L’uomo sandwich e i limiti del proselitismo sindacale
di Evangelista Basile Scarica in PDFCon la sentenza n. 24595 dello scorso 13 settembre 2024, la Corte di Cassazione è intervenuta in tema di modalità legittime di esercizio dell’attività sindacale in azienda. In particolare, la sentenza in commento trae origine dalla domanda giudiziale proposta da un lavoratore al fine di vedersi annullata la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio e dalla retribuzione per otto giorni irrogata nei propri confronti. La condotta contestata al lavoratore era consistita, nello specifico, nell’aver indossato due volantini sindacali appesi al petto e alla schiena durante l’orario di lavoro, di aver dunque rivestito il ruolo di “uomo sandwich” del sindacato.
Il Tribunale di prime cure aveva ritenuto legittima la sanzione disciplinare inflitta al lavoratore e anche la Corte d’Appello territorialmente competente aveva stabilito che tale manifestazione non rientrasse nell’esercizio legittimo dell’attività sindacale, soprattutto in considerazione del fatto che il lavoratore non ricopriva alcun ruolo ufficiale nell’ambito del sindacato e che, in ogni caso, l’attività oggetto di contestazione disciplinare era avvenuta al di fuori degli spazi consentiti. Il lavoratore presentava, dunque, ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione eccependo, in primo luogo, la violazione dell’art. 14 della Legge 300 del 1970 a garanzia del diritto di libertà sindacale per tutti i lavoratori e, in secondo luogo, l’assenza di proporzionalità della sanzione rispetto agli addebiti.
La Corte di Cassazione, tuttavia, ha confermato il giudizio della Corte d’Appello, ribadendo che il diritto di attività sindacale nei luoghi di lavoro incontra il limite del rispetto dell’ordinario svolgimento delle attività aziendali. La Suprema Corte, inoltre, ha rilevato che la condotta del ricorrente aveva comportato un pregiudizio al corretto svolgimento dell’attività lavorativa oltre che alla normale produttività.
La Corte di Cassazione, pertanto, ha escluso la discriminatorietà della condotta del datore di lavoro, poiché non era emersa alcuna finalità persecutoria nei confronti del ricorrente. In tema di dimostrazione di un’eventuale condotta datoriale discriminatoria, poi, la Suprema Corte ha chiarito che in capo al lavoratore grava l’onere di provare che il trattamento ricevuto sia stato meno favorevole rispetto a quello di altri lavoratori in situazioni analoghe.
E dunque, in conclusione, l’attività di proselitismo sindacale con diffusione di comunicati sindacali nei luoghi di lavoro – nella specie a mezzo volantinaggio – è legittima se svolta entro gli “spazi comunicativi” messi a disposizione dal datore e, comunque, in modo tale da non recare pregiudizio al normale svolgimento della vita aziendale sotto il profilo funzionale e produttivo. Nel caso in esame, atteso che non si era verificata alcuna discriminazione, il ricorso è stato rigettato con conseguente condanna del lavoratore al pagamento delle spese processuali.