La settimana finanziaria
di Mediobanca S.p.A.IL PUNTO DELLA SETTIMANA: bisogna preoccuparsi del rallentamento dell’economia cinese?
- L’economia cinese lancia da tempo segnali di rallentamento, per questo negli ultimi mesi vi è stato un cambiamento di intonazione della politica monetaria del paese
- Questo allentamento monetario e fiscale dovrebbe riflettersi in una migliore attività economica con un ritardo di circa due trimestri.
In Cina il PIL di T3 è cresciuto dell’1.6% t/t(trimestre precedente del 1.8% t/t) e del 6,5% a/a(consenso: 6,6%, trimestre precedente 6,7%), segnando la seconda consecutiva decelerazione e il ritmo più debole dalla crisi finanziaria globale. In T3 l’accelerazione del settore agricolo e la tenuta di quello dei servizi non è stata, infatti, sufficiente a controbilanciare il rallentamento del settore industriale. L’economia cinese lancia da tempo segnali di rallentamento in tutti i principali indicatori di domanda interna mentre il mercato azionario cinese continua a calare: l’indice di sorpresa economica è in territorio negativo da aprile, la produzione industriale degli ultimi mesi ha continuato a crescere stabilmente ma ad un ritmo più modesto rispetto al passato (in settembre ha rallentato a 5,8% a/a da 6,1% in agosto, nonostante la stabilità delle produzioni delle imprese statali), mentre è stato toccato un nuovo minimo per la crescita degli investimenti fissi lordi con la ripresa di quelli privati a compensare parzialmente la caduta di quelli pubblici. Poiché negli ultimi anni l’economia cinese è diventata sempre più correlata con la performance economica globale, un rallentamento della crescita dell’economia cinese porta con sé un effetto a catena su molte altre economie, rappresentando un rischio al ribasso al nostro scenario di base. Alla base del rallentamento dell’economia cinese vi è la combinazione della precedente stretta finanziaria e degli effetti delle tensioni protezionistiche con gli Stati Uniti. Infatti quest’ultime si sono andate a collocare in una fase in cui i provvedimenti restrittivi delle autorità di politica monetaria cinese miravano a sgonfiare l’esposizione debitoria degli operatori interni. Ora la buona notizia è che si è assistito un cambiamento di intonazione della politica monetaria del paese e i responsabili delle politiche, con un dietrofront piuttosto repentino, hanno iniziato ad allentare le condizioni finanziarie: si è assistito a quattro riduzioni del coefficiente di riserva obbligatoria e un’iniezione diretta di liquidità nel sistema bancario. E’ stato, inoltre, approvato un piano di riduzione delle imposte sui redditi delle persone fisiche con una riforma di deduzioni e aliquote e sono stati proposti tagli e incentivi per quelle colpite dai dazi e quelle tecnologiche. Riteniamo che questo allentamento monetario e fiscale dovrebbe riflettersi in una migliore attività economica con un ritardo di circa due trimestri. Inoltre, dato l’aumento marcato dell’incertezza politica, con l’intensificarsi delle tensioni commerciali tra Cina e Stati Uniti, e le crescenti preoccupazioni per la crescita, ci aspettiamo che la PBoC continui i suoi sforzi di allentamento per mantenere ampia la liquidità e allentare il controllo del credito con ulteriori tagli al coefficiente di riserva obbligatoria. Le aspettative di allentamento sono state rafforzate anche dai recenti commenti del Governatore Yi Gang, che ha affermato che c’è ancora molto spazio per altri adeguamenti del coefficiente di riserva obbligatoria, qualora fosse necessario al fine di contrastare gli effetti di una guerra commerciale. Un potenziale limite inferiore alla possibilità di altri tagli dei tassi d’interesse, viene però dal processo di rialzo del costo del denaro da parte della FED. | Il nostro indicatore proprietario continua a segnalare un rallentamento del ciclo economico cinese
