11 Aprile 2019

Maternità durante il preavviso: licenziamento inefficace

di Luca Vannoni

La possibilità di licenziare una lavoratrice, dall’inizio del periodo di gravidanza fino al compimento di un anno di età del figlio, è compressa e limitata a 3 specifiche eccezioni al divieto generale previsto dall’articolo 54, D.Lgs. 151/2001: colpa grave costituente giusta causa; cessazione dell’attività dell’azienda; risoluzione per scadenza del termine ed esito negativo della prova.

Pertanto, il licenziamento durante tale periodo, al di fuori di queste eccezioni, anche se fosse sorretto da motivazioni legittime, come una giusta causa senza colpa grave o un gmo generico, è nullo e comporta la reintegrazione della lavoratrice anche nelle imprese in tutela obbligatoria.

Ma cosa succede se la gravidanza inizia durante il preavviso, successivamente alla comunicazione del licenziamento, ma prima della cessazione del rapporto?

L’ordinanza n. 9268, depositata il 3 aprile 2019 della Corte di Cassazione, ha affrontato proprio tale casistica. Nel giudizio di merito, la Corte d’Appello di Ancona aveva respinto (sentenza 20 aprile 2017, n. 50) la domanda della lavoratrice di veder accertata la nullità del licenziamento, ai sensi dell’articolo 54, D.Lgs. 151/2001, ritenendo che il licenziamento per gmo si fosse perfezionato il 2 aprile 2004, data di ricevimento della lettera di licenziamento, sebbene gli effetti dello stesso erano posticipati al termine del periodo di preavviso (15 maggio 2004) e nonostante la gravidanza risultasse iniziata il 15 aprile 2004, sulla base della documentazione medica fornita dalla lavoratrice e in applicazione della presunzione articolo 4, D.P.R. 1026/1976 (300 giorni prima della data del parto).

Secondo la Suprema Corte, dopo aver ricordato che il licenziamento, essendo un atto unilaterale recettizio, si perfeziona nel momento in cui la manifestazione di volontà del datore di lavoro giunge a conoscenza del lavoratore, ha stabilito che la legittimità del licenziamento della lavoratrice debba essere valutata nel momento in cui si è perfezionato – la ricezione della lettera di licenziamento – e non alla scadenza del preavviso intimato. A livello sistematico, la Corte richiama l’articolo 6,0 L. 604/1966, dove si stabilisce che il termine di 60 giorni per impugnare il licenziamento decorre dalla ricezione della sua comunicazione. Anche il dato letterale dell’articolo 54 si colloca su tale linea, in quanto si parla di licenziamento “intimato” nel periodo protetto.

Come passo successivo, in un articolato obiter dictum (non essendo oggetto di causa, in assenza, di specifica domanda del lavoratore), la Cassazione ha affermato che lo stato di gravidanza, insorto durante il preavviso (lavorato), determina la sospensione del decorso del preavviso ai sensi dell’articolo 2110 cod. civ.: purtroppo per il lavoratore, nel ricorso era stata dedotta soltanto la nullità del licenziamento e non l’inefficacia legata alla sospensione del preavviso, determinandone così, il rigetto.

In conclusione, tale pronuncia ricorda ancora una volta come sia rischioso “far lavorare” il preavviso: una sopraggiunta gravidanza ne potrebbe posticipare l’efficacia di 665 giorni!!

 

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