Le insidie del forfait
di Matteo Marenghi – Consulente in Pianificazione e Controllo di BDM Associati Scarica in PDFIl forfait si è imposto come una modalità di gestione economica sempre più diffusa nei rapporti tra professionisti e i loro clienti. Il termine si riferisce a un compenso fisso pattuito a priori per un insieme di prestazioni o servizi, indipendentemente dalla loro frequenza o complessità.
Questo approccio, apparentemente semplice e vantaggioso nasconde insidie potenzialmente rilevanti, capaci di compromettere la redditività e l’efficienza del tuo studio.
Il forfait, un’arma a doppio taglio
Il forfait offre vantaggi concreti sia ai clienti che ai professionisti. Per i clienti, il principale beneficio consiste nella certezza dei costi, che consente una pianificazione più efficace delle spese. Per lo studio professionale, invece, il forfait può semplificare la gestione amministrativa, velocizzando le negoziazioni e i processi di fatturazione.
Tuttavia, queste caratteristiche vantaggiose possono rapidamente trasformarsi in fattori di rischio. Una stima errata delle risorse necessarie o delle ore di lavoro richieste può rendere il forfait insostenibile economicamente.
Inoltre, la logica del forfait è generalmente più efficace in contesti in cui i servizi sono limitati e i prezzi elevati. Al contrario, negli studi di commercialisti odierni – caratterizzati da margini ristretti, costi crescenti e una pressione competitiva sempre maggiore – il forfait può portare a una compressione della redditività, richiedendo la gestione di un alto numero di prestazioni a prezzi contenuti.
Come valutare la redditività del forfait?
Un forfait è sostenibile solo se l’onorario concordato è sufficientemente ampio da coprire i costi legati al carico di lavoro richiesto dal cliente. Affinché lo studio possa “guadagnare” sul cliente è necessario che l’onorario concordato sia superiore al costo sopportato, che è direttamente proporzionale a quanto tempo viene impiegato: più sono le ore, maggiori saranno i costi.
In altri termini, la produttività oraria – ovvero il rapporto tra l’onorario pattuito e il numero di ore dedicate al cliente – deve essere sufficientemente superiore al costo orario medio dello studio.
Ad esempio, consideriamo un forfait di 1.800 € + IVA per la gestione di una contabilità semplificata con 200 fatture IVA e la redazione delle dichiarazioni fiscali. Se lo studio impiega 18 ore per svolgere queste attività, la produttività oraria sarà pari a 100 €/h; con 36 ore scende a 50 €/h, e con 60 ore raggiunge appena 30 €/h. Confrontando questi valori con un costo medio orario nazionale per gli studi professionali pari a 45 €/h, risulta evidente che un cliente gestito in 60 ore rappresenta una perdita per lo studio.
Questo scenario non è raro: la somma di piccole attività aggiuntive come telefonate o risposte ad e-mail, può facilmente accumulare decine di ore nel corso dell’anno.
Il problema di avere all’interno dello studio parte del parco clienti gestito in questo modo non si limita solamente alla perdita economica diretta, ma si estende al costo-opportunità: le ore dedicate a un cliente poco redditizio potrebbero essere investite in attività strategiche o in progetti più remunerativi per lo studio.
È fondamentale cogliere le insidie che si nascondono nella logica di valorizzazione del servizio a forfait, per evitare di mantenere posizioni di clienti in perdita all’interno dello studio.
Le insidie comuni nella gestione del forfait
- Mancata definizione delle attività rientranti nel contratto a forfait
Uno degli errori più frequenti è l’assenza di un accordo formale che specifichi in dettaglio quali attività rientrano nel forfait e quali, invece, costituiscono prestazioni extra. La mancata definizione espone lo studio al rischio di richieste aggiuntive che il cliente consideri valorizzate nel compenso pattuito inizialmente, determinando un aumento dei costi di gestione del cliente stesso e un mancato guadagno legato alla mancata parcellazione separata di questa attività straordinaria.
Un contratto chiaro e dettagliato non solo aiuta lo studio a gestire meglio le aspettative dei clienti, ma consente anche di individuare più facilmente le prestazioni straordinarie, facilitandone la fatturazione. Questo approccio tutela sia il rapporto di fiducia con il cliente, evitando spiacevoli sorprese sui costi, sia la sostenibilità economica dello studio.
- Preventivare correttamente il tempo richiesto
Un’altra insidia cruciale è rappresentata dalla preventivazione del carico di lavoro. Essendo il forfait definito prima della prestazione del servizio, è indispensabile stimare accuratamente, tramite opportuni sistemi di budgeting, le ore necessarie per completare le attività richieste. Solamente in questo modo è possibile definire un onorario che sia in linea con i costi previsti di gestione del cliente.
- Eccessive richieste da parte del cliente
Un’altra insidia della parcella a forfait si nasconde nelle continue richieste di assistenza ordinaria, di chiarimento e di aiuto avanzate dal cliente. Si tratta di attività che ci si sente in dovere di svolgere ma che naturalmente determinano un abbassamento della reddittività del forfait.
La verità è che entro una certa soglia queste attività sono accettabili ma oltrepassata la linea, definita dal budget di tempo inizialmente stimato, le condizioni economiche non sono più allineate con il Livello di servizio richiesto, e necessitano di un intervento per essere riequilibrate.
Conclusione
Il contratto a forfait rappresenta la modalità di gestione dei rapporti economici più diffusa per gli studi di commercialisti, ma la sua applicazione richiede una gestione attenta e consapevole. È essenziale valutare accuratamente i costi, il tempo e le risorse necessarie per garantire che il compenso pattuito non comprometta la sostenibilità economica dello studio.
Un approccio strategico alla definizione delle attività incluse, supportato da strumenti di monitoraggio e budgeting, può aiutare a prevenire le insidie più comuni e a mantenere la redditività su livelli adeguati.