Indice di sorpresa economica resta in territorio negativo
L’incertezza politica aumenta tornando ai massimi degli ultimi anni |
SETTIMANA TRASCORSA
EUROPA: continua il rallentamento delle survey tedesche
In Germania, a ottobre l’indice sulle aspettative ZEW è sceso a -12.7 da un precedente -10.6, leggermente sotto il consenso. L’indice sulla situazione corrente è calato a 70 da un precedente 76.0. Il calo dell’indagine ZEW e in particolare dell’indicatore sulla situazione corrente indica che l’economia tedesca potrebbe perdere slancio in autunno. Secondo l’istituto ZEW, la discesa delle attese è, principalmente, dovuta alle crescenti preoccupazioni sulle controversie commerciali tra Stati Uniti e Cina. Gli indici di fiducia IFO e ZEW (condizioni correnti) rimangono in ogni caso su livelli molto elevati. Guardando all’Area Euro nel suo complesso, l’indice dei prezzi al consumo di settembre, secondo la lettura definitiva, è salito del 2.1% anno su anno in linea con il consenso e con il dato preliminare. Dati ottimistici si sono avuti sul mercato del lavoro britannico: il numero delle richieste di sussidi è diminuito di 47k nei tre mesi fino ad agosto, lasciando il tasso di disoccupazione al minimo del 4,0%, in linea con le attese. Anche la crescita dei salari è aumentata a 2,7% (consenso: 2,6% e valore precedente 2,6%). Escludendo i bonus, i guadagni sono al 3,1% contro il 2,9% e il 2,9% precedente, il più alto da gennaio 2009. I dati supportano la previsione della BoE di un restringimento graduale del mercato del lavoro e di una scarsa capacità inutilizzata nell’economia. USA: confermata la solidità del settore manifatturiero
L’indice Empire della Fed di New York a ottobre è aumentato a 21.1 da 19 del mese di settembre. Gli ordini e le consegne hanno recuperato dopo una moderata correzione a settembre, mentre gli occupati sono scesi a 9 da 13.3 di settembre. Gli indici di prezzo, sia ricevuti sia pagati, sono risultati in moderato calo per il quarto mese consecutivo, dando segnali di contenimento delle pressioni inflazionistiche. Gli indici di attività a sei mesi sono variati poco restando su livelli espansivi. L’indice dei prezzi ricevuti ha corretto a 23.5, attestandosi al di sotto della media degli ultimi sei mesi (27.7). Complessivamente, l’indagine dà indicazioni di continua espansione nel settore, senza ulteriore accelerazione dell’attività, e di moderazione della dinamica dei prezzi. L’indice manifatturiero della Fed di Philadelphia a ottobre è stato registrato in lieve calo a 22.2 punti (consenso: 20.0, mese precedente 22.9). L’indicatore rimane, comunque, su livelli elevati, coerenti con il proseguimento della crescita I prezzi si sono ridotti a 38.2 punti rispetto al 39.6 di settembre. Le aziende che hanno risposto alla survey hanno segnalato il continuo aumento dell’occupazione e le aspettative per i prossimi sei mesi sono rimaste ottimistiche. La produzione industriale a settembre aumenta di 0.3% m/m, dopo +0.4% m/m di agosto. Il manifatturiero registra una variazione di 0.2% m/m, con un incremento solido nel settore auto (+1.7% m/m, dopo +4.3% m/m), in quello dei macchinari (+0.9% m/m) e in quello dell’elettronica (+0,5% m/m). Le utility sono invariate e l’estrattivo registra un incremento di 0.5% m/m. L’output è positivo sia per i beni di consumo che per quelli capitali (negativo però per il comparto costruzioni). Le richieste iniziali di sussidio di disoccupazione per la settimana più recente si sono attestate a 210K (consenso 213K, valore precedente 215K). La media di quattro settimane è aumentata di 2K a 211.75K.
