13 Dicembre 2018

Le novità per il contratto a termine sostitutivo

di Roberto Lucarini

Quando si parla di contratto a termine, la parola novità acquista il diverso significato di abuso; sembra, infatti, che il Legislatore provi un gusto particolare nel voler mutare, ad ogni cambio di stagione, le regole del tipo contrattuale.

Il famigerato Decreto Dignità non è stato da meno, anzi; per non rimanere indietro ha operato un salto nel passato, reintroducendo le tristemente note casuali. Nel farlo, il Legislatore ha peraltro utilizzato il massimo sforzo, al fine di rendere tali fattispecie giustificatrici del termine praticamente inapplicabili. Con un’eccezione: il contratto a termine sostitutivo. Sappiamo di cosa si tratta: si assume un lavoratore, a termine, al fine di sostituirne un altro assente giustificato. Detta così, quindi, la questione sul contratto per sostituzione parrebbe inesistente; ma c’è ben altro.

Nella foga riformatrice, si è pensato di andare a sostituire l’articolo 19, comma 4, D.Lgs. 81/2015, nel quale veniva (e viene) definita l’apposizione del termine al contratto; nel farlo, però, sono state tolte due paroline, dal testo previgente, di notevole rilevanza. In sostanza prima il termine al contratto poteva rilevarsi “direttamente od indirettamente” dall’atto; ora non più.

Che fare quindi nelle sostituzioni, laddove si scriveva, più meno, che il contratto aveva termine al momento del rientro del sostituito? Il dubbio c’è, inutile negarlo.

Il Ministero del lavoro, con la circolare n. 17/2018, ha provato a fare chiarezza, affermando che, nonostante tutto, nel caso, ad esempio, della maternità, il termine potrà ancora “desumersi indirettamente in funzione della specifica motivazione che ha dato luogo all’assunzione”. Leggendo il testo dell’intervento di prassi, dove peraltro si ritiene “esclusa la possibilità di desumere da elementi esterni al contratto la data di scadenza”, qualche dubbio persiste.

In buona sostanza, quindi, si è riusciti a procurare una certa confusione su un punto, il termine per relationem, che, oltre a rappresentare un’importante modalità pratica, non pareva nemmeno rivestire una specifica criticità originante possibili elusioni, data la sua stretta correlazione con l’assenza del soggetto sostituito.

Si tenga, inoltre, in dovuto conto di fare attenzione anche all’aspetto del limite quantitativo aggiunto sempre dal Decreto Dignità: mi riferisco a quello relativo al 30%, riguardante l’insieme dei contratti a termine e in somministrazione a termine, rispetto al numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l’utilizzatore al 1° gennaio dell’anno di stipulazione dei predetti contratti. Se per il già conosciuto limite quantitativo del 20%, previsto per i soli contratti a termine, i contratti con causale sostitutiva venivano esclusi dal calcolo, per il nuovo limite quantitativo non esiste tale esclusione. Occhio, quindi, nel caso in azienda siano presenti entrambi i tipi contrattuali.

Per finire, un flash sul contributo aggiuntivo dell’1,40% per il contratto a termine, regalatoci dalla Riforma Fornero-Monti. Il Decreto Dignità, come noto, ha previsto un suo aumento dello 0,50% a ogni rinnovo contrattuale. Si ricorda che, bontà sua, il Legislatore del 2012 ebbe l’accortezza di escludere, ab origine, il contratto a termine per sostituzione dall’incremento contributivo. Per tale motivo, quindi, l’attuale incremento in sede di rinnovo non riguarda il caso di sostituzione. Almeno una buona notizia!

 

Segnaliamo ai lettori che è possibile inviare i propri commenti tramite il form sottostante.

 

Centro Studi Lavoro e Previdenza – Euroconference ti consiglia:

Contratti di lavoro temporanei: contratto a termine e somministrazione