2 Marzo 2023

Limiti quantitativi del contratto a termine: il ruolo della contrattazione collettiva

di Luca Vannoni Scarica in PDF

La possibilità di intervenire mediante contrattazione collettiva sulla materia dei limiti di contingentamento è espressamente riconosciuta dall’art. 23 del D.Lgs. 81/2015, dove si prevede una disciplina legale “cedevole” rispetto alla contrattazione collettiva.

In presenza di regolamentazione contrattual collettiva non risultano applicabili le specifiche regole di computo previste nel prosieguo dell’art. 23 (il 20%, la fotografia al 1° gennaio etc.).

Anche la contrattazione di livello aziendale è titolata a intervenire sulla materia: l’art. 51 del D.Lgs. 81/2015 prevede infatti che “Salvo diversa previsione, ai fini del  presente  decreto,  per contratti collettivi si intendono i contratti  collettivi  nazionali, territoriali  o  aziendali  stipulati   da   associazioni   sindacali comparativamente  più rappresentative  sul  piano  nazionale  e   i contratti collettivi aziendali stipulati  dalle  loro  rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria”.

La norma di legge – si sottolinea inoltre – non impone alcun paletto alla contrattazione collettiva, e, pertanto, quest’ultima potrebbe introdurre anche meccanismi di calcolo per teste, senza riproporzionamento per i part time.

Sul punto si segnala anche la presenza dell’art.. 9 del D.Lgs. 81/2015, che prevede che “Ai fini della applicazione  di  qualsiasi  disciplina  di  fonte legale o contrattuale per la  quale  sia  rilevante  il  computo  dei dipendenti del datore di lavoro, i lavoratori a tempo  parziale  sono computati in  proporzione  all’orario  svolto,  rapportato  al  tempo pieno”.

Sorge quindi il dubbio che il meccanismo FTE (full time equivalente) previsto come regola generale di fatto renda la materia blindata ad ogni regolamentazione da parte della contrattazione collettiva – se non di prossimità ex art. 8 D.L. 138/20211 –  in quanto nell’art. 9 non c’è nessun rinvio a tale fonte per un’autonoma regolamentazione, anzi, si prevede che il FTE sia la regola generale “Ai fini della applicazione  di  qualsiasi  disciplina  di  fonte legale o contrattuale….”.

Sul punto è opportuno richiamare il prevalente orientamento giurisprudenziale in materia, relativo, è vero, alla precedente disciplina, non perfettamente coincidente a quella attualmente in essere, ma utile nell’interpretare il possibile ruolo della contrattazione collettiva.

La Corte di Appello di Roma, sentenza 9 dicembre 2020, ha chiarito sul punto  che “…ai fini della verifica dell’osservanza della clausola di contingentamento, deve tenersi conto del numero complessivo dei lavoratori, senza che i contratti a tempo determinato part – time siano suscettibili di essere considerati secondo il criterio cosiddetto “full time equivalent”, ossia unitariamente fino alla concorrenza dell’orario pieno…” ….”dovendosi escludere il computo dei contratti a tempo determinato “part-time” fino alla concorrenza dell’orario pieno, ossia secondo il criterio cd. “full time equivalent”, previsto dall’art. 6, comma 1, del D.Lgs. n. 61 del 2000 al fine di facilitare il calcolo dell’organico in sede di recepimento della direttiva 1997/81/CE e in vista della prevedibile estensione del lavoro a tempo parziale, ma non anche ai fini della disciplina dei limiti di utilizzo del contratto a tempo determinato, che ha una specifica “ratio“, riconducibile alla finalità antiabusiva della direttiva 1999/70/CE

 

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