ASIA: In Cina i dati mensili segnalano un quadro misto
In Cina l’indice dei prezzi alla produzione è salito del 3,6% a/a in settembre (consenso: 3,5%, mese precedente 4,1%), segnando, così, il terzo rallentamento consecutivo. Invece, l’indice dei prezzi al consumo è aumentato del 2,5% a/a, (consenso 2.5%, mese precedente il 2,3%), trainato principalmente dai prezzi degli alimenti freschi. L’inflazione core è scesa all’1,7% a/a dal precedente 2,0%. Il calo dell’inflazione viene visto come un riflesso del rallentamento della domanda interna, in atto in Cina. Il rallentamento è stato confermato anche dalla lettura delle vendite al dettaglio che sono decelerate in termini reali a 6,4% a/a in settembre (da 6,6% a/a in agosto), frenate dal calo delle vendite di automobili, ma lievemente accelerate in termini nominali (da 9,0% a 9,2%) grazie all’aumento dell’inflazione. Le vendite on-line sono invece rallentate, seppur registrando tassi di crescita molto elevati (+27% a/a in settembre da 28,2% cum. a/a in agosto). In Giappone le esportazioni sono divenute negative: la bilancia commerciale è stata pari a JPY139.6B a settembre (consenso prevedeva un deficit pari a JPY45.1B, mentre il mese precedente aveva visto un avanzo di 4804 JPY). I tassi di crescita sono stati inferiori alle previsioni: le esportazioni sono diminuite dell’1,2% a/a, riportando il primo calo da novembre 2016, mentre le importazioni sono aumentate del 7,0%. La debolezza è imputabile in parte ai recenti disastri naturali ma soprattutto ai crescenti timori preoccupazioni sulle tariffe USA-Cina che incidono sulla domanda globale. La principale implicazione a breve termine è che questi dati rafforzano le aspettative di un rallentamento del PIL in T3 abbia. Il CPI nazionale giapponese a settembre è aumentato di 1,2% a/a, spinto da una ripresa dei prezzi energetici. L’indice core (al netto di alimentari freschi, obiettivo della BoJ) prosegue su trend marginalmente positivo, a 1% a/a, dal minimo di 0.7% a/a di aprile. L’inflazione “core-core (al netto di alimentari freschi ed energia) invece rimane stabile a 0,4% a/a. Sul lato prezzi il primo ministro Abe ha confermato che a ottobre 2019 verrà attuato il rialzo dell’imposta sui consumi da 8% a 10%. La misura dovrebbe generare un aumento di entrate di circa 5,6 tln di yen. Sono attualmente allo studio diverse misure, per un totale vicino a 5,8 tln di yen, mirate a contrastare l’effetto restrittivo sul bilancio delle famiglie e sulla crescita. Le misure allo studio includono 1) l’esenzione del rialzo dell’aliquota per alcune voci (alimentari e giornali, con un peso di circa il 20% del CPI); 2) l’offerta di servizi educativi per l’infanzia (asili e nidi) gratuiti; 3) sussidi a individui in pensione con redditi bassi; 4) sussidi per acquisti di auto; 5) possibile aumento di investimenti pubblici nel prossimo anno fiscale.
LA PROSSIMA SETTIMANA: quali dati?
- Europa: l’attenzione sarà rivolata alla riunione di politica monetaria della BCE, che potrebbe rendere noti i dettagli del programma di reinvestimento dei titoli acquistati all’interno del QE. Inoltre saranno pubblicati gli indici PMI sui diversi paesi dell’Area Euro e la lending survey della BCE sulle condizioni del mercato del credito che potrebbe dare qualche indicazione se l’aumento dell’incertezza in Italia abbia già portato ad un restringimento dei lending stardard.
- Stati Uniti: l’attenzione sarà rivolata alla stima preliminare del PIL di T3, che dovrebbe attestarsi sopra il 3%, dopo l’accelerazione a +4.2% t/t annualizzato in T2.
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