19 Aprile 2021

Mobbing: intento vessatorio unificante

di Redazione

La Cassazione Civile, Sezione Lavoro, con ordinanza 4 marzo 2021, n. 6079, ha stabilito che l’elemento qualificante del mobbing, che deve essere provato da chi assume di avere subito la condotta vessatoria, va ricercato non nell’illegittimità dei singoli atti, bensì nell’intento persecutorio che li unifica, sicché la legittimità dei provvedimenti può rilevare indirettamente perché in difetto di elementi probatori di segno contrario, sintomatica dell’assenza dell’elemento soggettivo che deve sorreggere la condotta, unitariamente considerata; parimenti, la conflittualità delle relazioni personali all’interno dell’ufficio, che impone al datore di lavoro di intervenire per ripristinare la serenità necessaria per il corretto espletamento delle prestazioni lavorative, può essere apprezzata dal giudice per escludere che i provvedimenti siano stati adottati al solo fine di mortificare la personalità e la dignità del lavoratore.

Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva affermato che non fosse emersa alcuna strategia di attacco mirato nei confronti della lavoratrice caratterizzata da intento persecutorio ed esplicitata attraverso condotte vessatorie sistematiche e reiterate. Era, piuttosto, emerso un clima avvelenato, creatosi nell’ambiente di lavoro tra la ricorrente e gli altri addetti, a causa della convinzione della donna di essere stata illegittimamente privata della posizione di responsabilità ricoperta per tanti anni. La lavoratrice aveva dedotto che sarebbe stata data la prova della condotta vessatoria, dimostrata dalla privazione degli incarichi e dalla persecuzione disciplinare attraverso l’irrogazione di plurime sanzioni.

 

Centro Studi Lavoro e Previdenza – Euroconference ti consiglia:

Licenziamenti oggettivi e per ragioni economiche