La contribuzione Inps autonomi: i familiari collaboratori
di Roberto Lucarini Scarica in PDFTorniamo, concludendo in linea con precedenti interventi, sul tema della contribuzione obbligatoria Inps per i soggetti autonomi artigiani (ART) e commercianti (COM), valutando la particolare situazione dei familiari collaboratori, assai frequente nella pratica delle piccole imprese.
Una figura, quella del familiare, che viene in qualche modo a sdoppiarsi tra collaboratore e coadiutore, pur configurandosi, tali figure, quasi del tutto similari sul piano previdenziale.
In ambito civilistico, ex articolo 230-bis, il collaboratore familiare è colui “che presta in modo continuativo la sua attività di lavoro nella famiglia o nell’impresa familiare”; viene poi indicato come in tale figura possano essere inclusi “il coniuge, i parenti entro il terzo grado, gli affini entro il secondo; per impresa familiare quella cui collaborano il coniuge, i parenti entro il terzo grado, gli affini entro il secondo”.
Altra ipotesi, sia pur sovrapponibile sul piano definitorio, è invece quella del coadiutore familiare, il quale in effetti svolge una concreta attività nell’impresa in modo continuativo, ma senza che sia stata posta in essere un’impresa familiare ex art. 230 bis cc. Si può trattare, in sostanza, di un coadiutore del titolare di un’impresa individuale, come di un socio di società di persone, Snc o Sas, o di Srl.
Alcune importati notazioni per i soggetti in esame:
- sul piano previdenziale, i familiari non risultano soggetti ad un proprio rapporto assicurativo, in quanto semplici collaboratori/coadiutori dell’unico titolare che risulta essere l’imprenditore individuale od il socio;
- l’obbligo di iscrizione, per il familiare, scatta solo quando il medesimo opera, all’interno dell’azienda, in via non occasionale, quindi con abitualità, che a ben vedere è il requisito principale, talora ignorato dall’Inps, anche per il titolare;
- l’obbligazione contributiva, dunque, resta a carico del titolare del rapporto assicurativo, anche per la parte del familiare collaboratore/coadiutore, potendo semmai il titolare rivalersi sul proprio familiare riguardo l’onere sostenuto.
Il Ministero del Lavoro ebbe modo di ricordare come “nella maggior parte dei casi, la collaborazione prestata all’interno di un contesto familiare viene resa in virtù di una obbligazione di natura ‘morale’, basata sulla c.d. affectio vel benevolentiae causa, ovvero sul legame solidaristico ed affettivo proprio del contesto familiare…” (Lett. Circ. n. 37/2013).
Tuttavia, al fine di fornire ai propri funzionari un parametro per valutare una possibile prestazione non occasionale del familiare, l’INL suggerì di adoperare i “criteri adottati dal legislatore per il settore dell’artigianato (90 giorni nell’anno) e si basa sull’orientamento della giurisprudenza di legittimità formatosi per il settore del commercio in ordine ai requisiti di abitualità e prevalenza della prestazione…” (Lett. Circ. n. 50/2018).
Ricordo che, nel caso di sussistenza di un’impresa familiare, ex articolo 230-bis cid. civ., il familiare potrà essere remunerato “in proporzione alla quantità e alla qualità del lavoro prestato”, col limite fiscale del 49% dell’utile dell’impresa stessa; nel caso invece del coadiutore, non essendo presente alcuna impresa familiare, non è normativamente previsto un eventuale compenso, nemmeno sul piano fiscale. Da ciò in pratica deriva che nella situazione di impresa familiare, potendo sussistere un reddito attribuito al soggetto dal titolare, quest’ultimo dovrà confrontarsi, ai fini della base imponibile contributiva, col minimale annuo riguardante la contribuzione minima; nell’altra ipotesi, invece, il familiare andrà soggetto esclusivamente alla contribuzione minima, non avendo, di fatto, una propria base imponibile. Simile a quest’ultima ipotesi è quella dello svolgimento del lavoro, da parte del familiare di un socio, nell’ente societario.
Situazione operativa molto particolare è quella di un familiare collaboratore/coadiutore di un soggetto non iscritto alla gestione autonomi. Mi spiego con un esempio: il titolare di un’impresa individuale, che svolge attività commerciale, non è iscritto alla relativa gestione commercianti in quanto anche titolare, presso altra azienda, di un rapporto di lavoro a tempo pieno ed indeterminato. Nell’impresa individuale tale soggetto ha necessità di coinvolgere, dato lo scarso tempo a disposizione, un familiare coadiutore che opererà, quindi, in via abituale e continuata. Il titolare ha già copertura assicurativa propria, quale dipendente, ma il familiare ha i requisiti per essere iscritto alla gestione COM: che fare dunque?
La soluzione operativa ci giunge per via giurisprudenziale. Per una similare situazione “si è affermata l’operatività dell’assicurazione obbligatoria del coadiutore familiare utilizzando il concetto di iscrizione <virtuale> del titolare dell’impresa (il socio, ndr)”. Detta iscrizione “virtuale”, così definita dai Supremi Giudici (tra altre, Cass. Sent. n. 31286/19), consiste di fatto in un’iscrizione del socio non partecipante al lavoro come soggetto “non attivo”; in questo modo, dunque, si va a costituire una propria posizione assicurativa, per un soggetto titolato, in quanto avente il requisito di essere titolare o gestore in proprio di imprese. Creando tale posizione, quindi, vi si potrà operare l’iscrizione di un familiare avente i requisiti di legge.
Una bella idea, certo, che tuttavia andrà ben chiarita con la sede Inps competente, onde evitare possibili guai.