Licenziamento per inidoneità fisica sopravvenuta: prova dell’impossibilità di adottare accomodamenti organizzativi ragionevoli
di RedazioneLa Cassazione Civile, Sezione Lavoro, con sentenza 9 marzo 2021, n. 6497, ha stabilito che nell’ipotesi di licenziamento per inidoneità fisica sopravvenuta del lavoratore, e in presenza dei presupposti di applicabilità dell’articolo 3, comma 3-bis, D.Lgs. 216/2003, il datore di lavoro ha l’onere di provare la sussistenza delle giustificazioni del recesso, ai sensi dell’articolo 5, L. 604/1966, dimostrando non solo il sopravvenuto stato di inidoneità del lavoratore e l’impossibilità di adibirlo a mansioni, eventualmente anche inferiori, compatibili con il suo stato di salute, ma anche l’impossibilità di adottare accomodamenti organizzativi ragionevoli, con la possibilità di assolvere tale ultimo onere mediante la deduzione del compimento di atti o operazioni strumentali all’avveramento dell’accomodamento ragionevole, che assumano il rango di fatti secondari presuntivi, idonei a indurre nel giudice il convincimento che il datore di lavoro abbia compiuto uno sforzo diligente ed esigibile per trovare una soluzione organizzativa appropriata in grado di scongiurare il licenziamento, avuto riguardo a ogni circostanza rilevante nel caso concreto.
Nella specie, la Suprema Corte ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto illegittimo il licenziamento per sopravvenuta inidoneità fisica di un lavoratore addetto a un servizio di autolinee, per essersi il datore di lavoro limitato ad affermare l’impossibilità del repêchage, adducendo l’assenza di posti disponibili nell’organigramma della biglietteria e del lavaggio autobus.
Centro Studi Lavoro e Previdenza – Euroconference ti consiglia: