15 Marzo 2016

L’apprendistato nell’era del Jobs Act: anno nuovo … convenienza nuova!

di Marco Frisoni

 

La Legge di Stabilità per l’anno 2016, L. n.208/15, ha riproposto, seppure a gradazione ridotta, una forma di esonero contributivo (guai a parlare di sgravio per non incorrere nelle censure dell’Unione Europea sulla questione, scivolosa, degli “aiuti di Stato”) che, con impatto inferiore a livello di appetibilità, riproduce il meccanismo analogo previsto dalla L. n.190/14 (Stabilità per il 2015), che, alla luce di dati forniti da Inps e Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, sembra avere prodotto esiti favorevoli sia sul piano del recupero dell’occupazione sia sul versante, altrettanto significativo, della stabilizzazione di posizioni lavorative (contratti a termine, collaborazioni, etc.) in precedenza non consolidate.

Vi è da osservare che l’esonero triennale disposto per le assunzioni e/o trasformazioni a tempo indeterminato effettuate all’interno del contenitore temporale 1° gennaio 2015 – 31 dicembre 2015 ha certamente realizzato i summenzionati influssi benefici, pur tuttavia, in maniera paradossale, ha comportato contestualmente (così emerge dai dati messi a disposizione sempre dalla Pubblica Amministrazione) una riduzione non indifferente (sia chiaro, adeguatamente compensata dall’attivazione di nuovi contratti di lavoro dipendente a tempo indeterminato) dell’avvio di contratti di apprendistato.

D’altro canto, le ragioni appaiono agevolmente intuibili; l’introduzione, per mezzo della L. n.190/14, dell’abbattimento del costo del lavoro per trentasei mesi che, per livelli retributivi medi, nei fatti significava la quasi integrale ablazione del prelievo contributivo a carico del soggetto datoriale, ha dato il la a una surreale competizione fra contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato dotato di esonero e assunzione con contratto di apprendistato, fattispecie, quest’ultima, caratterizzata da un proprio regime contributivo (ma non solo, anche retributivo e normativo di estremo favore), ma con un obbligo di fondamentale importanza per il datore di lavoro, rappresentato dall’erogazione della formazione “trasversale” e caratterizzante a beneficio dell’apprendista medesimo, con rischi ispettivi e di contenzioso con il lavoratore non irrilevanti in caso di inadempimento a siffatto precetto.

In buona sostanza, vero è che, sviluppando un ragionamento meramente speculativo sul costo del lavoro, il contratto di apprendistato, vuoi per la possibilità di inquadrare il candidato a livello inferiore rispetto a quanto sarebbe previsto per un prestatore di lavoro qualificato vuoi, per l’appunto, per il corollario contributivo agevolato proprio (che, in caso di conferma in servizio, si estende per ulteriori dodici mesi, ampliando, in concreto, la durata dei benefici, usualmente, sino a quattro anni e oltre nel caso di apprendistati finalizzati a qualifiche considerate dalla contrattazione collettiva come “artigiane”), risulterebbe la forma contrattuale con maggiori benefici complessivi e, dunque, per l’inserimento dei giovani nel mercato del lavoro, la strada maestra da imboccare (soprattutto per i datori di lavoro con dimensionamento pari o inferiore a nove lavoratori che, sino al 31 dicembre 2016, potranno godere dell’ulteriore sgravio sull’apprendistato sancito dalla L. n.183/11).

In realtà, nel corso del 2016, i datori di lavoro, pur non abbandonando del tutto una simile opzione, quando ci si trovava di fronte a candidati che, in virtù delle caratteristiche anagrafiche possedute, risultavano assumibili sia tramite contratto di apprendistato che tramite rapporto a tempo indeterminato con esonero triennale (magari entrambi accompagnati e corroborati dal valore premiale della Garanzia Giovani), hanno sovente optato per quest’ultima soluzione, “spaventati” dagli obblighi formativi, non sempre facilmente gestibili, soprattutto per gli aspetti dell’offerta formativa pubblica (disomogenea anche sulle modalità pratiche di accessibilità) e, pertanto, dai rischi ispettivi e di vertenza che si potrebbero nel tempo rappresentare.

D’altro canto, a fianco dell’esonero triennale, ha svolto un ruolo cruciale il D.Lgs. n.23/15, che, per mezzo delle c.d. tutele crescenti, riducendo drasticamente i rischi sui licenziamenti per motivazioni economiche, ha spostato l’ago della bilancia verso l’ordinario contratto di lavoro a danno dell’apprendistato (che poteva contare sull’appetibilità, per esempio, del recesso ad nutum al termine del periodo di formazione); e, invero, il datore di lavoro andrà in ogni caso a garantire usualmente adeguati standard di formazione nei riguardi del lavoratore assunto in via ordinaria, atteso che è interesse sviluppare la crescita professionale delle risorse umane in forza, senza tuttavia dovere sottostare a regole rigide, spesso incerte, e, a torto o ragione, ritenute un vero e sostanziale costo aggiuntivo di dubbia utilità.

Tali riflessioni andranno ponderate ex novo per il corrente anno 2016 e, salvo ulteriori “sorprese” normative, per gli anni a venire, in quanto la consistente decurtazione dell’esonero sulle assunzioni/trasformazioni a tempo indeterminato (misura in ogni caso destinata ad esaurirsi) porterà il contratto di apprendistato a riappropriarsi, per l’inserimento dei giovani, del proprio status di maggiore convenienza complessiva, rispolverando anche antichi cavalli di battaglia, conferme e novità quali:

  1. il non computo, con qualche eccezione, dell’apprendista quando viene a rilievo il numero di lavoratori assunti (tutele sul licenziamento, collocamento obbligatorio, etc.);
  2. l’opera del Legislatore che, dal Testo Unico del 2011, ha obiettivamente attenuato gli obblighi formativi;
  3. il recente assoggettamento, seppure non universale, degli apprendisti agli ammortizzatori sociali, grazie al D.Lgs. n.148/15.

In tutto questo, aggiungiamo lo sforzo del Legislatore di dare finalmente impulso al contratto di apprendistato di primo livello (qualifica/diploma) nell’alveo del sistema duale di reale alternanza e interscambio fra scuola e lavoro e munito di benefici, anche a livello di costo del lavoro, maggiori, e di consolidare e ampliare le positive esperienze sull’apprendistato di terzo livello (alta formazione, ma non solo), anch’esso strumento strategico per la crescita del nostro Paese.

Insomma, anno nuovo e, forse, finalmente “buono” per il contratto di apprendistato!