18 Gennaio 2024

Legge di Bilancio 2024: l’incremento dell’indennità per i congedi parentali

di Luca Vannoni Scarica in PDF

La Legge di Bilancio 2024, L. n. 213 del 30 dicembre 2023, pubblicata sul S.O. n. 40 alla G.U. n. 303 del 30 dicembre 2023, contiene alcuni interventi che riguardano la c.d. conciliazione vita-lavoro, cioè quelle disposizioni che intendono favorire l’integrazione tra l’attività lavorativa e le esigenze familiari, legate in particolare alla cura dei figli. Relativamente al congedo parentale, si è proceduto a rafforzare la tutela economica, per i lavoratori dipendenti sia del settore privato che del settore pubblico, nel caso in cui si usufruisca del congedo nei primi 6 anni di vita del figlio (o entro i 6 anni dall’ingresso in famiglia del minore), a prescindere che ne fruisca il padre o la madre ma comunque in via tra loro alternativa.

Si ricorda che la Legge di Bilancio 2023, articolo 1, comma 359, Legge 29 dicembre 2022, n. 197, mediante modifica del comma 1 dell’articolo 34 del D.Lgs 26 marzo 2001, n. 151 aveva innalzato all’80% della retribuzione media giornaliera una sola mensilità dell’indennità di congedo parentale, da fruire sempre entro il sesto anno di vita del figlio o entro 6 anni dall’ingresso in famiglia del minore in caso di adozione o di affidamento e sempre in alternativa tra i genitori. Tale mensilità maggiorata è spettata soltanto ai lavoratori dipendenti che abbiano terminato il congedo di maternità o, in alternativa, di paternità successivamente al 31 dicembre 2022.

Il comma 179 della L. 213/2023 modifica nuovamente il comma 1 dell’articolo 34 sopra citato, aggiungendo un ulteriore mensilità maggiorata, oltre a quella indennizzata all’80%, al 60%; in via temporanea e solo per il 2024, anche questa seconda mensilità avrà l’indennità all’80% della retribuzione media giornaliera (RMG); le restanti mensilità saranno indennizzate ai genitori nell’ordinaria misura del 30%.

Come sopra anticipato, le mensilità “irrobustite” spettano in caso di congedo fruito nei primi 6 anni di vita del figlio (o entro i 6 anni dall’ingresso in famiglia del minore); devono poi rientrare nei 3 mesi esclusivi di ogni genitore (articolo 34, comma 1, D.Lgs. 151/2001) e spettano in via alternativa tra i genitori.

La nuova disposizione si applica, per espressa previsione normativa, soltanto ai lavoratori “che terminano il periodo di congedo di maternità o, in alternativa, di paternità, di cui rispettivamente al capo III e al capo IV del medesimo testo unico di cui al Decreto Legislativo n. 151 del 2001, successivamente al 31 dicembre 2023”.

È bene quindi ricostruire il quadro delle mensilità integrate all’80%, perché si potrebbero generare dinamiche asimmetriche tra padre e madre, dovute a un aspetto che caratterizza il congedo di paternità.

Sotto questa definizione, richiamata dal comma 179, rientrano infatti due distinti istituti, nelle logiche e nella disciplina.

L’articolo 27 bis del D.Lgs. 151/2001, oggetto di recente revisione mediante il D.Lgs. 105/2022, riconosce al padre, nei 2 mesi antecedenti e nei 5 successivi al parto, il diritto ad astenersi dal lavoro per un periodo di dieci giorni lavorativi, non frazionabili ad ore, da utilizzare anche in via non continuativa: tale diritto viene definito come congedo di paternità obbligatorio, anche se, a ben vedere, di fatto non lo è, o almeno lo è in modo asimmetrico, in quanto non può che attivarsi su istanza del lavoratore, da cui deriva l’obbligo di concessione da parte del datore di lavoro.

L’articolo 28, viceversa, regolamenta il c.d. congedo di paternità alternativa, dove “Il padre lavoratore ha diritto di astenersi dal lavoro per tutta la durata del congedo di maternità o per la parte residua che sarebbe spettata alla lavoratrice, in caso di morte o di grave infermità della madre ovvero di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre”.

Tornando all’indennità maggiorate, la fruizione del congedo di paternità obbligatorio (articolo 27 bis), potendo essere richiesto nei 2 mesi antecedenti alla data presunta del parto e fino a 5 mesi dalla nascita, discrezionalmente dal lavoratore, può consentire di agganciare la disciplina più favorevole.

Si pensi al seguente caso: il congedo di maternità è terminato nel 2023, pertanto la madre avrà soltanto una mensilità all’80%; se il padre, viceversa, non ha goduto interamente del congedo di paternità, basterà anche un solo giorno di congedo nel 2024 per poter beneficiare di una mensilità all’80% nel 2024, ovvero al 60% se fruisce del congedo a decorrere dal 2025.

Se i genitori hanno terminato i congedi di maternità o paternità nel corso del 2023, si avrà soltanto una mensilità all’80%.

Altro caso interessante potrebbe verificarsi in caso di nascita a inizio novembre 2024: se il padre volesse prendersi 2 mesi di congedo parentale a partire dalla nascita del figlio, potrebbe fruire interamente del proprio congedo di paternità alternativo prima della nascita, o comunque in stretta prossimità di tale evento, terminando il prima possibile il congedo di maternità e massimizzando il periodo all’80% (dal 1.1.2025, la seconda mensilità passerebbe al 60%).

Ad ogni modo, per la piena operatività della disposizione, è necessario ora attendere la circolare INPS, in particolare per quanto riguarda i codici da esporre in UNIEMENS; a livello interpretativo, è possibile presumere che saranno confermate le precedenti interpretazioni contenute nella circolare INPS n. 45 del 16 maggio 2023, stante il fatto che non vi è nessuna differenza sostanziale se non, appunto, in ordine all’ammontare delle mensilità maggiorate.

Welfare aziendale e politiche retributive