motivo oggettivo deduca che in realtà il recesso è stato intimato per motivi discriminatori o disciplinari, stabilendo che in tal caso il giudice, ove accerti la fondatezza dei rilievi del lavoratore, non applicherà l’apparato sanzionatorio previsto per i casi di insussistenza del motivo oggettivo di recesso, bensì quello dettato per la sussistenza del motivo discriminatorio o per l’infondatezza del motivo disciplinare, dovendosi tuttavia osservare che solo la sussistenza di una domanda originariamente volta alla declaratoria dell’illegittimità del licenziamento, perché intimato in realtà per motivi discriminatori o disciplinari, può condurre all’emersione nel corso del giudizio di un motivo di recesso diverso da quello addotto dal datore di lavoro: ne consegue che è legittimo il rigetto dell’appello incidentale motivato sul rilievo che la domanda di accertamento della natura discriminatoria del recesso è formulata per la prima volta in sede di gravame.