6 Febbraio 2020

Legge di Bilancio e Collegato fiscale con idee molto chiare

di Riccardo Girotto

L’azione di contrasto all’esternalizzazione non è più celata. L’evolversi delle discipline stringenti in tema di appalto, negli ultimi anni ha portato a un irrigidimento delle procedure di controllo documentale, tanto da obbligare committenti e appaltatori a concentrare interi uffici in certificazioni e verifiche di ottemperanza.

La responsabilità solidale è sempre più afflittiva, non solo per la difficoltà di arginarne gli effetti da parte degli operatori, bensì per l’impossibilità di inquadrarne con certezza la fattispecie. In presenza di attività labour intensive, la presunzione legale porta alla continuità del rapporto di lavoro, in applicazione del rigido articolo 2112, cod. civ., snaturando il concetto proprio di appalto. Si badi bene, l’articolo 29, comma 3, D.Lgs. 276/2003, impone la continuità nei rapporti di lavoro tra diversi datori anche in presenza di procedura lecita, senza lambire l’indiscutibile caso del trasferimento d’azienda mascherato da appalto apparente.

Cavalcando questa tendenza, anche la normativa fiscale torna protagonista non tanto resuscitando la responsabilità solidale alle ritenute fiscali, già apprezzabilmente abrogata nel 2014 dopo 8 anni di dubbia utilità, bensì articolando macchinosi adempimenti amministrativi a carico di tutti i soggetti coinvolti; in prima battuta tramite la minaccia di un’inversione del soggetto gravato da calcolo e versamento, in via definitiva imponendo un capzioso frazionamento dei modelli F24 e imponendo, pena la duplicazione dell’apparato sanzionatorio, il meticoloso controllo degli stessi.

In entrata, F24 elaborati a spizzichi, e, in uscita, verifica di calcoli su dipendenti di terzi, le aziende non potranno che delegare i consulenti ai controlli del caso. Ancora adempimenti, ancora la P.A. pronta a sostenere l’unico appalto genuino e meritorio, quello dei servizi svolti dai consulenti per conto degli enti pubblici.

Obblighi consistenti e sanzioni pesanti, certificazioni alternative e comunicazioni all’Amministrazione finanziaria. Ciò che stride è che, di fronte a tutto questo impianto, manca completamente il recinto, quando applicare queste norme è talmente dubbio che potrebbe addirittura convenire organizzarsi per la perenne applicazione delle stesse in ogni situazione, tanto sono indefiniti i confini generali, e posto che l’unica certezza è l’interesse trasversale per tutti i soggetti, che, loro malgrado, si (s)fregiano della qualifica di sostituti d’imposta.

Ogni committente e ogni appaltatore potrebbero risultare coinvolti quando l’importo complessivo delle opere e dei servizi svolti nell’anno superi i 200.000 euro. Posta l’assenza di indicazioni utili all’individuazione del periodo di riferimento (anno civile, anno solare, anno fiscale), pare di capire come solo una volta acquisita la certezza del superamento del valore economico possa scattare, quindi solo per i versamenti successivi, la procedura di verifica. L’effetto retroattivo sembra scongiurato. L’estensione oltre i servizi in appalto, a tutta la filiera e ai servizi in affidamento, propone un coinvolgimento generalizzato che sconta il sempre dubbio limite oltre il quale dichiararsi esonerati, la definizione ex articolo 1655, cod. civ., su questo tema non ha mai agevolato l’operatore e la disciplina in commento non compie alcun passo verso la chiarezza. I contratti interessati dovrebbero identificarsi con quelli a manodopera prevalente.

Fatti salvi i casi di lavoro “puramente” manuale, ove il dubbio circa il coinvolgimento viene superato nel tempo di un lampo, in tutti gli altri casi andrà ricercato un criterio di prevalenza nemmeno suggerito dal testo di Legge, tanto che il margine di contestazione sarà sempre molto alto, in quanto gli organi giudicanti, alla pari degli operatori, non avranno metri di valutazione. Si attende su questo aspetto, come certamente su altri, la posizione della prassi, per quanto possa contare; chiaramente la poca visione tecnica in sede di redazione del dettato non può non lasciare un grande amaro in bocca.

Vi è, poi, una stortura raccapricciante, ove la previsione viene estesa al reddito assimilato al lavoro dipendente. Stante, infatti, la necessaria suddivisione dei controlli, quindi delle deleghe, per appalto si invita inevitabilmente alla verifica dell’orario di lavoro svolto dai parasubordinati, un’ingerenza eccessiva che stimola una chiara contraddizione in termini. Nulla di nuovo, da sempre la tendenza è l’assimilazione dei compensi ai criteri di determinazione temporale tipici della retribuzione, vedasi i rinvii normativi ai Ccnl, ma definirne addirittura una procedura di controllo per Legge pareva davvero impensabile.

Il secondo obiettivo pienamente centrato per il nuovo anno è relativo alla stretta sui benefit: da tempo ci si aspettava una revisione dei valori, che finalmente è arrivata. Sembrava impossibile, nel 2020, poter pranzare ancora con 5 euro e 29 centesimi, ora arriva la risposta, si dovrà farlo con soli 4 euro. Bene per la linea, meno per la gola. Certo, i buoni elettronici peseranno di più, regole ferree senza nemmeno un periodo transitorio utile ad ammortizzare gli acquisti di buoni già completati dalle imprese, un sistema totalmente tracciabile che svilisce un pochino il valore “moneta” alternativo spesso rappresentato dai buoni. Ma questo era proprio l’obiettivo del Legislatore, con buona pace di ristoratori e market: l’adeguamento tecnologico sarà una ricorrente con cui questi soggetti dovranno perennemente fare i conti nei prossimi anni.

Anche le auto hanno rappresentato per molto tempo un buon completamento del pacchetto retributivo: offrire un benefit apprezzabile in gran parte per la sua misura promiscua ha permesso alle aziende di esercitare una buona leva al momento dell’offerta di lavoro o nel premiare risorse già presenti. Del resto, l’auto e l’abitazione sono beni irrinunciabili di cui tutti hanno bisogno. La revisione dei criteri di determinazione della quota benefit aiuta il riscaldamento globale e il mercato dell’auto, ma rallenta il possibile ricorso a forme alternative di compensazione.

Obiettivi chiari e ben centrati.

 

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